martedì 24 dicembre 2013

Auguri buonisti



E' bello vedere operai su autoscale affaccendarsi attorno alle luminarie natalizie - anche se sempre di meno, negli anni. Un arco luminoso di stelle comete; tanti uomini e tanti mezzi tutti per una lucente illusione, una via ed una piazza illuminate da campane d'oro e candele rosse.
E' bello perché sembra non ci sia l'urgenza del cibo, della difesa dai predatori.
 
Ma altrove?
Altrove non hanno luminarie.
Altrove non hanno autoscale.
Altrove non hanno.
 
Buone Feste, amici.

sabato 2 novembre 2013

Addio a tutti


Per sempre? Non so,



 
ma è probabile.

giovedì 31 ottobre 2013

La curiosa storia del cane animalista

                                           

Per le vacanze di Ognissanti io e Tarquinius, con Asiak e Scubidù, siamo venuti a Ferrara, a passare qualche giorno presso l'agriturismo "Mondo Cane", gestito da Leonardo Drago, detto Drake, un setter irlandese amico della nutria ferrarese Agenore Antenore Balboni Tumiati (bieco fotografo del TG3).
 
Drake (che vedete nella foto a fianco) è il proprietario di un'azienda agricola che, nei pressi di una frazione di Vigarano Mainarda, ridente (?) comune del ferrarese, produce la cosiddetta zucca violina, l'ingrediente principe di tanti piatti della cucina estense, in primis i famosi cappellacci alla zucca (chiamati tortelli nel mantovano...).

"La zucca" ci ha spiegato Drake "fa parte della famiglia delle Cucurbitacee ed è molto varia per forma, fusto, colore e dimensioni del frutto e del seme. Ha una polpa poco calorica in quanto contiene un’alta concentrazione di acqua e una bassissima concentrazione di zuccheri. E’ inoltre ricca di fibre, di vitamina A e C e di betacarotene e contiene parecchi minerali (potassio, fosforo, calcio....).  Noi qui chiamiamo questo particolare tipo 'zucca violina' per la sua particolare forma, come potete vedere. La usiamo parecchio, nella cucina ferrarese, oltre ai fiori di zucca e ai semi salati, che si mangiano in tutta Italia. Da noi può essere cucinata come ripieno dei cappellacci, per il risotto, al vapore, al forno... Va molto d'accordo anche con il burro, gli spinaci, i formaggi, i funghi e i tartufi...."
 

 "Da leccarsi le orecchie!" ha esclamato Tarquinius, notoriamente sfondo. Drake ha sorriso e io ho ripensato alla storia che ci ha raccontato la nutria, prima di venire qui. Ha cominciato abbastanza male, povero Drake. Selezionato in un allevamento di setter irlandesi come cane da caccia, il poveretto è stato acquistato da un club di cacciatori che intendeva usarlo ovviamente per acciuffare la selvaggina. Peccato che Drake sia un cane vegetariano ed animalista, assolutamente contrario alla caccia. Il setter è normalmente una bestia dal sistema nervoso molto sensibile,  che ha bisogno di calma, dolcezza e pazienza e non tollera le maniere forti o il nervosismo; Drake oltre tutto possiede queste qualità in maniera superiore al normale. Sicché i cacciatori, vedendo che non solo non cacciava la selvaggina, ma che financo la avvertiva del loro arrivo acciocché s'involasse (una mattina lo hanno beccato mentre mandava un SMS ad una famiglia di fagiani suoi amici), prima lo hanno picchiato, poi, stremati dalla sua resistenza passiva (della serie Mi fa un baffo a me il Mahatma Gandhi), lo hanno abbandonato in un rifugio del pistoiese, dal quale è stato salvato, entrando a far parte di una famiglia affettuosa e più comprensiva....

lunedì 28 ottobre 2013

Sweet sweet way

E' mia convinzione che la giovane Diana non dimenticherà tanto facilmente l'odierna edizione di Eurochocolate.
Già la manifestazione non la entusiasmava, ma la piccolissima Alice le aveva smerigliato i cabbasisi per farcisi condurre e Diana aveva ceduto per sfinimento. Giunti nei pressi del Corso Vannucci, dopo un quarto d'ora di sfracassamento degli zibidei onde farsi comperare un pupazzo a grandezza naturale di Peppa Pig vestita da ufficiale degli Ustascia, Alice aveva preteso di assistere alla scultura di una enorme statua di cioccolato che riproduceva le fattezze della mitica Hello Kitty.
 
Nella mischia che ne seguiva al fine di accaparrarsi un minuscolo pezzo di cioccolato - oltre tutto pestato e ciancicato dalle calzature degli astanti - Alice era stata travolta da tre naziskin, un montanaro umbro e due cingalesi che si contendevano tre etti di scaglie di cioccolato. Diana, accorsa al salvataggio, si infilava sotto una selva inestricabile di piedi calzati da stivaloni e scarpe col tacco 12 per estrarne la minuscola Alice piena di lividi e appiccicosa di cacao; riusciva nel suo scopo, ma con un vistoso occhio nero.
 

L'abbiamo condotta dal veterinario, che le ha riscontrato una brutta ulcerazione all'occhio sinistro. Le ha pertanto cucito la terza palpebra e le ha prescritto quindici giorni di gocce (Abinac, Stilbiotic e Visumidriatic), oltre ad una robusta cura antibiotica. In più, le ha inflitto il collare elisabettiano... cosa che la manda in bestia (posto che un gatto possa andare in bestia più di quanto non sia).
Inutile aggiungere che i sui sentimenti verso Eurochocolate si sono arricchiti di una certa sfumatura astiosa.
 

domenica 20 ottobre 2013

Dolce sentire


                                                          (Diana che si prepara ad uscire)
 
Diana non è entusiasta di Eurochocolate.
Non è che sia una di quei perugini - tanti - che brontolano contro qualsiasi manifestazione turbi il loro sonnolento borgo (Eurochocolate, Umbria Jazz e quant'altro); ma ogni tanto è dubitosa sul gran valore culturale della manifestazione. Certo, dice che serve a fare cassa ed anche a vivacizzare le vie del triste centro storico (ultimamente vivacizzato da scippi, risse e spaccio di materiale assortito), ma si domanda, ogni tanto, quale sia il ritorno culturale della kermesse e finora non ha trovato risposta.
Per questo non è stata proprio entusiasta quando stamattina la piccola Alice ha stampato una sceneggiata condita da pietosi piagnistei affinché Diana la portasse in centro a vedere Eurochocolate, e, segnatamente, a piazzarsi sotto il grande blocco di cioccolata che viene ogni anno scolpito in forma di statue dal dubbio valore estetico (e dal disprezzo verso la miseria, penso io). Non perché voglia ammirare l'orrore sesquipedale che ne sortirà, sibbene per raccogliere, con la sua velocissima e chilometrica linguolina, i frammenti di cioccolata che schizzano per terra e vengono calpestati dagli astanti attoniti. Alice è, infatti, golosissima di dolci e non di rado distrugge scatole di biscotti incautamente lasciate sui tavoli per divorarsene il contenuto, con grande spargimento di briciole, zucchero e vaniglia, da cui la piccola è dipendente.
Mah.
 

venerdì 30 agosto 2013

Centro benessere?

(la camera di Diana e Alice alla Sorgente Smandrappata)
 
Vacanze in centro benessere, avevano deciso Diana e Alice. Facciamoci una botta di vita, prima che ricominci la scuola (l'Università per Diana, la scuola elementare per la piccola Alice). Andiamo in una spa. Non lontana da qui, non ci vogliamo stressare con lunghi viaggi sulla vecchia Seicento di Dianuzza.
Detto e fatto. Il Centro Olistico Sorgente Smandrappata le ha accolte per una settimana, con i suoi bagni di melma, le sue tisane di Datura stramonium, i suoi massaggi col breccino, le sue terapie a base di bagni di vento e abbraccio di alberi, la sua cucina alternativa a base di pluri-ball ammollato nell'aceto (balsamico, però), il silenzio delle sue notti stellate con i generatori accesi a tutto spiano dietro la finestra della loro camera,  vicino alla quale trovavasi anche il Centro di collaudo dei trattori Same.
 
Sono state ben felici di tornare a casa, e il piacere che hanno provato al loro ritorno le ha convinte che una settimana al Centro benessere ci vuole per tutti.
 
 
                                                                         Diana

mercoledì 14 agosto 2013

Il pesce shakerato


Chi arriva e chi parte.
Arrivano Diana e Alice, reduci da una settimana in un agriturismo alternativo.
 
                                                                        (Alice)
 
Partono il ratto laziale Michelangelo Storace e il suo fidanzato, il panda rosso Fulgenzio Planciade Dixit, membro della rock band Gli Otocioni. Michelangelo è stato ingaggiato da un gruppo teatrale cattolico  di Casino di Terra, per cantare e recitare nell'opera mozartiana Il ratto del serraglio. Lui, ovviamente, fa il ratto.
 
                                   (il manifesto di una delle esibizioni religiose del ratto laziale)
 
Partono il Bimbo e la Bimba per la costa tirrenica, impegnati, come ogni anno ad esibirsi nei locali toscani che ancora credono che lui sia il cuoco francese Le Bimb e lei la sua assistente. Del resto, se c'è ancora gente che crede che Berlusconi sia innocente, ha ragionato il Bimbo... Hanno caricato tutti i ferri del loro mestiere su una scassata motocarrozzetta che la Bimba affabula di aver comprato (???) da un profugo siriano di Lampedusa che se la era portata nel barcone - il quale è ovviamente affondato a due metri dalla costa, senza nessuna vittima, Insciallah.
 
 
La specialità dell'estate 2013, che a sentire Le Bimb furoreggerà su tutte le coste italiche. è il pesce shakerato. Il verbo 'furoreggiare' sembra essere adeguato, nel senso che secondo Tarquinius provocherà il furore degli incauti clienti di bettole ed osterie maremmane...

mercoledì 10 luglio 2013

Un saluto dai tetti


"Una volta, da ragazza, mi trovavo in vacanza a Malta con la mia famiglia" ci ha raccontato ieri Maysa la lince, mentre stavamo bevendo del vino fresco al locale sul Lago Screanzato. "I miei genitori avevano preso in affitto un mini appartamento all'ultimo piano di un palazzo mezzo fatiscente, e sopra c'era una terrazza dalla quale si vedeva il Mediterraneo e i tetti della città. A me piaceva guardare quella marea di terrazze, terrazzine, panni stesi che ondeggiavano al vento del mare, antenne televisive, scalette, condizionatori d'aria e campanili. Stavo spesso sulla terrazza con le mie sorelle a guardare la distesa della città - Malta è praticamente tutta una città - e un pomeriggio, mentre bevevamo un thè ghiacciato, ci sentiamo chiamare. La voce veniva dai tetti e si rivolgeva proprio a noi, dato che ci chiamava con i nostri nomi di battesimo... 'Maysa! Souad! Shadi!!!...' Souad era il nome di mia madre..."
Cipriana ci ha portato una bottiglia di Kabir fresco e il marito di Maysa, il pondenco Ramòn Llull Costa i Llobera, ce lo ha versato nei calici. Fuggevolmente ho ripensato a Susanna.
"Mia madre si è alzata e si è messa a scrutare l'orizzonte per capire da dove provenisse la voce. Veniva da una terrazza lontana e, alla fine, siamo riusciti a scorgere una sagoma in mezzo a una fila  di panni stesi che si agitavano. 'Souad!!! Sono lo zio Shawzi!!!' 'Zio!!!!' ha urlato mia madre. 'Zio!!! Sei riuscito a scappare!!!'... Dovete sapere che a Beirut, all'epoca, c'era la guerra civile e chi poteva prendeva tutti i suoi stracci e fuggiva....  'E la zia Iyad?' 'E' con me, siamo arrivati oggi! C'è anche Latif!' Mia madre e mio zio hanno continuato a chiacchierare per qualche minuto a urli dai tetti, poi si sono salutati"
"E poi, vi siete visti" ha affermato Tarquinius. La lince ha bevuto un sorso di vino bianco e ha scosso la testa.
"No" ha risposto. "Non li abbiamo più visti"
"Come no? Non siete andati a cercarli, per incontrarvi?"
"No, e come facevamo? Magari avessimo potuto. Ma mica c'erano i cellulari, all'epoca. Avremmo dovuto sperare di incontrarli casualmente per strada, perché non eravamo in grado di capire da quale terrazza ci chiamassero. La città era grande e sovraffollata, dove andavamo a beccarli? No, non siamo riusciti a capire da dove venisse la voce dello zio, e non li abbiamo più incontrati. Adesso lo zio e la zia sono morti, e mio cugino Latif non so dove sia..."
 
 
 
(veduta del lago Screanzato)
 

lunedì 24 giugno 2013

Una cena sul lago Screanzato e uno spettacolo imprevisto


Questo è il ristorante.
Non lasciatevi ingannare dall'aspetto dimesso: non hanno un gran repertorio, ma si mangia bene, è pulito, non si spende molto e, soprattutto, ha una splendida vista sul lago Screanzato.
Ci siamo andati sabato sera io, Tarquinius, Arturo il soriano ragioniere e la sua compagna, la visoncina cipria Lucy K.K.
Non era la prima volta, per noi; Lucy l'ha scoperto anni fa, ci siamo andati attirati dai piatti vegetariani, ma ogni volta che ci si va si trova un menu diverso. Sabato sera regnava il pesce di lago: gamberetti, smitruffole e cristabilli del lago Screanzato, per cui abbiamo preso un risotto al pesce di lago, tortino di fagiolina accompagnato da una salsina di fratapompi  e una brocca di fresco vino bianco "Sorgente dello Screanzato Amor".
I proprietari del ristorantino sono due nutrie, si chiamano Cipriana e Rotari, servono ai tavoli con nonchalance e con un fare apparentemente trasandato. I tavoli e le sedie sono tutti diversi, per non parlare della cosiddetta cristalleria: piatti e bicchieri che più scompagnati non si può. Ma la presentazione delle pietanze è assai curata.
Sabato c'è stato anche un pietoso spettacolino - e credo che Rotari e Cipriana ne avrebbero fatto volentieri a meno.
Eravamo seduti sulla terrazza accanto alla balaustra laterale, con vista su una piccola e lercia officina di riparazione barche e su una casa semi-diroccata più in là. Nel cortile della casa, ingombro di reti, barche rovesciate e materiale di risulta, erano stati sistemati sotto i tigli  un tavolo di legno con panche e un barbecue, che tre bracchi in vari stadi di allegria etilica stavano tentando di ravvivare (peccato che, quando lo ravvivavano, ci buttavano subito sopra ciocchi di legna che soffocavano il fuoco... e lì grasse e rauche risate, attingendo generosamente da una "dama umbra" piena di un vinaccio non identificato). Uno dei tre a un certo punto, mentre gli altri si rivolgevano berciando agli avventori del ristorante per chiedere se desse fastidio il fumo, urla "Vedrè quanto ce divertimo, quand'arivon le maiale!!!"
"Andiamo bene!" sussurra Tarquinius, "Compagnia scelta" rintuzza Lucy K.K.
Dopo un po' le maiale sono arrivate. Si trattava in verità di due belle straniere con una bimba, credo fossero tre manguste, accolte subito dal più sbronzo dei bracchi con le cordiali parole" Ooooh, ecco finalmente le zoccole!!!"  Meno suscettibili di me, le tre signore o signorine non battono ciglio e si sono unite alla brigata, mantenendo però un modo di fare un tantino più sobrio. Nel frattempo, Rotari li guardava dalla terrazza con espressione vagamente inquieta, scuotendo la testa.
 

 
 
Il barbecue, intanto, ardeva allegramente nel crepuscolo, mentre il sole calava con molta calma, disegnando strisce rosate sulla superficie ferma del lago. Ogni tanto si vedeva una mangusta che veniva a mettere sul barbecue un panino farcito di porchetta, ma a parte questo, non si capiva a cosa dovesse servire il fuoco: ci saremmo aspettati che comparissero costolette, salsicce, fegatelli e cose simili, ma niente di tutto ciò è stato messo sulla graticola.
Ad un tratto, un urlo selvaggio squarcia la tranquillità della sera: la più bella delle tre straniere esce a razzo dal retro della casa, inseguita da uno dei bracchi, ed urla "Ti odioooooooooo!!!! Non voglio vederti mai più!!!! Vai a fare in culooooooooooooooooo!!!!" e sparisce, mentre il bracco rideva sguaiatamente, raggiunto in seguito dagli altri, che ridevano più di lui.
Ad un certo punto sono scomparsi tutti. Il barbecue è rimasto lì, a bruciare solitario. "Speriamo che non dia fuoco alle latte di benzina dell'officina" ha bofonchiato Tarquinius. Lucy K.K. guardava pensierosa il fuoco che ondeggiava sotto i tigli e si spegneva lentamente; io pensavo che quelle risate mi parevano nascondere una profonda disperazione.
Più tardi è arrivato un anziano, che ha guardato il braciere, poi si è avvicinato al tavolo e ha cominciato a portar via quello che era rimasto del pane, della porchetta e del vino.
 
 

 
(veduta del Lago Screanzato)

mercoledì 19 giugno 2013

Assertività ed orgoglio

Stamattina Tarquinius mi ha chiesto perché mai io (e Susanna prima di me) ami tanto i mini-misteri. Perché se fossero grandi mi farebbero paura, gli ho risposto io.
Lui ha detto che gli pare che alla gente facciano paura anche quelli piccoli, perché pensa che molte volte basterebbe chiedere per svelare l'arcano. Ma la gente non chiede, va avanti anni a domandarsi perché sia successa una cosa, ma non cerca mai di chiarire la cosa con gli interessati.
La tua amica Fabia, ad esempio: perché non ha più telefonato al Saltafossi per chiedergli lumi?
 
Probabilmente Tarquinius ha ragione. Anni fa frequentavo un gruppo di gente di una nota associazione di volontariato. Andavamo assieme in gita, in pizzeria, a fare passeggiate, al cinema. Ci vedevamo spesso, era un bel periodo, stavo bene con loro.
Un giorno un giovane della compagnia portò seco un amico d'infanzia. Lo avevo conosciuto anche io: era un tipo simpatico, che però amava metter male, riferiva pettegolezzi inventati, litigava per ragioni incomprensibili. Si chiamava Armando. Anni prima aveva interrotto i rapporti con me e con Tarquinius, allora fidanzati, perché diceva di non sopportare il fatto che stessimo sempre insieme e ci difendessimo l'un l'altro.
Il che, per due fidanzati, non mi pare strano, diciamo.
 
Uscì un paio di volte con il nostro gruppo, dopo di che Tarquinius ed io non fummo più invitati.
Fine del cinema, delle gite, delle passeggiate, delle cene in pizzeria.
Una ragazza del gruppo, tale Viola, una sera ci disse che non ci chiamavano più perché era Armando che non voleva. Aveva detto agli altri che, se avessero invitato noi, non dovevano chiamare lui. E Viola era molto seccata perché la compagnia aveva scelto lui.
Uno degli amici le aveva detto che io e Tarquinius eravamo una coppia e Armando era solo; era per questo che non se la sentivano di lasciarlo a casa.
 
Il fatto è che non li frequentammo più. Uno dei nostri amici si sposò e nemmeno ce lo disse; un altro si sposò ed adottò due figlioli; ma noi lo venimmo a sapere da terzi.
Tarquinius all'epoca mi disse di lasciarli perdere ed io feci così.
Ma ogni tanto mi chiedo se Armando - ora defunto - fosse la sola ragione.
Probabilmente no. Probabilmente questi amici già avevano qualcosa contro di noi, e la richiesta di Armando non fece che rafforzare l'antipatia che già provavano per noi. Solo che io non ne conosco la ragione.
Tarquinius dice che, se ci fosse stato qualcosa che non andava, gli amici avrebbero dovuto parlarne con noi, assertivamente. Dire "non ci va bene il vostro comportamento per il tale e per il talaltro motivo". Ma le gente di solito non lo fa. Preferisce chiudere senza spiegazioni.
Non ama fare processi né subirne.
Del resto, io mi arroccai nel mio orgoglio e non domandai mai spiegazioni a nessuno. Avrei fatto meglio a farlo?
 
                                                         (questa sono io, all'epoca dei fatti).
 

mercoledì 12 giugno 2013

Fabiamaria e il terreno fantasma


Anche Fabia, la gatta certosina che danza col nome di Aysel, si è detta disposta a contribuire alla serie dei mini-misteri inaugurata dalla povera Susanna.
Ricordo che Fabia si chiama Fabiamaria Baldoncini Bellaveglia e vive a Passignano sul Trasimeno, dove gestisce una latteria-yoghurteria. Ieri è venuta a trovarci con una torta gelato allo yoghurt e alle pesche, fatta dalle sue grigie manine, e ci ha narrato che un anno fa aveva ricevuto una telefonata poco chiara da tale Guerrino Saltafossi di Sanguineto (vicino Tuoro), che si era proclamato suo parente e le aveva fatto una proposta.
 
                                                            (veduta della torre di Sanguineto)
 
Il tale si era dichiarato un ragioniere impiegato preso una immobiliare locale e le aveva proposto di comperare, per la somma di euri seimila al metro quadro, un terreno che Fabia possedeva sulle rive del lago, non lontano dal raccordo autostradale, insomma, una pedata.
 
Per chi non è del luogo, si definisce pedata "... la parte dei terreni, che confinano con il Lago Trasimeno e alternativamente si trovano sommersi o emersi a seconda del crescere o decrescere del livello dell'acqua [ ...].  La pedata consisteva in un quadrato di terra con il lato di piedi dodici, ossia 144 piedi quadrati, ciò che costituiva un cospicuo patrimonio per estensione (circa 400-500 ettari) e ricco per la resa delle erbe palustri (cannucce, pagliola, giunco da fiscoli, cannellone, ecc.), più le altre erbe da foraggio e da strame."
 
Il tale Guerrino Saltafossi aveva continuato dicendosi quasi certo che la giovane Fabia non utilizzasse gran che questa sua piccola proprietà, che lui possedeva delle pedate confinanti e che riteneva di farle un'offerta congrua con la sua proposta di acquisto.
 
Senonché Fabia aveva dichiarato di non possedere alcunché sulle rive del lago (né da altre parti, volendo precisare).
Il Saltafossi aveva insistito. Fabia possedeva una pedata sulle rive del Trasimeno, presso Tuoro, proprietà che le derivava dall'eredità della nonna paterna, Isolina Baldoncini, deceduta verso la fine degli anni Dieci.
Fabia aveva ribattuto che l'unica eredità ricevuta dall'ava erano ventimila euro ed un anello con corallo. Del resto, se veramente avesse ricevuto un terreno in eredità, qualcuno avrebbe dovuto dirglielo, no? Sarebbe stata convocata da un notaio. Avrebbe dovuto firmare qualche documento. Ci avrebbe dovuto pagare le tasse. Insomma, in qualche modo ne sarebbe venuta a conoscenza. O no?
 
Il Saltafossi l'aveva invitata a consultare il catasto e aveva reiterato  la sua offerta d'acquisto.
 
Perplessa, Fabia aveva telefonato ad una sua zia, la quale la aveva messa in guardia nei confronti di Guerrino Saltafossi, che era effettivamente un loro parente, ma un po' losco, come dire; era effettivamente ragioniere, ma l'immobiliare presso cui lavorava era sempre la sua: nel senso che lavorava in casa, dove si occupava di tasse, 730, rendite catastali, IMU e piacevolezze simili. In tutti i modi, la zia le aveva confermato che la nonna Isolina aveva posseduto sì, delle pedate, ma che le aveva lasciate tutte in eredità a lei (la zia), che le aveva già vendute. E non certo a seimila euro il metro quadro, ma al doppio.
 
Le ho chiesto se fosse mai andata al catasto per verificare se veramente era proprietaria di un terreno. "Mai" aveva risposto la gatta certosina "Ho fatto una telefonata al catasto e mi hanno detto di andar là e fare una richiesta - scritta e a pagamento - e che, in ogni caso, avrei dovuto dir loro dove precisamente fosse questo terreno. Io ho replicato che era quello il punto: che non lo sapevo. Che non sapevo neppure di averlo, questo pezzo di terra. Loro si sono messi a ridere e mi hanno detto di non poterci fare niente... E dopo ho pensato un'altra cosa.... e se poi scoprivo che per davvero ce lo avevo, che non ci avevo mai pagato le tasse e che magari lo Stato me le rivoleva tutte insieme?..."

Io le ho detto che mi pareva una paranoia improbabile, ma in effetti mi sono chiesta per quale motivo il Saltafossi se ne fosse uscito con un'offerta così chiaramente insensata. Da chi aveva avuto la notizia che Fabia possedeva il terreno? E se sapeva che Fabia non aveva nulla, che senso aveva quella proposta?
"Hai saputo più niente da questo tizio?" le ho chiesto poi.
"Assolutamente nulla" aveva risposto Fabia. "Dopo aver detto che mi avrebbe ricontattata, non si è mai più fatto vivo..."
 
 
 
 






domenica 9 giugno 2013

La serie dei mini-misteri: il barista di Cava della Piaggia


Certo, se nella mia vita ci fossero i misteri della politica italiana o taluni enigmi che ammorbano la vita delle eroine della carta stampata, starei fresca, io. La mia povera amica Susanna (la micia calicò che ha aperto questo blog) ve ne ha raccontati alcuni, io ho contribuito con un paio di modesti misteri ancora non svelati, ed ora mi sono ricordata un altro paio di curiosi avvenimenti che ancora non hanno trovato spiegazione.
Una sera di alcuni anni fa ricevetti a casa una telefonata. Non si sentiva gran che, la linea era disturbata, io riuscivo a captare una parola sì e quindici no. Alla fine sentii, attraverso il ricevitore, una voce dialettale perugina con un sottofondo di altre voci ed un acciottolio di piatti e bicchieri che venissero lavati. L'uomo si presentò come "il barista di Cava della  Piaggia".
Dopo essersi presentato tacque, come se la semplice menzione di cotale titolo bastasse per qualificarlo agli occhi di chiunque. Io chiesi urbanamente cosa desiderasse da me il barista di Cava della Piaggia. La voce, un po' indispettita (di che?) mi chiese se conoscessi.... e mi fece un nome mai udito in vita mia. Io risposi che non conoscevo nessuno così intitolato, mentre in sottofondo si udiva una voce maschile sempre più agitata. Il barista cominciò un discorso in perugino un po' confuso, da cui credetti di intuire che qualcuno era andato al bar, aveva consumato, non aveva i soldi per pagare ed aveva fatto il mio nome come garanzia (di che?). Ma non sono neppur sicura che il succo della faccenda fosse questo. Forse era qualcuno che aveva fatto il mio nome per raccomandarsi di qualcosa... il sedicente barista di Cava della Piaggia parlava un perugino talmente stretto da risultarmi scarsamente comprensibile.
Per farla corta, io conclusi la conversazione dicendo che non conoscevo né il barista né la persona che mi aveva nominato, e chiusi la comunicazione.
Era sera tardi e andai a letto.
Parlandone il giorno dopo con Tarquinius, lui approvò il fatto che non mi fossi vestita e non fossi andata a Cava della Piaggia a vedere di chi mai si trattasse. "Speriamo che non fosse una tua conoscenza che stava per essere uccisa, magari per non avere pagato una partita di droga, e che tu non fossi la sua unica speranza", concluse, iettatorio. Io lo mandai a cagare, dicendo che non conoscevo gente che commerciasse in stupefacenti; ma qualche giorno dopo, recandoci dalla E 45 verso il quartiere di Perugia dove una volta si trovava l'ospedale, passammo per il minuscolo agglomerato di Cava della Piaggia e ci fermammo allo squallido baretto a bere un caffè.
Conoscevamo il toponimo perché una volta, tanti anni fa, Cava della Piaggia era il capolinea di una linea di bus della città, non perché ci fossero bellezze incommensurabili od attrazioni immarcescibili. (Di fatto, sospetto che l'unica attrazione locale sia il barettaccio). Ci servì due caffè (straordinariamente buoni) una coniglia rumena, che ci informò che il bar era di sua proprietà: lo aveva acquisito un paio d'anni prima al vecchio proprietario, che si era ritirato in campagna ed era morto qualche mese dopo.

Mah.

lunedì 27 maggio 2013

Una torre pendente e considerazioni sul caffè

Ieri io e Tarquinius siamo andati, con Megalo e il cinghialetto Carlegidio, a fare una gita domenicale a Vernazzano, a vedere la Torre Torta (con l'accento grave, mi raccomando), sopra Vernazzano - splendida vista sul Lago Trasimeno, fra l'altro.
Dopo la visita siamo scesi al bar locale a berci un caffè. E lì ho sottoposto al consorte ed ai miei amici una profonda riflessione filosofica.
Chiedi un caffè.
Ti danno la tazzina col piattino e ti dotano di un cucchiaino per girare lo zucchero - se uno ce lo mette. Io ce lo metto, eccome.
Giri lo zucchero con la mano destra.
Pertanto devi sollevare la tazzina con la sinistra.
Giusto?
Allora, perché ti danno sempre la tazzina col manico a destra? che io la devo sempre far ruotare per posizionarlo a sinistra?
Il consorte e gli amici, tuttavia, non sono parsi molto colpiti da questo mio profondo pensamento.

lunedì 20 maggio 2013

Elogio funebre dell'avvocato


Un maggio piovoso e freddo se ne sta andando e il 15, senza aspettare nemmeno venerdì 17, se ne è andato anche l'avvocatone Edoardo.
 
 
Non senza avere prima fatto scomparire tutti i faldoni che gli aveva lasciato l'amico Andreotti...

mercoledì 15 maggio 2013

La complessità sesquipedale


La complessità, si diceva.
Ho parlato del velo islamico per fare un esempio di ragionamento rozzo e semplicistico, ma potrei fare carrettate di altri esempi. Uno potrebbe riguardare il problema dell'immigrazione.
Che noi siamo favorevoli, contrari o sospendiamo il giudizio, è indubbiamente un problema, che oltre tutto i nostri governi, di qualsiasi colore, non hanno mai adeguatamente affrontato.
Tuttavia, la rozzezza e la semplicità di certe posizioni xenofobe mi sconcerta.
Io penso che sarebbe stupendo che ognuno se ne stesse a casa sua, nella sua patria, circondato dalla sua famiglia e dai suoi amici e che vada negli altri Paesi solo per turismo; ma dubito che gli immigrati vengano nel Bel Paese per far dispetto agli italiani, credo che, se si sobbarcano viaggi fortunosi per mare o per terra lasciando la loro casa e la loro famiglia, abbiano gravissimi problemi. Uno che sta benone a casa sua non molla tutto per andare a fare il disgraziato in un altro paese, di cui magari nemmen condivide la lingua e le usanze.
Giusto?
Ciò premesso, penso che l'esperienza d'un immigrato, sia per lui sia per gli italiani, potrebbe essere fonte di arricchimento.
Dico potrebbe: perché è abbastanza evidente che, se un cinese vive anni in Italia frequentando solo cinesi e non imparando una beata mazza dell'italiano e dicendo "Vòi socotolino?" per chiederti se vuoi lo scontrino, l'arricchimento, da ambo le parti, è relativo.
Se un albanese frequenta solo albanesi e non fa altro che bere e tirar bottigliate ai compatrioti o ad altri immigrati per le vie del centro storico, ne facciamo a meno, direi.
Se una donna marocchina vive anni in Italia, segregata in casa dal marito o dai fratelli, uscendo poco e velata sino alle orecchie, parlando solo lingue magrebine, ci arricchiamo tutti pochino.
Ma dico, gli stranieri saranno tutti così?
Credo proprio di no; pensare che tutti gli appartenenti ad una nazionalità si comportino allo stesso modo è cedere a stanchi stereotipi.
E già ai razzisti il concetto di stereotipo resta indigesto.
Se tu dici che è uno stereotipo pensare che tutti gli stranieri siano delinquenti, ti accusano di difenderli. Ti chiamano "buonista", "coccolanegri" e sciapate simili.
Dicono che la sinistra ama l'Islam. Vagli a spiegare che la sinistra non ama affatto l'Islam, che di solito ama già poco le religioni autoctone; vagli a spiegare che l'anti-razzista (ovvero il cosiddetto buonista) difende soltanto il diritto di ogni individuo ad essere giudicato per quello che fa, non per la sua etnia o la sua religione. Vagli a far capire che anche i cosiddetti buonisti detestano i delinquenti o gli spacciatori, solo che non ne fanno questione di nazionalità.
Ti dicono che ami gli immigrati, magari insinuando che ti piacciono "le scimmie africane" per la stratosferica misura del loro pene. Dicono che la sinistra protegge gli immigrati perché sono un serbatoio di voti (e da quando gli immigrati votano? Credo non ci sia allo studio neppure una legge che preveda di farli votare). Dicono che gli italiani sono discriminati nella loro patria; che i Comuni (quali?) danno 2.000 euro mensili agli stranieri mentre gli italiani muoiono di fame; che danno la precedenza agli immigrati nell'assegnazione delle case e dei posti agli asili-nido. Vagli a spiegare che le graduatorie tengono conto del reddito, e non della nazionalità, e che se uno straniero ti passa avanti è perché è più povero di te, non certo perché è nato oltre confine.
Se provi a spiegarglielo non lo capiscono.
Ti dicono che i buonisti difendono gli immigrati a prescindere, acriticamente e qualsiasi nefandezza compiano. Che sono italiani che odiano gli italiani.
I ragionamenti articolati non sono da tutti, evidentemente.
Ma, come dice Tarquinius, fare discorsi rozzi è più semplice: chi te lo fa fare di metterti a fare dei distinguo, di cercar di vedere la situazione da un punto di vista alternativo, semplicemente di capire...

lunedì 13 maggio 2013

Complessità

Ieri pomeriggio è passata da noi la micia rumena Luminitsa Blerinca, reduce da una visita alla Madonna dei Bagni, cui ha dedicato un articolo per il suo sito.
Le ho offerto una tisana, che lei ha sorseggiato senza mettervi nemmanco un granello di zucchero (ricordo che la micia è anoressica) e, mentre beveva, mi ha raccontato di avere avuto uno scontro con una vecchietta che le ha urlato "Brutta zingara, ritornatene da dove sei venuta".
Luminitsa si è chiesta perché la gente sia tanto ignorante, e non tanto per la battuta xenofoba ("Già basterebbe" ha bofonchiato Tarquinius), quanto per il fatto che rumeni e zingari non hanno niente a che fare l'un con l'altro, a parte la cittadinanza rumena, che data dal XV secolo, dopo il crollo dell'impero bizantino. Al di là del fatto che la stessa storia delle popolazioni Rom è complicatissima, i Rumeni stessi detestano gli zingari e dare dello zingaro ad un  rumeno è poco meno di un'offesa sanguinosa. Ma per gli italiani sono tutti uguali, ha concluso sconsolata la micia.
"Per molti italiani sono tutti uguali a prescindere" ho notato io "Rom, rumeni, albanesi, africani e marocchini, sono tutti negri".
Quando Luminitsa se ne è andata, ho ripensato al dialogo e mi sono posta delle domande; non tanto sul perché del razzismo, quanto sull'estrema semplificazione che la gente fa di problemi complessi.
"Si fa prima" mi ha detto Tarquinius "La gente non vuole star lì ad informarsi, a disquisire, a sottilizzare, a distinguere. E' più facile chiapparli tutti e buttarli tutti nello stesso calderone".
Per molta gente, ho notato, è difficile fare dei distinguo. O sei con noi o sei contro di noi. Se tu spieghi che sì, una situazione può essere vista in un modo, ma forse può anche essere vista in un altro modo, presentare risvolti differenti; manco ti capiscono.
Prendi il problema del velo delle donne musulmane.
Varie volte ho litigato con razzistelli da due euro che confondevano i vari tipi di velo islamico: per loro il chador, il burqa o l'hijab erano la stessa cosa. E si scagliavano contro le donne velate dicendo che erano sottomesse all'uomo (oh, che patria di femministi è l'Italia!), che puzzavano, che si velavano per non essere riconosciute ed organizzare attentati e via dicendo. Basta che andiate nella sezione "Immigrazione" di "Yahoo Answers" e ne troverete a iosa, di mentecatti simili.
Al che io mi mettevo a dire la mia con parole, speravo, ragionevoli.
Spiegavo che personalmente sono contraria al chador e al burqa, che in misura differente coprono l'intera persona e impediscono che la donna che li porta sia identificata; spiegavo che è giusto che la legge italiana li vieti, in quanto tutti debbono poter essere riconosciuti.
Aggiungevo che io sono contraria anche all'hijab, un fazzolettone che copre i capelli lasciando scoperto il viso; ma (e qui scatta il ragionamento complesso) che non lo vieterei. Capito? personalmente sono contraria, non mi piace, ma penso che, se è una libera scelta della donna, non vada proibito.
Tuttavia il ragionamento, pare, è troppo complesso. Ma come, mi dicevano, se sei contrdevi essere anche favorevole al divieto di portarlo. O sei contraria e lo vieti o sei favorevole e lo porti.
Hai voglia a spiegare che la realtà non è bianca o nera, ma che ci sono miriadi di sfumature intermedie. Molte persone - sospetto siano la maggioranza - hanno un modo di pensare rozzo e semplicistico.
Il brutto è che poi credono a gente che propone loro soluzioni semplici per problemi complessi.
Ne vogliamo parlare?

lunedì 1 aprile 2013

Ceramica spettrale protostorica


Non so come abbiate passato voi il Lunedì dell'Angelo. Io e Tarquinius lo abbiamo trascorso all'ospedale, nel pietoso ufizio dell'assistenza ai feriti, nella fattispecie il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino, il suo fotografo, la nutria ferrarese Agenore Antenore Balboni Tumiati ed un'altra nutria, Fernandino Delli Poggi, che noi credevamo essere un loro amico e poi abbiamo scoperto che invece no.
Ma andiamo per ordine, come diceva Franco Fiorito detto Er Batman, quando contava i denari mal guadagnati sottratti alle casse della Regione Lazio.
 
Il lupo e la nutria erano diretti verso la amena località di Bùdino, dove avrebbero dovuto visionare, immortalare e riferire notizie circa una mostra organizzata dal locale Museo di Protostoria, la "Mostra della Ceramica Spettrale", evento apicale di tutta una serie di ricerche archeologiche nei castellieri rinvenuti nella media valle del Tevere. Trattasi di frammenti di tavolette in ceramica risalenti all'Età del Bronzo, rinvenuti in una necropoli esterna ad un castelliere nei pressi del paese umbro (le tombe erano ad inumazione, con il defunto racchiuso entro cassette costituite da lastre pietrose variamente decorate, come si vede nelle foto).

 Essendo cronicamente in ritardo, il lupo pestava l'acceleratore a tavoletta, quando all'improvviso Agenore Antenore vede sul ciglio della superstrada una nutria stecchita a zampe all'aria. Caccia uno strillo, intimando al lupo di fermarsi per vedere se era possibile recare soccorso al fratello infortunato.
Il lupo brontola, ma si presta; accosta l'auto al ciglio della strada, Agenore Antenore scende e si china sul consimile malmesso... il quale si rizza improvvisamente e, con un urlo belluino, si appalesa per un agente della Polizia Provinciale che voleva tendere trappole agli automobilisti per poter fare loro più agevolmente una mega-multa per eccesso di velocità e violazioni assortite.
Il fotografo appioppa al tutore dell'ordine un calcio in culo epocale, che lo scaraventa nel fosso alla destra del guardrail, indi comincia a rincorrerlo per le campagne budinesi urlando a squarciagola imprecazioni nel dialetto di Cocomaro di Focomorto (provincia di Ferrara).
Il lupo, vedendosi piantato in auto sul bordo della strada, si mette ad ululare, ma in quel momento il mezzo viene violentemente tamponato da un TIR che procedeva nello stesso senso di marcia, guidato da un rumeno ubriaco che cantava a squarciagola "Jocati oameni buni si voi" (o qualcosa del genere).

L'auto del lupo viene lanciata in orbita verso i campi e, dopo una parabola a campana, si schianta contro una cabina elettrica dismessa nella quale aveva trovato rifugio l'agente della Polizia Provinciale, inseguito dal fotografo furibondo e armato di un pezzo di guardrail arrugginito.
 
La sera, al TG3 dell'Umbria, in luogo del servizio sulla ceramica spettrale protostorica di Bùdino, gli umbri sono stati ragguagliati sul numero di torte di Pasqua sfornate nella Provincia e sulla circonferenza di ciascuna delle medesime...

sabato 30 marzo 2013

Albero di Pasqua


Vi piace il mio albero di Pasqua?
 
Io non so se l'usanza di fare l'albero di Pasqua sia antica e risalga ad epoche remote o sia una novità degli ultimi anni, magari inventata a tavolino perché la gente acquisti ovetti colorati, pulcinelli, nidi e casette di legno per uccellini e così via.
Comunque, la trovo un'usanza carina, specie se l'albero di Pasqua è fatto con materiale di recupero, come il nostro: un ramo di melo vecchio e contorto trovato nel bosco, gusci d'uovo svuotati e dipinti a mano (da Tarquinius), fiorellini tolti dalle bomboniere e fiocchetti colorati avanzi di pacchi-dono.
L'abbiamo fatto ieri, aiutati da Srikant il pitone e da Barbara e Tolomeo, gli agnellini che Srikant ha sottratto alla sorte ria che impone loro di impersonare l'Agnello di Dio sulle tavole pasquali di tutta Italia.
 
Tuttavia Srikant ci ha fatto un appunto: come ha detto la nostra amica Lyppa (una gatta rossa che a breve sarà presentata sulle pagine di codesto blog), sarebbe bene risparmiare tutti gli animali, sia giovani sia attempati, e non solo gli agnellini...
 
Comunque, in attesa di un pranzo di Pasqua preparato dal pitone (e quindi rigorosamente vegetariano), auguro a tutti una buona Pasqua, ai credenti, agli atei e agli agnostici.
 
 
 
 


martedì 26 marzo 2013

Il silenzio degli agnelli

Di rado io e Tarquinius leggiamo i giornali locali: tendono di solito a dare l'idea che Perugia sia un girone infernale a confronto del quale la Caina e l'Antenora di dantesca memoria sarebbero amene località di villeggiatura.
Stamattina, però, sono andata al mercato a cercare i caccialepri. Non è semplice trovarli, ma stamattina sono stata fortunata e a mezzogiorno rientravo trionfante con un fascio di queste simpatiche erbette avvolte in carta di giornale. Avevo invitato a pranzo Lucy K.K. ed è stata proprio la visoncina color cipria, svolgendo il giornale per mettere a bagno le erbe, a farmi notare l'articolo di fondo del "Gazzettiere dell'Umbria" (ché tale indegno fogliaccio pidiellino mi aveva dato l'erbaiuolo per avvolgere i caccialepri).
"Giallo nel capoluogo perugino: un boa constrictor fa strage di agnelli" E sotto: "Polemica a Palazzo Cesaroni: il consigliere XY del PDL chiede alla governatrice di riferire sui mancati controlli circa gli animali esotici che si aggirano nelle nostre campagne"
 
A parte che mi piacerebbe sapere chi è che tiene agnelli nel capoluogo perugino... leggendo l'articolo, abbiamo appreso che un enorme serpente nero e dorato è entrato ieri sera in un recinto nelle campagne derutesi ed ha avvolto con le sue spire una coppia di agnellini di poche settimane, trascinandoseli via nonostante le urla strazianti della madre. Probabilmente l'animale è stato scaricato da un camion o da un furgone, perché il pastore, accorso nel vano tentativo di salvare gli agnelli, ha sentito, al di fuori della siepe che cingeva il pascolo, il rumore di un motore che si avviava facendo schizzare pietrisco e ghiaia.
"Povere bestie" ho detto io, apparecchiando la tavola.
"Povere bestie in ogni caso" ha ribattuto Lucy K.K. "Se anche non li avesse presi il boa, sarebbero stati macellati per la Santa Pasqua..."
Non ho potuto fare a meno di dichiararmi d'accordo e, mentre attendevo che bollisse l'acqua per la pasta, ho pensato di chiamare Srikant il pitone vegetariano, per sentire se conoscesse qualcuno che in casa teneva un boa constrictor.
Intanto pensavo alla curiosa coincidenza per cui anche Srikant il pitone vanta un manto nero e dorato.
Dopo cinque o sei squilli pensavo quasi che sarebbe scattata la segreteria telefonica, in cui Srikant esortava sibilando a lasciare un messaggio, quando la cornetta è stata alzata e una voce belante ha detto: "Mbèèèè! Casa Kishenbai, chi parla?"
 
Ho messo giù la cornetta e ho detto a Lucy: "Mi sa che qualcuno farà a meno dell'agnello, domenica prossima..."
 
 
 

mercoledì 20 marzo 2013

Il nuovo catechismo

 
Diana, che ha passato la prima parte della sua vita in casa d'un'insegnante di religione, ha pensato che sia cosa buona e giusta mandare Alice a catechismo.
Forse vuole domarne und ingentilirne il carattere irruento e popolaresco - dopo tutto, la piccolina viene da un cassonetto di via Sicilia -, ma di certo le si preparano figure di marmellata e dialoghi tempestosi con i rappresentanti della Curia locale. Il primo giorno di catechismo il parroco, don Michael (nonostante il nome esotico è un furetto di Monte Acutello) ha portato i piccini a visitare la chiesa ed ha mostrato loro il tabernacolo in cui erano contenute le ostie. Non ha fatto in tempo a girarsi che la piccola Alice è salita con un balzo sull'altare, ha agguantato le ostie e se le è mangiate tutte.
L'altro ieri è andata ad un incontro di lettura sui miracoli di Nostro Signore, dove si leggeva la storia del miracolo di Gesù che ridiede l'uso delle gambe ad un povero storpio. Al ritorno, ha riferito che la discussione che ne è seguita - durata due ore e quarantacinque minuti - si è incentrata sul grave problema di cosa pensasse lo storpio miracolato.
Il Bimbo, che era presente ed ha stigmatizzato la vacuità dell'operazione, le ha tuttavia fatto notare che, nel corso dei secoli, fior di Concilii sono stati organizzati per trattare argomenti ben più peregrini, e si è riproposto di scriverne dotti articoli. Sapendo che il Bimbo è ateo ed abbastanza astioso nei confronti di talune manifestazioni del cattolicesimo, Diana ha detto che la sola idea le faceva tremare le vene e i polsi...
 
 

sabato 16 marzo 2013

Dubbio cornuto



Anni fa la mia povera micia Susanna, la fondatrice di questo blog, aveva iniziato una piccola serie di mini-misteri. Oggi voglio contribuire anch'io, con un piccolo e stranissimo episodio che mi capitò parecchi anni fa, quando ero una ragazzina.
 
Sapete che sono albanese e sono venuta in Italia anni fa con i gommoni. Sono nata e vissuta ad Elbasan, e nella mia giovane età spesso andavo al mare con i miei genitori a Saranda, affittando una catapecchia fatiscente che passava per rilassante villetta, vicino ad una baracca di pesce fritto che si fregiava dell'appellativo usurpatissimo di ristorante. Va be', si fa quel che si può. La catapecchia in cui ci stipavamo aveva davanti una striscia di terra che si spacciava per giardinetto ed un rottame che fingeva senza troppa abilità di essere un dondolo, sul quale passavo spesso i pomeriggi a sonnecchiare al sole.
 
Un giorno venne a trovarci una coppia di miei zii, lei sorella di mio padre buonanima, lui suo marito. Uno zio acquisito estremamente affettuoso e cordiale, che invitammo a pranzo nel cosiddetto ristorante e con il quale trascorremmo una mattinata allegra tra canti e risate.
Dopo pranzo, io mi allungai come al solito sul dondolo, ma ad un tratto il sole si oscurò: mi si era parato davanti lo zio, che mi fissò con profondo astio e mi rifilò uno schiaffone.
Saltai su imbufalita e lui cominciò ad urlare che io ero una gran maleducata perché, durante il pranzo, gli avevo fatto le corna da dietro.
Rimasi allibita, soprattutto vedendo, dietro mio zio, i miei genitori che mi fissavano con espressione indecifrabile e non intervenivano, né in mio favore né contro. Provai a negare il fatto, a dire che mai e poi mai mi ero sognata di fare una cosa simile (non l'ho mai fatto nemmeno da piccola quando a scuola si facevano le fotografie, già mi sembrava scemo); ma non ci riuscii perché le lacrime mi strozzarono e non riuscii a fare altro che mettermi a piangere. Lo zio mi voltò le spalle inviperito e se ne andò, tuonando contro la mia pessima condotta.

Mi è capitato varie volte di ripensarci, durante gli anni. Ora lo zio è morto e non posso più chiedergli nulla, ma ogni tanto mi faccio delle domande. Il pranzo era andato tutto liscio, lo zio aveva scherzato con tutti, me compresa, e non mi aveva detto alcunché. Aveva forse avuto un'allucinazione? Che cosa gli era successo quando si era alzato da tavola, era stato posseduto dal demone meridiano?...

lunedì 11 marzo 2013

Gnam Gnam style

Alice mangia come un lupo. Come un'assassina. Come un lotro (infatti la chiamiamo "il lotrino"). Sarà perché è piccina ed in crescita. Sarà che ha patito la fame quando stava sulla strada nel freddo novembrino. Fatto sta che mangia TUTTO. Una sera Diana le ha offerto delle carote lesse e ha mangiato anche quelle.
Ma ieri sera ha trovato un avversario di pari voracità.
Diana aveva invitato a cena Srikant il pitone, Byna e Chanel (le due serpenti falso-corallo) e, in omaggio al loro credo vegetariano aveva deciso di ammannire pasta con broccoli e pomodorini e uno sformato di spinaci e caciotta toscana. Era andata alla Coop ed era stata attirata da una confezione di broccoli mangiatutto.
 
 
 
Nel pomeriggio, prima di mettersi a preparare la cena, era andata in garage a stendere i cuscini delle loro ceste. Alice era rimasta in casa da sola e, come sempre, si era avvicinata al frigo... che però ancora non riesce ad aprire, anche perché dispone di una sola zampetta, la sinistra (la destra era irrimediabilmente rotta quando l'abbiamo trovata tre mesi fa). Era stata attirata da una serie di sordi tonfi che provenivano dall'elettrodomestico e, quando vi si è trovata davanti, ha visto che oscillava furiosamente avanti e indietro, come se una forza smisurata tentasse di uscirne. Ed in effetti in quel momento il portello si è spalancato rivelando uno scenario apocalittico: l'interno del frigo era completamente vuoto ed un enorme broccolo si è scagliato con violenza sulla gattina, con gli occhi rossi iniettati di sangue e tre file di denti acuminati spalancate su una gola abissale, da cui proveniva un ringhio profondo.
Alice però era affamata almeno quanto lui - egli? esso? e gli si è lanciata addosso con un urlo di guerra tentando di azzannarselo, mentre il broccolo tentava di divorarsi lei.
Diana, risalita dal garage, si è trovata di fronte la cucina distrutta ed un vortice grigio-verde che sbatteva qua e là per la stanza, ringhiando, ululando e tentando di mangiarsi a vicenda. Senza por tempo in mezzo ha afferrato una scopa e l'ha calata sulla testa... sul cespo del broccolo, stendendolo senza pietà.
 
La sera, a cena, Srikant, Byna e Chanel hanno apprezzato oltre misura i maccheroni di pomodorini e funghi preparati da Diana come primo piatto.

domenica 10 febbraio 2013

Villetta indipendente



La villetta che dà sulla valle

Oggi il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino ha dato conto d'una singolare avventura occorsa al suo fotografo, la nutria ferrarese Agenore Antenore Balboni Tumiati, da tempo alla ricerca d'una casa dove vivere con la sua sposa, un'altra nutria nomata Camilla Domitilla, addetta alle pubbliche relazioni presso la diga del lago di Corbara.
Attirati da un cartello che, nei pressi di Panicale, proponeva l'acquisto d'una villetta indipendente, le due nutrie erano andate ad informarsi e, piacevolmente sorprese dall'esiguità del prezzo (cinquemilaseicentododici euro), avevano senza por tempo in mezzo provveduto all'acquisto ed all'arredo della villetta, che scopriva un panorama mozzafiato sulla valle umbra.
La settimana scorsa erano partiti perché Agenore Antenore doveva fare un servizio di moda presso le risaie vercellesi. Al loro ritorno, mentre parcheggiavano l'auto nello spiazzo davanti alla villetta, si rendevano conto che lo spiazzo c'era, ma la villetta mancava.

La valle
 
Vagamente allibiti avevano fatto marcia indietro ed erano andati a chiedere alloggio al lupo; il giorno dopo s'erano recati presso l'agenzia che aveva fatto loro da tramite per la vendita della casa e avevano scoperto, non senza stupore, che la villetta costava così poco perché trattavasi di "casetta indipendente".
Non nel senso che ci vivevano solo loro e non la condividevano con altri, bensì nel senso che la villetta se ne andava quando le garbava e ritornava quando le pareva....

mercoledì 6 febbraio 2013

E se...


Mi dicono che è cosa vana chiedersi cosa sarebbe successo se...
Io non sono del tutto sicura che sia inutile. Credo serva quantomeno ad evitare di ripetere l'errore. Certamente è inutile quando sei in mezzo ad una situazione: non giova a cambiarla e andare indietro nel tempo non si può.
Tarquinius si chiedeva, quest'estate, se non sarebbe stato meglio che insistesse affinché il suo anziano padre si operasse prima. Si sentiva in colpa - ora gli è passata, credo - e diceva "Forse sarebbe ancora vivo, se l'anno scorso avessi insistito perché facesse l'operazione...".
Io non credo: il mio defunto suocero era un tipo che non dava ascolto a nessuno. Tanto meno ai suoi figli.
Però... non posso fare a meno di chiedermi se il povero micione Edoardo non starebbe meglio se gli avessero diagnosticato prima il tumore che lo sta facendo patire.
Ha cominciato a star male alla fine di settembre. E' andato subito dal suo veterinario, più e più volte; è stato sottoposto a caterve di esami e la diagnosi era sempre "Non ha niente. E' solo vecchio".
Bah.
Che dire, forse non sarebbe stato astuto pensare subito di cambiare veterinario?
A dicembre, il povero avvocatone ha sentito un altro parere. Il veterinario nuovo gli ha subito diagnosticato un tumore alla laringe... ancor prima di fargli gli esami. Ha consigliato un'operazione, che è stata eseguita la settimana scorsa. Il tumore è inoperabile: è situato in un posto talmente balordo - fra la laringe, l'esofago, la trachea e diecimila altri posti - che non si può raggiungere senza far secco il povero gatto. Il medico lo ha, in pratica, aperto e richiuso. Per poterlo alimentare (il tumore preme sull'esofago e non gli consente di mangiare, se non poche cucchiaiate alla volta), gli ha sistemato sul collo un sondino che arriva allo stomaco; il cibo, opportunamente frullato, gli viene sparato da lì e in teoria Edoardo dovrebbe essere felice, perché ha sempre lo stomaco pieno.
Ma vi dirò: a me non sembra che lo sia.
Ha sedici anni, mi sembra debole e stanco. Credo che non abbia più tanta voglia di lottare.
Un po' come è successo al padre di Tarquinius.
Ed è a questo punto che mi sono posta la domanda, da alcuni definita inane: e se il tumore gli fosse stato diagnosticato prima? Sarebbe cambiato qualcosa?
Il veterinario sostiene che non è possibile dirlo.
E non solo lui.
Solo che io sono fatta male e me lo chiedo ugualmente, sapete com'è...
 
 
 
 

venerdì 25 gennaio 2013

Pronto Soccorso Cretaceo


 
L'altro ieri sera Alice stava male.
Respirava a fatica e sembrava che ribollisse e gorgogliasse. Starnutiva ed aveva altre svariate manifestazioni su cui sorvolo per il disgusto.
Sembrava una stufetta, a prenderla in braccio. Scottava ed era tremendamente mogia, non aveva nemmeno fame.
Bisognava portarla dal veterinario; ma il break era rotto, l'unico mezzo disponibile era l'uniciclo della Bimba e non mi pareva adeguato.
In quel momento suonano il campanello. Era Kenny il velociraptor, che aveva consegnato quattro pizze nella villetta di fronte ed aveva pensato di passare a fare un saluto. Vede la situazione, comprende al volo. Diana gli porge una coperta, lui ci avvolge l'Alice, la solleva, la piazza nel cestone e parte a razzo nella notte.
 
Due ore dopo eccoli di ritorno. L'Alice aveva la febbre a 42° e una forte bronchite, il veterinario le aveva sparato una dose da cavallo di antibiotico e le aveva prescritto iniezioni quotidiane di Zitromax e suffumigi con l'eucaliptolo.
Nella cesta di Kenny c'era l'Alice affamata, avvolta nella coperta, l'antibiotico e un bottiglione di eucaliptolo. E due o tre pizze nei loro contenitori, che la tenevano calda.
Abbiamo provato a ringraziare il velociraptor, ma era già sparito nella notte stellata, cantando "Mi metto in tasca una piccola melaaaaaaa...."
 
 
Nella foto sopra, un'immagine di Kenny in corsa.