lunedì 29 settembre 2008

I disegni di Asiak


disegni di Asiak
Inserito originariamente da susannucciauccia
Disegni o studi per stoffe?

Arte-terapia fra le visciole


la bimba d'oro
Inserito originariamente da susannucciauccia

Qualche giorno fa Asiak non si è nemmeno alzata dal letto. E’ rimasta tutta la mattina a dormire, mentre sul tavolo della sala giacevano abbandonati i disegni che aveva fatto la sera prima. Lucy K.K. e il furetto Annibale Bellassai detto Scubidù li stavano sfogliando e tentavano di trarne auspici, neanche fossero aruspici etruschi dediti allo studio delle viscere degli uccelli. Lucy K.K. sosteneva che era palese un miglioramento, il furetto cominciava ad essere un po’ incerto sulla bontà del suggerimento – peraltro da lui stesso avanzato. Li abbiamo trovati chini sulle incomprensibili opere della triste visoncina Maria Grata Li Greci ed io, che ci eravamo recate a casa di Tarquinius e Ibadeth per due motivi diversi: io perché dovevo andare con Ibadeth a comperare delle stoffe, Maria Grata perché portava a Ibadeth un’enorme teglia di caponata di melanzane, una specialità siciliana cucinata dalle sue candide manine.
Maria Grata ha sistemato la teglia in frigo e si è unita agli estimatori delle opere di Asiak… ipotizzando però che si trattasse di studi per colorare delle stoffe, dato che Asiak è sarta. Avendo saputo che la visoncina si trovava a letto depressa, ha preso in mano la situazione ed ha telefonato ad una sua collega psichiatra, una gatta rossa di nome Angelica Pasqui-Copanello, che ha accettato di prendere Asiak in terapia a partire dalla settimana seguente. Io allora ho proposto loro di venire con me il giorno dopo a trovare
Tonina Landriscina, la mia amica scultrice che vive nel Montefeltro, dove possiede un atelier e un frutteto in cui coltiva visciole.

E così abbiamo fatto. Partiti la mattina alle nove, stipati nel break e diretti verso le colline del Montefeltro. Eravamo io, Asiak e Lucy K.K., Scubidù, Ibadeth, il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino, il quale contava di fare un bel servizio per la RAI sull’atelier della gatta Tonina, e Arturo il ragioniere. Maria Grata non era potuta venire (è anestesista alla USL e il suo lavoro è un po’ delicato); Tarquinius doveva consegnare un guardaroba d’ebano presso una villa sull’Amiata ed era partito già dalle cinque del mattino.
Tonina ci ha accolto calorosamente nella sua nuova casa in mezzo alle colline (vi si è trasferita da poche settimane). Ci ha mostrato l’atelier e la casa… che non era da meno. Come atelier, intendo. Aveva scolpito e dipinto lei il focolare, le piastrelle dei bagni, gli interruttori della luce, decorato i muri dei corridoi con mattonelle di maiolica riproducenti motivi rinascimentali, sparso per le scale roselline di ceramica color rame lucido ed esposto qua e là le sue sculture, strategicamente illuminate da faretti. Le sculture che lei diceva venute male – me ne sarei accontentata così bene, io… – le aveva sparse nell’orto, nel giardino e financo nel frutteto. Coppe a lustro troneggiavano sulla tavola fratina e sugli scaffali.
Flavio Aufidio Crispino l’ha intervistata ed ha scattato una marea di foto dell’atelier e della casa. Dopo di che ci siamo messi a tavola e abbiamo mangiato come lotri (un giorno o l’altro dovrò scoprire cosa sia esattamente un lotro); quindi Tonina ha mostrato ad una Asiak sbalordita le sue sculture raffiguranti donne o bambine e ne ha illustrato la tecnica a lei a e al furetto, che prendeva diligentemente appunti. Io temo grandemente che nei prossimi giorni la casa di Ibadeth si trasformerà nel distaccamento di una miniera di marmo delle Alpi Apuane… ma la mia amica ramarra non pareva turbata a quella prospettiva. Del resto, dopo l’energico repulisti che abbiamo fatto a casa sua per consentire a Lucy K.K. di dedicarsi all’erboristeria, Ibadeth pareva alquanto disorientata in quell’ordine innaturale…
Quando abbiamo preso congedo, Lucy ha scritto una breve riflessione sopra una foglia appassita di ficus beniamina (che Tonina ha immerso in un catino di vernice trasparente) :


China ebano su petali di magnolia e occhi fondi
mani-farfalle viola e gialle
che seminano decori e grappoli di fiori
La terra ti chiama e brama le tue cornici platino e verde ramina
senza parole scritte che ti lasciano sbigottita.

Se avessi conquistato anche la parola
avresti imparato ad amare,
erica sparsa
nell'argilla bianca

sabato 27 settembre 2008

La marcia su Todi

Dice Il Russo...
L'inflazione avanza, la disoccupazione galoppa e vieppiù galopperà nei prossimi mesi, la nostra compagnia aerea di bandiera rischia come Gagarin... e il nostro Premier super-occupato si permette di andare a fare i bagni di vento e le maschere di brodo di giuggiole in un noto centro benessere sulle colline di Todi... pure in ristrutturazione, come se non bastasse.
E questo è il personaggio che riscuote ora più popolarità.
Ahi, serva Italia, di dolore ostello.

venerdì 26 settembre 2008

Le poesie di Iris

Mirall fidelìssim

Anni sono fluiti da quando ho scorto lo spiraglio
che dava sulle piccole piazze in cui volevo passare.
Ma non le ho conquistate.

E da allora ogni sera un terribile battito d'ali
mi annuncia la venuta dell'angelo custode.
Bianca e pesante l'ala mi stringe contro il muro
e la sua malizia mi serra la gola.

giovedì 25 settembre 2008

La quadratura del cerchio


Susanna e il cerchio
Inserito originariamente da susannucciauccia

Il mio professore di geometria mi fa fare ogni sorta di figure, mi disse una volta mio fratello Martino. Mi è tornato in mente codesto calembour alla lettura di un romanzo regalatomi da mia cugina Margot, Il cerchio (Gaja Cenciarelli, Empirìa Florida, 2003). Leggendolo mi è scoppiato un gran mal di testa. Cominciamo bene, si dirà. No, il mal di testa non è dovuto al fatto che il romanzo sia noioso o astruso, ché invero non è né l’una né l’altra cosa, anzi: è una di quelle storie che attacchi a leggere e non molli più finché non hai finito, per cui i familiari ti vedono vagare per casa mangiando un biscotto-libro in mano, lavando i piatti-libro-appeso allo scolapiatti, e via così. Certo, non si può dire che sia semplicissimo da capire, ma non è da lì che rampolla il mal di testa.
E’ che la storia rende proprio l’idea della nevralgia.
Oltre che della geometria.
Riassumiamo: due amiche, Sara e Viviana, da un po’ di tempo non si frequentano più perché Viviana rifiuta Sara, si sconosce il perché. Una retta, da Sara a Viviana.
Sara convive con il paziente e sensibile Gabriele, che le prepara squisiti manicaretti mentre lei è al lavoro. Triangolo: Sara, Viviana e Gabriele.
Il luogo dove lavora Sara è la fiera del mobbing: principale bastarda, colleghe maldicenti e anche lievemente troie - per dire l’orribil cosa com’è - condizioni ambientali (aria condizionata a manetta) a dir poco malsane, che forse sono le responsabili dei lancinanti mal di capo della giovane Sara. Forse. (Io non credo, ma non anticipiamo con interpretazioni premature). Solo due cose piacciono alla nostra eroina: il lavoro e la collega toscana Alessandra (ed ecco che siamo al quadrato).
Due eventi stressanti campeggiano nella grigia vita di Sara: l’inspiegabile (inspiegabile?) rifiuto dell’amica Viviana di frequentarla e l’insistenza di Gabriele e di Alessandra nello spingerla a lasciare il lavoro, che, a loro dire, è causa delle sue emicranie. Ma Sara non vuol licenziarsi, ha paura di cambiare. Lo ripete sempre, che non ama i cambiamenti. Da adolescente, in contemporanea alla sua prima mestruazione, sua madre è morta e lei ha sempre legato la perdita della mamma al cambiamento: sono diventata una donna e la mamma è morta! (succede sempre così, la mamma muore simbolicamente; solo che questa è morta davvero).
Sara tempesta di SMS l’amica Viviana, senza esito. Del resto, Sara sta sempre china sul cellulare: quando era fidanzata con Gabriele lo tempestava di messaggi, scocciando di brutto gli amici che si sentivano leggermente esclusi; al lavoro smessaggia Viviana in continuazione, infastidendo le colleghe. Tenera amica? Forse; ma quando qualcuno le si avvicina troppo, lei lo rifiuta. Difende ad oltranza il suo lavoro, vi è talmente attaccata (qualsiasi sia la ragione) che rifiuta anche le amiche e il compagno, se tentano di convincerla a lasciarlo e a cambiare.
Quando Alessandra si licenzia e, in un tentativo di gran finale, vorrebbe trascinarla con sé, Sara per il nervosismo le ride in faccia, umiliandola e rovinandole l'uscita trionfale, dinanzi alle colleghe mignotte. Rifiuta la cena che le ha preparato Gabriele la sera, quando lui le fa notare che ha bistrattato Alessandra e che il lavoro le sta rovinando la salute. Alla fine, si scopre che è quella la ragione per cui l’amica Viviana non si fa più vedere: che le aveva trovato un altro lavoro e Sara lo aveva rifiutato astiosamente, sentendosi invasa nella sua privacy.
Ma era proprio vero che il lavoro le rovinava la salute? Forse gli amici di Sara preferivano crederlo, per non interrogarsi più a fondo sulle sue nevrosi (occuparsi seriamente di un’amica è faticoso, lo sapete? Meglio trovare una causa esterna. Mal di testa che schianta? È colpa del condizionatore d’aria tenuto troppo alto, voila, lo spegnamo, oppure le facciamo cambiar lavoro e lei magicamente sta bene!).
Quando Viviana finalmente si decide a risponderle, la fa distrarre mentre attraversa una strada e una Panda rossa la tira sotto; mentre sul display del telefonino appare beffarda la scritta “VIVI”, Sara muore.
E il cerchio (che ogni tanto si liquefaceva fino a sformarsi tentando di diventare un quadrato) si chiude. Termina il caleidoscopio di geometrie…

Molti anni fa, in un romanzo giallo della Mamma, lessi la frase accorata "...tante cose sembrano!" Ecco, a me questo romanzo ha dato angoscia - e forse era questo il fine - perché mi è apparso come un girotondo di discorsi fatti attorno a qualcuno (la Sara) di cui non interessava ad alcuno conoscere l'identità e i problemi. Tante cose sembrano... Tante idee ci facciamo su chi ci sta vicino, ma il nostro apparente sodalizio con loro può terminare bruscamente (di tempo non ce n'è mai) senza che nemmeno abbiamo capito chi sono, cosa amano, di cosa hanno paura.

mercoledì 24 settembre 2008

Sciopero per Dante De Angelis

Ve lo ricordate Dante De Angelis? Un ferroviere, un rappresentante sindacale che, incredibile dictu, fa il rappresentante sindacale. Guarda un po'. Accortosi, mesi fa, che alcuni treni delle Ferrovie dello Stato non erano affatto sicuri, anzi, ad andarci si rischiava come Gagarin, si è permesso di far presente la cosa e di denunciarla anche all'opinione pubblica. Le FFSS lo hanno licenziato bel bello. Alla faccia dell'articolo 18.

L'opinione pubblica si è mobilitata - anche se non a sufficienza, evidentemente -, ma l'Azienda non è tornata sulle proprie decisioni.

Allora i ferrovieri hanno proclamato uno sciopero per venerdì 26 settembre.

Il Ministro Matteoli ha detto che li precetterà (alla faccia della libertà di sciopero). Sostiene Matteoli che, con questa storia dell'Alitalia che non funge, manca solo che si mettano a scioperare anche i treni e siamo a bestia.

Mammeglio! come dicono in Maremma.

Io sospetto che abbiano ragione. I ferrovieri, intendo. E voi?

* * *

SCIOPERO

E’ trascorso oltre un mese dai licenziamenti degli otto ferrovieri
delle Officine di Genova

e del macchinista Rls di Roma S. Lorenzo,

Dante De Angelis
e non vi è stato alcun cenno di ripensamento da parte aziendale, né altre azioni sindacali di contrasto.

A questi provvedimenti gravemente sproporzionati e del tutto ingiustificati, non è stata contrapposta alcuna azione concreta nonostante fossero stati condannati all'unanimità dal mondo politico e sindacale,
con l’intervento diretto dei Segretari generali di CGIL CISL e UIL, oltre che dall'opinione pubblica.

Dopo aver richiesto alle OO.SS di settore l’avvio di una vertenza unitaria specifica,
non avendo ricevuto alcuna risposta,
i delegati RSU e RLS dell’Assemblea Nazionale dei Ferrovieri hanno proclamato uno

SCIOPERO NAZIONALE DI 8 ORE CONTRO I LICENZIAMENTI FS
26 SETTEMBRE 2008
DALLE 9,01 ALLE 17,00

PERCHE' NON SI PENSI CHE LA CATEGORIA E' RIMASTA FERMA A FARSI COLPIRE
DALLE ARMI DELLA REPRESSIONE AZIENDALE.

Il licenziamento di un Rls rappresenta una inaccettabile restrizione del diritto dovere dei lavoratori
a partecipare attivamente e criticamente alla realizzazione delle condizioni di sicurezza per se stessi ed i viaggiatori, proprio mentre proseguono incessanti, anche nelle Fs, le morti bianche.

DIFENDERE CON LO SCIOPERO I COLLEGHI LICENZIATI
SERVE A DIMOSTRARE L'ESISTENZA DI UNA COLLETTIVITA' DI LAVORATORI
CHE NON PUO' ESSERE ELUSA;
SI TRATTI DI COLPIRNE CON ARROGANZA I MEMBRI,
O DI CONDIZIONARE LA TRATTATIVA SINDACALE IN CORSO SU MANUTENZIONE ,
EQUIPAGGIO TRENI E STAZIONI.

26 SETTEMBRE 2008
SCIOPERO NAZIONALE DI 8 ORE
DI TUTTI
I FERROVIERI

ADERIAMO COMPATTI!

ASSEMBLEA NAZIONALE DEI FERROVIERI

martedì 23 settembre 2008

Il nome della Zucca

I codici dell’oro amaro, di Jessica Master-Johnson, ed. Sonasega, 1999

Una ricetta smarrita, due uomini, un segreto racchiuso in una cripta, una storia sui segreti di cucina ambientata nei sotterranei di un’abbazia alto-medioevale e nei vicoli rossi di una Ferrara senza tempo.

Questo ho trovato scritto sulla copertina di un libro prestatomi dalla dolce Aysel (la danzatrice del ventre Fabiamaria Baldoncini Bellaveglia), che ha l’hobby dei romanzi esoterici, da lei divorati tra uno yoghurt e un cartone di latte (ricordo al popolo che Fabia è proprietaria di una latteria in riva al lago). A me i romanzi esoterici non garbano, anzi, vi confesserò che mi stanno proprio sul culo, e Fabia lo sa; ma mi ha assicurato che questo sarebbe piaciuto persino a me.

Quando, durante uno scavo per disseppellire dodici bottiglie di vino del Bosco in una cripta dell’Abbazia di Pomposa, la giovane Florette Catian de Clérambault (che sembra il nome d’arte di un’attrice porno e invece lo è) rinviene uno scheletro, si sente assalire con forza da un oscuro presentimento, che la riporta ad un passato di violenza, roghi e massacri. Un mistero più profondo della tomba la avviluppa allo scorgere misteriosi simboli incisi nella cripta, ed ha la sensazione che riaffiori dalla terra gelida un passato ed un segreto atroce che doveva rimanere sepolto per sempre….

Boia, e che avrà trovato mai, la giovin mignotta? Mi sono messa a leggere lo scalcinato romanzo, che inizia con un’orgia alla Eyes wide shut, completa di maschere e succinti costumi neri stile sado-maso, organizzata dal rampollo di una famiglia della Ferrara bene (fortuna) in un antico casale trasformato in agriturismo a cinquecento metri dall’Abbazia di Pomposa. Tra spinelli e tiri di coca, viene organizzata una demenziale caccia al tesoro, con tanto di indizi nascosti nei posti più atroci, finché la giovane pornodiva, condotta da una mappa vergata su un rotolo di carta igienica celeste a tre veli, scopre delle ossa umane sepolte nella cripta dell’Abbazia. Inorridita, tenta la fuga, ma viene inseguita da minacciose ombre nere (che non ci vuol tanto a sospettare che sono i frati, secondo me) e viene massacrata, dopo due giorni d’inseguimento, a colpi di salama da sugo. Il suo partner cinematografico di prodezze sessuali, che vuol vederci chiaro, fingendosi interessato alla vita monastica riesce a penetrare (attività in cui deve essere piuttosto ferrato) nell’Abbazia di Pomposa in qualità di novizio. Nel corso delle giornate, dedicate alle sacre letture e al confezionamento di cappellacci alla zucca, il nostro eroe (che è stato assegnato alle cucine) coglie misteriose allusioni del cuoco ad un’antica faida che oppose, nel Cinquecento, religiosi mantovani a ferraresi circa il contenuto del ripieno dei cappellacci: la rivalità con il Convento delle Monache Brigidine Scialite di Pegognaga di Mantova, che sostenevano di essere loro a possedere la vera autentica e unica ricetta dei cappellacci alla zucca. Che, asserivano le feroci monache, non chiamavansi cappellacci bensì tortelli, e che contemplavano nel ripieno non solum la zucca ed il parmigiano, sibbene eziandio gran copia d’amaretti sbriciolati…

A questo punto, ho avuto il vago sospetto che Fabia mi stesse prendendo per i fondelli.
Orbene, il prode pornodivo riesce (non prima di essere stato ripetutamente sodomizzato dagli amanuensi) a smascherare i colpevoli degli eccidi perpetrati nel corso degli anni nei sotterranei dell’abbazia: il bibliotecario e il direttore della Schola cantorum, entrambi ferraresi DOC, i quali volevano impedire che si venisse a scoprire il Codex Tortellianus, un antichissimo manoscritto donato loro dai Templari nel XII secolo. Purtroppo per loro, il codice riportava l’autentica ricetta del ripieno dei cappellacci o tortelli e, con grande scorno dei ferraresi, prevedeva l’uso degli amaretti nell’impasto!

Dopo essere andata da Fabia e averle battuto il libro in capo, mi sono procurata le due ricette… che immantinente vi propongo, dichiarando la mia personale predilezione per la versione mantovana, ma chiarendo che la versione ferrarese non fa mica ribrezzo… (e se andate a Ferrara e passate da Luca, alla gastronomia "Le cose buone", ne avrete la riprova).

Cappellacci di zucca alla ferrarese
Ingredienti: 1 sfoglia ottenuta impastando 500 g di farina e 5 uova Per il ripieno: 1 kg di zucca gialla 150 g di grana grattugiato zucchero noce moscata sale. Per il condimento: 1 kg di carne di maiale tritata grossolanamente 200 g di salsiccia sbriciolata, 100 g di pancetta, 1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano, 300 g di passata di pomodoro, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 dl di olio extravergine di oliva, 1 bicchiere di vino bianco secco, 70 g di grana grattugiato, sale e pepe

1) Preparate il ragù: tritate la cipolla, la carota e il sedano e metteteli a rosolare in una casseruola con l'olio extravergine. Intanto tritate grossolanamente la fetta di pancetta e, non appena gli odori saranno appassiti, aggiungetela al soffritto con la carne di maiale e la salsiccia. Lasciate rosolare, quindi unite il vino e fatelo evaporare.
2) Diluite il concentrato di pomodoro in un mestolino di acqua tiepida e versatelo nella casseruola unitamente alla passata di pomodoro, salate, pepate e lasciate cuocere a fuoco lento per 1 ora e mezzo.
3) Preparate il ripieno: fate cuocere al forno la zucca, sbucciatela e privatela dei semi, passatela al setaccio e versatela in una ciotola, aggiungete il formaggio, un pizzico di sale, la noce moscata e, se necessario, un pizzico di zucchero. Mescolate per amalgamare bene tutti gli ingredienti. Il ripieno dovrà risultare ben asciutto.
4) Stendete la sfoglia e ricavatene dei quadrati di circa 7 cm di lato, mettete un cucchiaio di ripieno al centro, chiudetelo in diagonale pressando bene sui bordi
5) Fate cuocere i cappellacci in acqua salata e scolateli non appena vengono a galla. Accomodateli nel piatto di portata, conditeli con il ragù e il grana. Servite subito.

Tortelli di zucca alla mantovana (ripieno)
Ingredienti: 2 kg di zucca gialla dolce, 200 g di mostarda di frutta mista, 100 g di amaretti secchi, 4-5 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato, un cucchiaio di confettura di visciole (facoltativa), un limone, noce, moscata, sale.

1) Tagliate la zucca a pezzi e cuocetela in forno a 180° fino a quando, pungendola con una forchetta, risulterà tenera. Eliminate la buccia, mettete la polpa in un piatto, poi passatela al setaccio.
2) Raccogliete il passato di zucca in una tela garza e chiudete i 4 angoli.
3) Legate bene gli angoli, fissate il "sacchetto" su un cucchiaio di legno, appendetelo sopra uno scolapiatti e lasciate scolare la zucca per tutta la notte.
4) Il giorno dopo raccogliete il passato in una terrina, aggiungete un pizzico di sale, gli amaretti pestati finemente e il parmigiano.
5) Tagliate a pezzettini la mostarda e incorporatela al composto, poi unite anche la confettura di visciole, la scorza grattugiata del limone e una bella grattata di noce moscata.
6) Mescolate bene fino a ottenere un composto omogeneo e consistente: se risultasse troppo umido, aggiungete anche un po' di pangrattato, se poco dolce unite un cucchiaino di sciroppo di mostarda.




lunedì 22 settembre 2008

Negazione o rimozione?

Io sono una micia quasi psicologa, come sapete; pertanto sono abbastanza addentro ai cosiddetti "meccanismi di difesa", ossia quelle operazioni tutte mentali che noi facciamo - chi più chi meno - per difenderci da qualcosa che ci provoca ansia.
Tra Freud, sua figlia Anna e seguaci vari, hanno affastellato un gran numero di queste capriole mentali che sono, in gran parte, affascinanti.
Intanto, anche tra le difese ci sono le graduatorie: non è che ci siano dei punteggi o si vinca qualche cosa, ma c'è distinzione tra meccanismi più o meno evoluti. La madre di tutte le difese è la cosiddetta rimozione. Trattasi di operazione mentale per la quale tu nascondi a te stesso un sentimento che in qualche misura ti disturba. Esempio cretino: devi andare dal dentista a farti trapanare una gengiva, la cosa comprensibilmente non ti esalta e, chissà come mai, ti dimentichi l'ora dell'appuntamento.
C'è anche la negazione: tu neghi che qualche cosa sia successa, oppure ti rifiuti di riconoscere una cosa che tutti vedono. Si affida alla negazione colui che, se gli diagnosticano un brutto male, non lo accetta, finge che il medico non gli abbia detto nulla e si rifiuta di prendere le medicine... con le conseguenze immaginabili (scusate la tristezza dell'esempio). Si giova della negazione il genitore del ragazzo diversamente abile (una volta si diceva handicappato) il quale sostiene che il figlio è solo pigro, che gli insegnanti sono incapaci, che i libri sono inadatti, insomma che il rampollo è perfettamente normale, la causa dei suoi insuccessi sta negli altri.
E via dicendo.
L'altra sera stavo guardando la televisione con Filòstrato il pipistrello.. ovvero, io guardavo, lui diceva che guardava, ma, essendo cieco, ignoro cosa diavolo vedesse (ecco un altro bell'esempio di negazione). Un giornalista intervistava la moglie e madre di quella coppia di pisquani che hanno ucciso a Milano un ragazzo di colore perché aveva rubato loro un pacco di biscotti. La donna, comprensibilmente sconvolta, declamava a gran voce che la colpa era di quel ragazzo, poverino, perché lui si era messo a correre quando suo marito e suo figlio hanno cominciato ad inseguirlo, ché se non fosse scappato loro non gli avrebbero fatto niente, mica erano bestie...

Ma magari per loro fossero bestie, dico io.
Negazione bella e buona. Certo, mi rendo conto che ammettere di essere sposata a un energumeno sanguinario e beota e di aver generato ed allevato un bestione imbecille e assatanato non sia una cosa facile da mandar giù, per una donna. Per cui, neghiamo l'evidenza, pigliamocela con la vittima, che poveretto sarà stato senz'altro un po' sventato, ma credo che la pena di morte per il furto di un pacco di biscotti non la comminasse nemmeno il regime di Pol Pot....
A tutta prima rimozione e negazione possono apparire uguali; ma la differenza sta nel fatto che la rimozione si attua su un sentimento, la negazione su una circostanza esterna.
Un po' come la sinistra italiana, che evita di vedere ciò che tutti vedono: che a furia di litigare per quattro poltrone, di fingere che non esistano più i lavoratori e la classe operaia, di occuparsi solo d'intellettuali e di cinema, si è persa quasi tutti gli elettori.
Perché ci stiamo perdendo il Nord, titolava un saggio di qualche anno fa.
La sinistra, credo, non lo ha letto.
E infatti gli operai del Nord hanno votato la Lega.
Negazione...

venerdì 19 settembre 2008

L'anno prossimo si va a Gufidaun

Riva Verde, Lago Patria, Castel Volturno... i luoghi dove sono stata in vacanza quest'estate. Castel Volturno non mi ha ispirato un gran che, ma altre località mi apparivano suggestive. Baia Domizia con le sue pinete. Li ho rivisti stasera sui telegiornali: la camorra che ha fatto una strage di africani, gli africani che organizzano una rivolta condita di atti di vandalismo e incendio di cassonetti (cosa alla quale, presumo, gli abitanti del luogo sono affatto abituati). Immondizia fumante per le strade, sangue schizzato ovunque. E la domanda, come diceva Lubrano, sorge spontanea: MA LE FORZE DELL'ORDINE DOVE CAZZO SONO?
Ordine e disciplina, tuonava la destra in campagna elettorale. Incentivi alle forze dell'ordine! (che poi glieli ha scorciati).
Esercito per le strade!
Dio sa se sono mai stata d'accordo con quest'idea balzana del governo (questa, eh! fosse la sola). Mi pareva che fosse un restyling. Tanto per far vedere quant'è decisionista la destra. Boia quante palle che ha. Altro che il logo delle Olimpiadi.
Però... se tanto ci dovevamo beccare i militari per le strade a fare i bellini, direi che era questo il momento per sfruttarli... o no? Visto che tanto sono a giro, mandiamoli a Castel Volturno che sta succedendo un'iradiddio.
Ma no.
Non si è visto nessuno né il governo ha mostrato interesse alcuno nella questione.
Lo stesso pugno di ferro mostrato settimane fa a Napoli quando bande di deficienti pseudo-tifosi assaltavano il treno che portava a Roma in perfetto stile Far West.
E pensare che sono andata in vacanza lì!
L'anno prossimo vado a Gufidaun.
Almeno gli Schutzen non mi caricheranno di tortorate, spero ...

giovedì 18 settembre 2008

Harem soirée


Harem soirée
Inserito originariamente da susannucciauccia

Harem soirée... Era il titolo di uno spettacolo cui la mia Mamma - che vedete in foto mentre si esibisce col velo - ha indecorosamente preso parte, disonorando il nome della nostra già sconquassata famiglia, un paio d'anni fa.

mercoledì 17 settembre 2008

Rupe Tarpea

In via del tutto eccezionale pubblico due post in una giornata perché vorrei sottoporvi un episodio d'ordinaria ignoranza nei confronti di un bimbo di quattro anni, che aveva l'unica colpa di non essere come gli altri...
Alla CA. Gentile Direzione Carrefour di Assago

Mi chiamo Barbara e sono la mamma orgogliosa di un bambino autistico di quattro anni.

Nel Vostro sito, leggo della Vostra missione e soprattutto del Vostro impegno nel sociale.
“La nostra capacità di integrarci con il territorio in cui siamo presenti, di comunicare con le istituzioni locali e di sostenere progetti sociali e associazioni umanitarie si riscontra attraverso azioni concrete:

• Finanziamento della ricerca contro alcune malattie del XXI secolo
• Sostegno alla giornata nazionale indetta dal Banco Alimentare per la raccolta di generi alimentari
• Sostegno di iniziative umanitarie di vario tipo”

Lasciatemi dire che oggi nel punto vendita di Assago avete sfiorato la discriminazione punibile per legge.

Era previsto un evento che mio figlio aspettava con ansia: il tour delle auto a grandezza reale del film Cars.

Vestito di tutto punto con la sua maglietta di Cars, comprata DA VOI, oggi l’ho portato, emozionatissimo, ad Assago. Vista la posizione di Saetta, ci siamo avvicinati per fare una foto. Click, click, click, bimbo sorridente a lato della macchina. Avevate previsto un fotografo, sui sessant’anni, sembrava un rassicurante nonno con una digitale da 2000 euro, collegata a un pc dove un quarantacinquenne calvo digitalizzava un volantino carinissimo con le foto dei bimbi di fronte a Saetta, stampate all’interno della griglia di un finto giornale d’auto. Una copertina, insomma, che i bimbi chiedevano a gran voce e avrebbero poi incorniciato in una delle costose cornici in vendita nel Vostro reparto bricolage. Chiaramente, il mio biondino, che purtroppo per la sua malattia non parla (ancora), mi ha fatto capire a gesti che gli sarebbe piaciuto. Per quale ragione non farlo? Semplice, lo avrei capito dopo poco.

Attendo il turno di mio figlio, con estrema pazienza, e senza disturbare nessuno. Ci saranno stati una ventina di bambini, non di più. Non cento, una ventina.

Arriva il turno del mio piccolo, e non appena varca la transenna, resta il tempo di ben DUE SECONDI girato verso il suo idolo a grandezza naturale, invece di fissare l’obiettivo del fotografo. Mi abbasso, senza dar fastidio alcuno, scivolo sotto la corda e da davanti, chiedo a mio figlio di girarsi. Il fotografo comincia ad urlare “Muoviti! Non siamo mica tutti qui ad aspettare te” Mio figlio si gira, ma non abbastanza secondo il “professionista”. Gli chiedo “Per favore, anche se non è proprio dritto, gli faccia lo stesso la foto…” “Ma io non ho mica tempo da perdere sa? Lo porti via! Vattene! Avanti un altro, vattene!” Un bambino a lato urla “Oh, mi sa che quello è scemo” e il vostro Omino del Computer, ridendo “Eh, si! Vattene biondino, non puoi star qui a vita!” Mio figlio, che non è SCEMO, non parla ma capisce tutto, sentendosi urlare dal fotografo, da quello che digitalizzava le immagini e dalla claque che questi due individui hanno sollevato ed aizzato, si mette a piangere, deriso ancora dal fotografo che lo fa scendere dal piedistallo di fortuna che avete improvvisato davanti alla macchina, facendolo pure inciampare. A nulla valgono le imbarazzate scuse della guardia giurata,che poco prima aveva tranquillamente familiarizzato con mio figlio. L’umiliazione che è stata data dai Vostri incaricati, che avrebbero dovuto lavorare con i bambini, a un piccolo di quattro anni che ha la sfortuna di avere una sindrome che poco gli fa avere contatto visivo con il resto del mondo e non lo fa parlare, è stata una cosa lacerante. In lacrime, con il torace scosso dai singhiozzi, umiliato, deriso, leso nella propria dignità di bambino non neurotipico. Una signorina, con la Vostra tshirt, mi si è avvicinata per chiedermi cosa fosse successo. Alla mia spiegazione, dopo averle detto che il piccolo aveva una sindrome autistica, mi ha detto “Ma se non è normale non lo deve portare in mezzo alla gente“.

Son stata talmente male da non riuscire a reagire, ho dovuto uscire all’aria aperta, con il bambino piangente, per prendere fiato dopo tanta umiliazione.

Ho pianto. Dal dolore.

Questo è l’articolo 2 comma 4 della legge 67 del 1 Marzo 2006, a tutela dei soggetti portatori di handicap:

-Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti.

Vorrei sapere come intendete agire, se con una scrollata di spalle come i Vostri dipendenti, di fronte a un trauma che avete fatto subire ad un bambino che già dalla vita è messo ogni giorno a dura prova.

Manderò questa mail in copia alla segreteria dell’onorevole Carfagna, e alla redazione di Striscia la Notizia, oltre a pubblicarla sul mio sito personale.

Tacere non ha senso, e ancora minor senso hanno le umiliazione che io e mio figlio abbiamo subito oggi.

Firma.

Che ne pensate?

Boicottare il Carrefour?

(Credo siano legati anche ai supermercati GS e Diperdì...)


Erba di casa altrui

Ibadeth e Tarquinius ospitano Asiak e Lucy K.K. nella loro casa (che vedete in foto qui a fianco). Asiak è sempre più depressa e per ora l’arte-terapia proposta dal furetto non pare sortire effetti rilevanti; ma si sa, ci vuole tempo, anche per vedere gli effetti degli anti-depressivi è bene aspettare una ventina di giorni.
In compenso Lucy K.K. è presa da un attivismo frenetico. Sono stata a trovarla ieri e a un certo punto ho avuto l’impressione che anche lei non sia del tutto immune dalla depressione… che ne abbia sofferto una volta? Che sia depressa e non voglia ammetterlo? In tutti i modi, Lucy K.K. vuol rendersi utile, non vuol pesare sul bilancio dei suoi ospiti, che fra l’altro non sono ricchissimi (Tarquinius, si sa, fa il restauratore e scolpisce a tempo perso; Ibadeth suona il violino coi “Licaoni”). Talché sta mettendo a frutto le arti apprese nei nativi boschi canadesi e si è messa a coltivare l’orto del suricate e della ramarra, che finora pareva il frutto di un disperato accoppiamento tra la discarica di un Luna Park dismesso e una fabbrica di materassi liquefatti da un incendio di origine mafiosa.
Per tutto il week-end è andata avanti e indietro dall’orto alla più vicina ricicleria, in ciò coadiuvata da me, da Aristogitone il licaone e da Jerry l’otocione (il quale, però, essendo rappresentante dell’associazione “Vivere con lentezza”, non ha fornito, diciamo, un ausilio rilevante in termini quantomeno di rapidità. Di accuratezza, sicuro: per due ore e un quarto ha lucidato un mastello in cui Lucy K.K. aveva intenzione di allogare a bagno il crescione). Liberato il terreno da mattoni e depositi vari, abbiamo principiato a zappare e abbiamo trovato di tutto, sotto terra. Il reperto più interessante è stato una brocchetta scrostata di colore rosso, che Asiak ha voluto per metterci dentro delle candele. Il furetto, intanto, che si stava preparando per una serata di gala e non aveva intenzione veruna d'infangarsi mettendosi a zappare la terra, stilava una lista di tutte le piante e le sementi che la visoncina canadese vuole acquistare. Lucy K.K. ci ha inoltre reso noto che intende darsi all'erboristeria e preparare salse e conserve da rivendere… e ha incaricato Jerry di procurarle duecento piantine di basilico perché, sostiene, le era venuta un’idea luminosa per una salsa che di sicuro rivoluzionerà la cucina italiana: un trito di foglie di basilico, aglio, pinoli, formaggio e un po’ di latte per stemperarlo. L’abbiamo guardata allibiti e Aristogìtone, schernevole, le ha replicato: “Sorella, ti annuncio che hai inventato il pesto alla genovese”.
La rivelazione non ha tuttavia smontato Lucy K.K. Sto imparando che ben poco può smontare Lucy K.K.
Ha immantinente ripiegato su due salse nuove: foglie di malvarosa, aglio e nocciole tritate (con cui guarnire i fusilli) e radicchio, bacche di ginepro e cipolline (con cui guarnire le bistecche). Asiak, sdraiata sull'amaca, la guardava malinconica, come se le invidiasse l'energia di cui dà mostra.

Io sono andata in giro nei dintorni e di malvarosa gliene ho portata un quintale; mentre la scaricavo sul tavolo di cucina, l’ho sentita pontificare (ma m'è parso d'intendere anche un remoto "bleeeeeerrrr!") circa la prelibatezza d’una salsa composta da parietaria officinalis, ortica, aceto balsamico e latte di riso, ma non ho avuto l'ardimento di approfondire la questione…

domenica 14 settembre 2008

Gli esami non finiscono mai (bel cavolo di lavoro)

Le sterminate masse di lettori di codesto blog avranno notato - forse - che mi sono presa una piccola pausa.
Non sono andata via né mi hanno assassinato: sto studiando ferocemente perché domani ho uno degli ultimi esami a Psicologia, senz'altro mi cacceranno, già lo so, tornerò più ingrifata che mai e pubblicherò post di fuoco. Svamp! (onomatopea del fuoco).
Mi fate in bocca al lupo? Non fatevi tuttavia sentire dal lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino, che non ne può più di mangiare gente che deve affrontare prove o riti di passaggio più o meno cruenti.

martedì 9 settembre 2008

Michelangelo e le ... crociate

No, non tratterò di Medioevo o Rinascimento, “Canto l’armi pietose e il capitano…” o “Non ha l’ottimo artista alcun concetto…” (ogni tanto dovrò pur far vedere che ho studiato, no?). Michelangelo è Er Pantegana, il ratto di Manciano Sabina fidanzato di Fulgenzio Planciade Dixit, il panda rosso nepalese che, nella mia band rock nomata “Gli Otocioni”, suona la chitarra solista. Nel post in cui lo presentavo, informavo il popolo che Er Pantegana non c’entra nulla con gli Otocioni (al di fuori del suo legame col nostro chitarrista) e che nemmanco s’interessa di musica (sì, esiste anche gente di tal fatta), ma che il suo unico interesse, al di là del suo lavoro di fabbro cimiteriale, è il tiro al piattello.
Lungi da me il disprezzare il povero ratto della Sabina, però. E’, a modo suo, un personaggio peculiare.
Intanto è nota in tutta la Sabina la sua lotta senza quartiere contro due stereotipi.
Uno è lo stigma di cui solitamente sono vittime i ratti: il termine “ratto” viene usato dagli umani con significato di “essere indegno, immondo, infido, infame” (tutti gli insulti cominciano per “i”, com’è?). Topo di fogna, si qualifica di solito un personaggio laido e meschino che tesse le sue trame nell’ombra puzzolente... Ebbene, proclama a gran voce Michelangelo Storace detto Er Pantegana, in primis io le cose le dico in faccia, se non mi vai a genio ti mollo anche un papagno – rigorosamente sul grugno, mai alle spalle -; e, in secundis (sì, non so com’è, ma parla pure latino), io sono pulitissimo e profumato. Anche troppo, talvolta: spesso i suoi concittadini lo apostrofano con la mitica frase “Ahò, a Pantegana, ma er profumo mica t'oooo se’ messo, ce se’ cascato drentro!”
L’altra missione nella vita di Michelangelo Storace è, a mio modo di vedere, ben più impegnativa. Er Pantegana è religiosissimo e non sopporta di essere escluso dalla comunità dei credenti solo perché omosessuale (“solo”, lo sbeffeggia Martino il rabbino, "ti paresse poco"). Pretende di fare la Comunione, di partecipare alle sacre rappresentazioni (nell’ultima stava vicino al bue e all’asinello, tra lo sconcerto degli astanti) e di portare il Crocefisso alle processioni. Dice che Nostro Signore non ha escluso nessuna delle sue pecorelle (“E se cce stanno le pecorelle, perché nun ce devo da sta’ io?” ha concluso sagace). E’ stata una dura lotta col parroco del paese, il quale, dopo lunghe, estenuanti e bizantine trattative, con sofismi degni della Kabbalah, ragionamenti capziosi e cavilli levantini, è stato convinto dal ratto a permettergli di esibirsi come crocifero alla processione del Corpus Domini. Michelangelo ha inseguito il sacerdote brandendo una croce di ferro alta due metri e che pesava quaranta chili, con riccioli, cartiglio e complicate incisioni (fatta da lui a bottega, of course) e l'ha calata a mo’ di mazza ferrata sul cranio del religioso, apostrofandolo con parole alate. “Si so’ frocio so’ cazzi mia!!!”, ululava (l'eleganza sulle ali di una farfalla), Te nun ci hai la carità cristiana!!!” e giù una crociata. “Gesù ha cacciato li mercanti dar tempio, mica li finocchi, daje!”,Te devi da esse er primo a dimostrà l’amore e la solidarietà pe’ lle creature de Dio!!!” e giù saracche stratosferiche con la croce, che stava cominciano a somigliare ad un’antenna televisiva dopo il passaggio dell'uragano Katrina.
Dette raffinate argomentazioni teologiche hanno persuaso il prete a consentirgli una molto limitata attività all'interno della locale parrocchia...

domenica 7 settembre 2008

Lutto e melancolia

Pessimismo e fastidio. Orrore e disgusto. Mutismo e rassegnazione. E via con le coppie di sostantivi… La depressione è una brutta bestia. Non c’è più piacere nel fare le cose, anche quelle che prima t’interessavano. Anedonia, si chiama: privazione di piacere.
Annibale Bellassai detto Scubidù tenta di risollevare l’umore di Asiak portandola a feste (fa fare anche a lei la stola di pelliccia animalista), a sagre o a concerti, ma rimane frustrato perché vede che non serve a niente (se non fa peggio, dico io: Asiak vede che tutti si divertono e si sente ancor più estranea e impaurita).
I pensieri dei depressi girano attorno alla colpa e all’auto-svalutazione. Si sentono indegni e ruminano su errori commessi in passato. Spesso si sentono i soli responsabili della sofferenza del mondo. Asiak, come già detto, si sente in colpa (e un po’ di ragione ce l’ha, penso io; ma ormai è andata…)
Il furetto la porta al ristorante e lei mangia pochissimo; la conduce a passeggio e lei dopo dieci minuti si stanca; si deve portare dietro una scorta di aspirine perché ha sempre mal di testa.
Io gli dico che deve starle vicina, ma deve avere pazienza. E soprattutto, non pretendere di essere il suo salvatore.
Asiak si è animata un poco quando ha ricevuto la telefonata di Lucy K. K., un’altra del branchetto di cinque visoni che ha assassinato Miranda Vescovo. Lucy K. K. non è depressa, anzi. E’ ben contenta di aver accoppato l’allevatrice. Ammette che non è una bella cosa (“Sì, è maleducazione”, ha ironizzato Tarquinius), ma che non potevano fare altro. Assertività, le dico io? Assertività di che? Che cosa dovevano fare, mi ribatte Lucy, andare dal maresciallo dei Carabinieri e denunciare l’allevatrice di visoni? Le pellicce di visone mica sono proibite dalla legge, anzi, ci sono fior di pubblicità in TV e sulle riviste…
Lutto e melanconia. Io ho cercato di spiegare a Scubidù che Asiak mi pare vittima del lutto, più che della depressione. Il dottor Freud diceva che è normale che uno che ha subito una perdita stia male. Se ti muore qualcuno, se vieni licenziato, se vieni lasciato dal tuo partner, se perdi un amico, ovviamente ne soffri; e questo è il lutto. La depressione invece sembra inderivabile. Apparentemente non c’è motivo per cui tu debba star male. Tanto che spesso i genitori o gli amici ti fanno notare che non ti manca niente, che ti devi scuotere, che devi muovere il culo e andare a lavorare e piacevolezze simili (così che non prendono sul serio la tua sofferenza o la attribuiscono alla mancanza di volontà; ma se ti manca la volontà mica ci hai colpa tu, per la miseria!). Nella depressione (= la melanconia) predomina la mancanza d’autostima e la cosa che hai perduto non è reale ed esterna, ma emozionale. Tu ti identifichi con un oggetto perduto e provi rabbia verso te stesso, tanto che a volte prendi in considerazione l'idea del suicidio…
Scubidù però dice che Asiak si sente incapace, perché pensa che avrebbe dovuto tener testa alla pellicciaia, invece di subire per mesi e poi accoltellarla.
In tutti i modi, Lucy K. K. è venuta a trovarla (si era nascosta nella colonia felina di Largo Torre Argentina e cercava di farsi passare per un persiano cipria) e hanno parlato dell’arte-terapia. Lucy K. K. si è mostrata scettica: Asiak, ha detto, è già un’artista, fa i vestiti! E poi per la danza non è mai stata troppo portata (“Io invece sì, quando vivevo in Canada ballavo il tango” ha detto. “Allora sei una tanghera” ha ghignato Tarquinius).
Caso mai, potrebbe provare a dipingere…
Ad Asiak l'idea è piaciuta e subito Ibadeth le ha comperato un set di pastelli e album.

venerdì 5 settembre 2008

Arte-terapia

Asiak è depressa. Ma di brutto. Vive provvisoriamente a casa di Ibadeth e Tarquinius e passa le sue giornate a letto. Quando è di buon umore si alza e confeziona abiti con gli scampoli che le porta la Mamma. Ha già fatto due abiti da sera per Ibadeth, uno blu cangiante e uno viola marezzato (se scuoti la stoffa, sembra un tramonto, passa dal viola all’arancione al color bronzo al rosa). Ibadeth li ha indossati per due serate alle sagre coi Licaoni e ha fatto un figurone. “Ho fatto la mia porca figura” ripeteva, soddisfatta. Asiak stava in un angolo e beveva succo di frutta con whisky. Buono, peraltro. Ma lei diceva di sentirsi uno straccio dalla sera in cui, con altri visoni, ha assassinato l’allevatrice di Civitella Plestina e si confidava col furetto Annibale Bellassai, detto Scubidù, che la va a trovare spesso. Dice che si sente in colpa (e ci credo), che l’allevatrice l’ha fatta sentire un cencio, che la sua vita è rovinata (mai come quella dell’allevatrice, ho pensato io, ma non l’ho detto; anche se penso che poteva trovare un altro modo per risolvere la faccenda, ma non ho detto neanche questo). Dice che la mattina, quando apre gli occhi, si sente così infelice che l’unica cosa che vorrebbe è una corda e un pezzo di sapone (“Per farci che?", ha domandato innocente Ibadeth; Tarquinius le ha mollato uno scappellotto e ha ironizzato “Per intrecciare stuoie e amache, però ben pulite, sai, Asiak è un tipo che ci tiene all’igiene…”). Dice che sente che non è finita, che ha l’impressione di una disgrazia incombente; che nessuno le vuole bene, che l’unica cosa che vogliono da lei è il suo pelo dorato per farci trenta centimetri di pelliccia. E spesso non si alza; se si alza, va in cucina, prende un vasetto di yoghurt e rimane lì, vicino al lavello, a guardare la sua immagine zigrinata sull’acciaio e a sentire lo yoghurt che diventa sempre più tiepido. Stupor melancholicus, ho detto io.
Arte-terapia, ci vuole” ha sentenziato Scubidù. “Danza-terapia! Far emergere ricordi nascosti nel profondo!
Ma magari ce li avessi nascosti nel profondo, io le cose me le vorrei scordare” ha ribattuto Asiak.
Allora devi scendere nel profondo fino al trauma e portarlo fuori da te” ha decretato il furetto. “Devi esprimere con il movimento tutte le emozioni che la musica ti procura e recuperare la spontaneità!
Mio fratello Edoardo, l’avvocato, ha chiesto a Scubidù chi è che gli vende la roba, perché, secondo lui, non gli hanno dato un prodotto di qualità; ma Edoardo, si sa, è malpensante.

giovedì 4 settembre 2008

Una storiella sboccacciata e una canzone d'amore


martino sull'ottomana
Inserito originariamente da susannucciauccia

Mio fratello Martino, il rabbino (che vedete in foto, sull’ottomana, mentre si prepara ad officiare un qualche rito), non ha di solito molto a che fare con Maysa la lince (salvo quando va a fare delle analisi). Tuttavia il rapporto è conflittuale: un po’ perché Martino è ebreo e Maysa è musulmana – quando le gira bene, perché se le girano gli zibidei si dice cristiano-maronita -, un altro po’ perché la malefica lince bellydancer si diverte a provocarlo, traendone vieppiù goduria se vede che riesce a farlo incazzare (e non ci vuol molto, Martinello è assai nervoso). Tuttavia l'altra sera, dopo un pomeriggio di prove con gli Otocioni, a cena da Baedyn il vombato, gli ha raccontato una storiella, che se aveva lo scopo di farlo imbufalire, stavolta ha fallito miseramente.
Allora, Martinello, c’era un giovane prete che era stato assunto da poco in parrocchia ed era stato messo alle Confessioni, però era fresco di studi e non ancora esperto, per cui non si ricordava mai quanti Pater-Ave-Gloria doveva distribuire per ogni peccato. Allora che s’inventa? Si era fatto una rubrica, e per ogni lettera ci scriveva la lista dei peccati e la pena corrispondente…te lo immagini? Alla A…”
Ti ci voglio, a inventarti un peccato per ogni lettera dell’alfabeto” ha sghignazzato Tina la piovra.
Guarda, bella, se voglio te ne misuro anche dieci per lettera. Vediamo… A: abigeato!”
“E cche dè?
” ha brontolato Michelangelo Storace, detto er Pantegana, il ratto gay fidanzato di Fulgenzio Planciade Dixit (il panda rosso alla chitarra solista).
Furto di bestiame, credo” ha risposto Martino.
Sì, perché secondo te uno prima si ciula le pecore e poi va in chiesa a rifischiarlo al prete, ma faciteme o’ piacere!”
E che, no? Ti freghi un paio d’armenti, poi sopravviene il rimorso…Va be’, abigeato, poi B…”
Burinaggine” ha proposto Jerry l’otocione.
Bastonare il vicino” ha rilanciato Tina. "Che può essere cosa buona e giusta".
C: coglioneria, cornificazione, cacare per strada… D :ddd…derubare le vecchiette, dddddrogarsi…”
Sto fino, io, allora” ha bofonchiato Kevin l’oritteropo.
Tu stai fino a prescindere… “ ha precisato Tina.
E: evirazione… perché vi mettete tutti le mani davanti, voi maschi? F: fottere, fregare, falsificare… Beh, insomma, per farla corta, il baby-prete ci aveva una rubrica siffatta e, quando gli capitava qualche peccato inconsueto se l’andava a consultare furtivamente nel buio del confessionale. Sicché, capita un contadino.’Padre, beneditemi perché ho peccato’. ‘Cosa ti turba, figliolo?’’Ah, padre, sono colpevole di ...abigeato’”
“Arieccolo!”
ha sghignazzato Fulgenzio Planciade.
’Ooh, figliolo, è un delitto grave, l’abigeato…’ e intanto sfoglia vorticosamente la rubrica … abigeato, abigeato… ‘Medita sulla gravità del delitto, figliolo!’ Abigeato, abigeato… 'E’ grave crimine rinnegare la propria fede… Ah, no, questa è l’apostasia… Eccolo! Abigeato! Furto di bestiame! Dicevo, è grave delitto contro la proprietà e turba la natura del rapporto con le nostre sorelle pecore…’ ‘Veramente, padre, ho fregato anche tre mucche’ ‘Pure peggio! Quindici Pater, dieci ave e un Gloria… no, due Gloria, uno per le pecore e uno per le mucche'
Mi pare equo” ha commentato Jerry.
Spedisce via il ladro di pecore e arriva una ragazzina. ‘Ah, padre, ho fatto un … un...come dire? Un servizio…” “E’ giusto essere servizievoli, figliola. Lo ha detto anche San Trovaso nel Discorso ai Sulammiti…' 'Ma no, che ha capito? insomma, ho fatto un… pompino al mio ragazzo' 'Che avresti fatto?!?...' 'Un pompino, padre, un pompino!'
' Aaaah, certo, un pompino, sicuro. Medita, figliola cara, medita sulla gravità del tuo agire' e intanto gira freneticamente le pagine della rubrica, Pompino… non c’è, sarà sotto Bocchino… 'Rifletti, figliola, sul tuo comportamento da ragazza un po’ tro…. un po’ troppo fiduciosa nell’altrui bontà… ' 'E’ vero, padre, lei mi ha capito subito, sono troppo fiduciosa!' ‘Bocchino… no, sotto bocchino non c’è, Maremma cane, sarà sotto Fellatio… ‘Medita, figliola, medita’ ‘Sto meditando, padre! Mi sto consumando la corteccia parietale a furia di meditare’ ‘ Niente neanche sotto Fellatio, vediamo se c’è sotto Mugolone… macché, sarà sotto rapporto orale… mamanco... Eccheccappero, bisogna che vada a documentarmi, se no sai che figura di melma… Tu, intanto, pecorella smarrita, prega e sta’ attenta a non farti beccare dal tizio di prima che le pecore se le inquatta… Prega, figliola, prega’. E mentre la ragazzina sta lì inginocchiata e prega ferocemente, lui sguscia fuori dall’altra parte e striscia ratto – scusa, Michelangelo - nell’oscurità della navata di destra. In quella vede entrare in chiesa il Vescovo, allora gli corre incontro e gli sussurra: ’Eccellenza… quanto per un pompino?’ E il prelato, austero, gli bisbiglia: 'Se fatto bene, cinquanta euro!!!'
Ahò, e mo’ t’ho ddetto!” ha riso Michelangelo er Pantegana, mentre dalla tavola si levava un urlo d'orrore collettivo e un piatto sfiorava l’orecchio sinistro di Maysa, che lo schivava con un perfetto contro-cammello. Anche Martino ha riso, facendo notare a Maysa che lui non era offeso in quanto non aveva dubbi, sulla talora scarsa moralità di certo clero… Lui del resto è un rabbino, mica un prete.
Ma non ci sono i rabbini pedofili?” ha voluto sapere Jerry.
Qualcuno ce n’è, anche lì” ha ammesso mio fratello. Quindi , terminata la cena, abbiamo riprovato il nuovo pezzo raga-rock scritto da Jerry, una bollente storia d’amore, dal titolo “Pensi di chiudere?”



Pensi di chiudere?
(di Von Strohmenger-Gebratmaryam)

Sei al telefono.
Mi parli. Parli con me, tu.
Sì, parli con me, tu.
Ti dico:
“Pensi di chiudere?”
Mi dici:
“Penso di chiudere”
Mi domando e dico
perché tu pensi di chiudere.
Perché dovresti chiudere?
Eppure non mi sembra d’averti detto
qualcosa di imperfetto.
Forse è perché ti ho ricordato
di chiudere?
Tu mi hai detto:
“Penso di chiudere”
Io t’ho detto:
“Perché pensi di chiudere?”
Tu pensi di chiudere.

mercoledì 3 settembre 2008

Di veli, rotatorie e lucertole


rotonda urbino2
Inserito originariamente da susannucciauccia

No, non me la sento. Non me la sento davvero di coniare un nuovo e orrendo termine.
Quest’estate ho sentito la parola “benaltrismo” (ad indicare l’atteggiamento di coloro i quali disprezzano un suggerimento altrui sostenendo che i problemi “sono ben altri”; talvolta il benaltrismo scatta quando non si sa come obiettare sensatamente a una proposta). Giacché ogni volta che la sento il mio pelo schizza in tutte le direzioni stabilite dalla rosa dei venti e anche in qualcheduna inventata da me, non conierò il termine “lucertolismo”.
No, non lo farò.
L’altro giorno ero con i miei fratelli avvocati, Megalo ed Edoardo, in una vineria sperduta del centro storico. Io e Megalo stavamo bevendo una coppa di vino di visciole di Pergola (ce l’ha portato una sera Arturo, il nostro amico dottore, e da quella sera ha creato due mostri). Edoardo che, poverino, campa con mezzo lobo epatico, beveva del sidro annacquato con la minerale. [Ricordo al popolo che Edoardo è fascista e Megalo è comunista, per cui non vi dico altro]. Megalo mostrava le nuove foto di rotatorie ed Edoardo, ormai forse per sfinimento, si comincia ad appassionare al gioco e ne ha portata una pure lui, scattata ad Urbino, figurarsi). Ad un certo punto è passata una ragazza musulmana con un bel velo azzurro; appena la fanciulla è stata fuori vista, il malefico fascistaccio si è scatenato in perfidi commenti e battute acide. Megalo non si è tirata indietro, e ha cominciato a ribattergli con un certo accanimento (che, per un gatto, dà la misura della sua indignazione). Io li sono stata a sentire per un quarto d’ora, poi mi sono scassata le balle e gli ho detto che erano ridicoli, tutti e due.
Dunque, Edoardo è fascista, giusto? Stando così le cose, non dovrebbe essere femminista, dovrebbe pensare che le donne hanno un loro ruolo nella società che non è uguale a quello dell’uomo (anche se egualmente importante, concludono essi di solito, ipocritamente). Ciò non pertanto, pur di dar contro ai musulmani diventa improvvisamente femminista, sostiene il diritto delle donne di girare come credono, di lavorare, di essere indipendenti dall’uomo e così via.
Dunque, Megalo è comunista, vero? Di solito la sinistra è favorevole all’emancipazione della donna, ha lottato per decenni con i radicali per ottenere cose sacrosante come la legge sul divorzio, quella sull’aborto, il diritto al voto, allo studio, all’eguale retribuzione e via dicendo. Però io stessa ho sentito Megalo con le mie vaste orecchie difendere il velo delle musulmane e talora anche il burqa! (che sono due cose diverse, lo so), sostenendo che è un simbolo di libertà per la donna, perché così essa non viene valutata per il suo aspetto fisico, ma per la sua intelligenza e bravura! Ma faciteme o' piacere! E allora perché gli uomini musulmani non vanno in giro col burnus e con la djellaba, ma circolano come cavolo gli pare? ho obiettato io. Eppure la comunista Megalo, pur di difendere i musulmani qualsiasi cosa facciano (dato che sono contro gli ebrei, i quali sono alleati degli americani), sposa delle teorie che, a mio modo di vedere, sono francamente inaccettabili.
In pratica, tutti e due rinunciano ad un pezzo della loro ideologia per far dispetto a quella avversaria.
Mi sembrano le lucertole (di qui il lucertolismo), che quando si trovano in difficoltà si mutilano di un pezzo di sé e lo lasciano in mano all’aggressore per battersela.

Io lo dico francamente: sono una gatta di sinistra, al burqa sono contrarissima, sul velo sono blandamente critica perché mi ricorda l’epoca in cui le donne italiane uscivano solo per andare a messa, con la gonna spessa a metà polpaccio e con lo scialle in testa. In ogni caso, lo rispetto; penso che sovente il velo non sia tanto un’esigenza di tipo religioso, quanto un segno di riconoscimento, un’orgogliosa rivendicazione di diversità di chi si trova in terra straniera… il che indica che forse talune donne musulmane non si trovano a loro agio nella nostra terra (e, dopo le sparate del governo fascista, non so manco dargli torto…).