giovedì 31 marzo 2011

L'erba del vicino e i vicini di Erba

Io non sono una che legge tra le righe. Di solito mi accontento di leggere sulle righe e già faccio fatica. Però l'altra sera, mentre con mio marito Tarquinius, la micia Diana, Aristogìtone il licaone e Filòstrato il pipistrello cieco (la nostra band di liscio al completo) stavamo guardando su RAI3 "Chi l'ha visto?", ho cominciato anch'io a fare come suol dirsi della dietrologia.
Si vede che l'altra sera non avevano tanti scomparsi da esibire perché la puntata era incentrata su casi vecchi e bacucchi, su uno dei quali, a mio modesto parere, c'era anche poco da dire: la cosiddetta strage di Erba, accaduta se non ricordo male nell'inverno di cinque anni fa.
A me piace "Chi l'ha visto?". Non lo considero un programma eccellente perché ogni tanto, come dire, scivola, ma lo seguo volentieri, anche se noto che spesso - non sempre, ma spesso - la Sciarelli o il regista, non so, fanno intravedere dietro taluni servizi una sottile propaganda politica. Non dico che la ricerchino scientemente o che sia il loro principale obiettivo, ma quando gli capita non si negano, diciamo: i servizi sulla scomparsa di Sonia Marra o sull'assassinio di Elisa Claps avevano, come fine sicuramente secondario, l'intendimento di mettere in cattiva luce la Chiesa (cosa buona e giusta, peraltro). Le puntate dedicate all'omicidio del povero Federico Aldrovandi facevano apparire in una luce sinistra le forze dell'ordine (giustamente, in quel caso). Non che ci sia alcunché di male, di solito io concordo con la linea politica del programma e la cosa non mi disturba più di tanto. Lo scorso mercoledì, tuttavia, non ho capito a che pro hanno mandato un lungo servizio sulla strage di Erba, avvenuta, se non vado errata, cinque anni fa, in cui gli assassini sono stati smascherati, beccati, inchiodati e sono pure rei confessi. Ci manca veramente solo il filmato di loro che squartano, fracassano e intanto salutano la telecamera.
Boh.
All'epoca non seguii molto il caso, non era uno di quelli che mi affascinassero molto, ma l'altra sera ho ascoltato tutta la storia per la prima volta. Suppongo tutti conoscerete la vicenda: Olindo Romano e Rosa Bazzi, una coppia di antisociali morbosamente attaccati l'uno all'altra, massacrarono la famiglia dei vicini di casa (una giovane madre col suo bimbo ed un'altra vicina accorsa alle urla, tal Valeria Cherubini) e, se fosse stato per loro, avrebbero accoppato anche il di lei marito Frigerio, che però scampò alla mattanza. Motivi: la famiglia della giovane donna uccisa faceva spesso rumori che gli assassini giudicavano intollerabili (all'epoca si diffuse un truce distico che recitava così:

I vicini fan schiamazzi?
Chiama Olindo e Rosa Bazzi!)



Ad inchiodare definitivamente la bieca coppia fu la testimonianza del Frigerio, il quale accusò il vicino di essere stato lui a fare secchi tutti quanti. La parola del superstite alla strage fu la prova regina, ma erano state ravvisate numerose altre evidenze che indicavano i Romano come fortemente implicati nella faccenda. E allora?
Allora boh.
Diana, mentre pescava da una ciotola di croccantini (il dimagrimento seguito all'operazione non è durato molto), ha fatto notare che non aveva capito che tesi volessero portare avanti gli autori del programma. Raccontare una storia d'antan? Ogni tanto lo fanno, quando non sparisce nessuno e la Sciarelli non sa di che parlare.
Aristogìtone, che è saggio, ha ipotizzato che ce l'avessero con il patologo, tale dottor Pascali, che nel caso di Elisa Claps ha commesso degli errori clamorosi non analizzando il DNA sugli indumenti della ragazza morta (non si sa se per cialtroneria o per malafede), che ha confuso i reperti relativi a due casi che non c'entravano nulla l'uno con l'altro (un capello di Alberica Filo Della Torre è stato trovato fra le prove relative all'assassinio del piccolo Samuele Lorenzi!) e che era stato interpellato anche per il caso di Erba (sul quale non ricordo quale macello epocale abbia combinato).
Il pipistrello Filòstrato è cieco, ma è convinto di vederci benissimo e si ostina a guardare la televisione (ignoro quale sia lo scopo della manfrina). Non so che piacere ne tragga, anche perché per vedere i programmi si appende su una trave della stanza a testa in giù; Tarquinius dice però che la situazione italiana è talmente incasinata che la sua visione delle cose vale quanto la nostra.
In tutti i modi, ha fatto un'ipotesi allucinante: gli autori di "Chi l'ha visto?" non volevano mettere in dubbio la sentenza circa i coniugi assassini, ma far notare un particolare strano. Anzi, nemmeno tanto particolare, dice il pipistrello. Un particolare macroscopico, la testimonianza del superstite Frigerio. Prima accusi uno sconosciuto, poi ritratti e punti il dito contro il vicino di casa. Il Frigerio, appena risvegliatosi all'ospedale con fasce, cerotti, bende e cannule infilate in tutti gli orifizi, dapprima non accusò Olindo e Rosa: disse - o meglio rantolò - che l'assassino era un giovane alto, olivastro e dai capelli neri e ricciuti. Solo una ventina di giorni dopo si sovvenne che l'omicida era il suo vicino di casa Olindo Romano.
A che pro?
Vuoi vedere, ha detto Filòstrato, che il Frigerio è implicato nel delitto? E come, ho chiesto io. S'è accordato con Olindo e Rosa? Non credo, ha risposto il pipistrello. Olindo e Rosa sono sicuramente gli assassini della giovane madre e del suo piccino; ma supponi che, quando sono entrati nell'appartamento e hanno cominciato a menare botte a dritta e a manca, il Frigerio e la moglie, che abitavano al piano di sopra, siano scesi attirati dal fracasso e li abbiano trovati che se le suonavano di santa comunione. Il Frigerio si butta nella mega-rissa e già che c'è ne approfitta per stroncare la moglie. Si accorda poi con Rosa e Olindo per rendere una falsa testimonianza che allontani i sospetti da loro, si fa dare una mazzata in testa per rendere più verosimile la cosa e poi s'inventa la favola del tizio olivastro e ricciuto.
E allora perché venti giorni dopo ha accusato Olindo? ha voluto sapere Aristogìtone. Che ne so, ha risposto il pipistrello. Sarà andato storto qualcosa. Avrà cambiato idea. Aristogitone ha obiettato che in tal caso, Olindo lo avrebbe certamente contro-accusato...
Non essendo riusciti a venire a capo dell'intricata questione, abbiamo riattizzato il fuoco (sarà pure primavera, ma le notti sono fredde) e ci siamo bevuti una tisana di liquirizia e camomilla raccolte da Lucy K.K. la scorsa estate e messa a seccare in un'anfora di coccio.

giovedì 24 marzo 2011

La triste storia della nave Sémillante

E questa è la storia che, seduta di fronte ad un minuscolo cimitero, ho raccontato la scorsa domenica a Pinca e Pallina.
Nel 1853 la Russia, bramosa di estendere la sua influenza sul Mar Nero e sul Mediterraneo, dichiarò guerra alla Turchia. Pensava evidentemente di spicciarsela in pochi mesi, ma il conflitto si trascinò per parecchi anni (Vedi il giudicio uman come spesso erra!) e ne fecero le spese i poveri abitanti della Crimea - perché mica erano sceme, la Russia e la Turchia, che combattevano sul proprio suolo. Visto che la faccenda non si schiodava, sia la Russia sia la Turchia si misero a cercare freneticamente alleati: la Francia, l'Inghilterra e il Regno di Piemonte (e capirete) si schierarono con la Russia, dopo avere fatto bene bene i conti per vedere se gli conveniva.
Questo è l'antefatto.

Nell'inverno del 1854 una corvetta diretta in Crimea partiva da Tolone e passava per la Corsica. Nell'attraversare le Bocche di Bonifacio, la nave fece naufragio presso le Isole Lavezzi, ma l'equipaggio riuscì a salvarsi e fu ospitato per qualche giorno a Bonifacio, presso gli abitanti del luogo, fino a che non arrivarono mezzi dalla Francia e sia soldati sia marinai furono riportati allegramente (si fa per dire) in patria.
Il 14 febbraio dell'anno dopo settecento uomini, tra cui gli stessi militari scampati al disastro (non gli era bastata, evidentemente), salirono sulla nave Sémillante, con la stessa destinazione: Odessa, in Crimea.
La mattina del 15 febbraio la nave si trovava di nuovo nei pressi delle Bocche di Bonifacio dove, tanto per mutare, si scatenò una tremenda tempesta. e si addensò una fittissima nebbia. Probabilmente la Sémillante perse il timone e a mezzogiorno (benché la caligine fosse tale che pareva mezzanotte) fu trascinata a folle velocità verso le Isole Lavezzi, dove si sfracellò. Cadaveri e rottami furono spinti verso le isole vicine e, quando la tempesta si placò e gli abitanti compirono il pietoso ufficio di raccogliere i defunti, riconobbero parecchi di quegli ufficiali che avevano ospitato qualche mese prima, quando erano scampati all'altro naufragio. Quando si dice la sfiga... io non credo al destino, ma certo viene da pensare che qualcuno avesse decretato che quei poveretti dovessero morire proprio lì, schiantati nel Mediterraneo, che di solito passa per un mare tranquillo ed accomodante.
Solo 560 corpi furono ritrovati e sepolti nel cimitero di una delle Isole Lavezzi.
Le gemelline mi guardavano allibite; Tarquinius borbottò che, se questi tizi erano diretti in Crimea, era altamente probabile che facessero in ogni caso una brutta fine...

(Se volete leggere la storia scritta da qualcuno che ha più garbo di me nel narrare, leggete il capitolo intitolato "L'agonia della Sémillante" in Lettere dal mio mulino, di Alphonse Daudet. E se volete vedere una bella foto cimiteriale scattata da una simpatica blogger, cliccate qui:










lunedì 21 marzo 2011

All'ombra dei cipressi e dentro l'urne



Ricordate Pinca e Pallina, le due infanti gemelline amiche della Bimba? Tempo fa si erano dedicate ad esperimenti scientifici di alto livello - e tale era l'altezza che nessuno lo capiva, che erano esperimenti scientifici. Indi i loro interessi s'erano spostati verso la musica ed avevano iniziato a prender lezioni d'armonica a bocca - finché non s'erano ingoiate lo strumento e le loro esibizioni avevano assunto un che di surreale. Adesso pare si siano dedicate alla letteratura: Pinca scrive haiku (e capirete che ci vuole), Pallina invece vuole ambiziosamente dedicarsi ai carmi di tipo politico e sociale e si sta documentando per scrivere un'opera dall'esilarante titolo Dei Sepolcri. Nutro qualche vaga perplessità sull'originalità del progetto, ma mi sono ben guardata dall'esprimerne alcuna e domenica ho accompagnato, insieme con Tarquinius, le due ineffabili bambine in giro per i piccoli cimiteri dimenticati dell'Umbria.
Il cimitero che vedete nella foto sopra si trova presso l'Abbazia di Parnacciano e credo che non vi venga sepolto alcuno da tempo immemorabile, ma era proprio quello che cercava Pallina (pare che l'opera in spe Dei Sepolcri debba essere interattiva e contenere anche foto e notizie sui luoghi in questione). Ci siamo accampate di fronte al ridente luogo, abbiamo aperto un tavolino pieghevole, apparecchiato e mangiato il cibo che ci eravamo portati da casa (torta al formaggio con capocollo, nel vano tentativo di dare un che di pasquale ad una situazione che, stante il freddo becco, appariva piuttosto natalizia). Pinca scriveva degli haiku sui tovagliolini, Pallina illustrava il piano dell'opera. Sembra che il carme Dei Sepolcri (mah) debba contenere una riflessione sul valore civile delle tombe (mmmmhhhh) ed una panoramica delle sepolture di personaggi che hanno dato lustro alla patria (ommamma). A me tutto ciò non suona, diciamo, frutto dell'originale elaborazione della piccina, ma lei sembra convinta di creare qualcosa di unico ed originale ...


Un piccolo abbraccio di marmo
che serra con affetto di ruggine
le ossa putrefatte di un villaggio


declamava intanto Pinca, mentre Tarquinius si strozzava con il capocollo e spariva dietro i cespugli, ricomparendo alcuni minuti dopo pallido e barcollante. Io ho smesso da tempo di far caso alle stranezze che combinano le due pargole (così come ho rinunciato a capire chi è Pinca e chi Pallina... anche perché esse stesse lo ignorano); e per distrarre Pinca dall'estemporanea composizione di haiku cimiteriali, ho pensato di raccontare loro la strana storia della nave Sémillante... anche se pur sempre di sepolture si tratta.