lunedì 29 marzo 2010

Focacce in movimento



Melanzio Firmani, il vicino di Arturo e Lucy K.K., è, come si diceva, coltivatore di patate rosse. Originario di Foligno, decise anni fa d'emigrare e di diffondere nel mondo la coltura e la cultura del gustoso tubero di Colfiorito e fu così che si trasferì nel sogghignante borgo di Assignano, nei pressi (?) di Todi.
Si sospetta che non estraneo al suo esilio sia il violento terremoto che tredici anni fa colpì l'altipiano plestino, che provocò al povero talpone una forte melancolia, manifestatasi in lacrime e singhiozzi al volante del furgoncino in cui esponeva, al bordo della strada, i suoi prodotti (patata rossa, cicerchia, miele di mille fiori); parecchi turisti impietositi ascoltavano il resoconto delle sue disgrazie, che si concludevano regolarmente con l'epifonema "E io, che so' tando senzibbile!!!"
I suoi viaggi sulle colline umbre per vendere i suoi prodotti sono spesso assai lunghi, ed è così che l'ingegnoso talpone, perennemente affamato, ha pensato bene d'attrezzare la sua jeep con un piccolo focolare ed un camino (vedi foto), sul quale la sua compagna Betta, mentre lui guida intrepido per le sassose mulattiere, cuoce le torte impastate sul sedile posteriore dell'auto e le farcisce di prosciutto, che i due consumano nelle piazzole (e, non di rado, durante la guida...)

mercoledì 24 marzo 2010

Antifurto


Macchina di Arturo
Inserito originariamente da susannucciauccia

La casa dove convivono Arturo il ragioniere e la visoncina Lucy K.K. comprende un orto molto ben dissodato.
E non solo perché i due ineffabili personaggi amano la campagna ed i lavori ad essa connessi. Il terreno è finemente arato perché il soriano e la visoncina posseggono una macchina e perché Arturo è smemorato.
Che legame c’è tra questi elementi, mi chiederete?
I due, come sapete, sono gli orgogliosi proprietari di una Seicento multipla del 1964, che temono possa venir loro rubata. Da un ferrivecchi, ha ipotizzato bieco Edoardo, l’avvocato (ma, come ricordava sempre Susanna, egli è acrimonioso). Allora, per cautelarsi dal rischio d’indebite sottrazioni, hanno avuto la geniale idea di seppellire la macchina nell’orto sottostante; senonché, dopo due giorni di non utilizzo, volevano andare a riprenderla, ma si sono resi conto con orrore che avevano totalmente dimenticato in quale punto della tenuta la miserabile vetturetta fosse stata inumata.
Con estrema ansietà hanno cominciato a scavare in tutto l’orto, in ciò coadiuvati anche dall’amico e vicino commerciante di patate rosse Melanzio Firmani, detto “lu talpone de Fulignu”. Sono infine riusciti a recuperare il sudicio mezzo un po' appiattito ed hanno convenuto che l’idea di sotterrarla era sì ottima, ma necessitava di un qualche aggiustamento; Melanzio ha loro suggerito che se volevano seppellirla di nuovo, la sera al rientro dal lavoro, dovevano da lascià fori lu tettuccio, sinnò collu cavolo che l’artrovate…

domenica 21 marzo 2010

Openloft (ovvero La Città Fantasma 3)








Openloft è il nome (assai pretenzioso, secondo me) dato a codeste abitazioni, le cui foto il fotografo ferrarese ha esposto nella sua mostra.
Ideate da Byna Vanbeselaere, architetto di origine centroamericana, sono state presentate ad un Convegno ed hanno riscosso un discreto successo (de gustibus...).
Byna Vanbeselaere (gossip) è una Lampropheltis, o "falso corallo", ed è la cugina di quella Chanel con cui pare si sia fidanzato recentemente il pitone Srikant.
Solo che Byna lavora, Chanel non fa una beata tutto il giorno. Scrive performances post-decadenti (mia traduzione = opere indecenti ed incomprensibili) e trova financo chi gliele mette in scena... il che la dice lunga sulla decadenza della cultura in questo primo lustro del secolo. Ha scritto ed inscenato una performance (= opera indegna ed invereconda) dal titolo suggestivo "Cippalippa Cyberpunk" (opera probabilmente autobiografica). Non so cosa dovrebbe suggerire, ancorché io un'idea ce la avrei, ma suggerire ad un'autrice post-decadente di buttarsi a lago dal pontile di Passignano sembrerebbe forse poco rispettoso.

venerdì 19 marzo 2010

La Città Fantasma (II parte)



Premessa: Susanna si era sempre dimenticata di specificare che il fotografo ferrarese Agenore Antenore Balboni Tumiati è una nutria.
Ciò chiarito, ecco la seconda immagine della Città Fantasma.
La casa è semplice, scabra, stilizzata, direi. Particolarmente indicata, dice la nutria, per coloro che soffrissero di claustrofobia.
Il luogo, abbastanza tipico di questo tipo d'insediamento, è un vallone tra un quartiere del centro storico, arroccato su un costone di roccia e la pianura, nella quale si sono sviluppati gruppi di villette bifamiliari di varia tipologia.
Anche l'arredamento, come noterete, è minimale.
Non si pensi, sottolinea il fotografo, che l'abitazione sia legata ad una situazione di degrado; come è stato già detto, si tratta di una scelta stilistica.
Tuttavia mio marito Tarquinius, suricate diffidente, ha ipotizzato che sia una storia simile a quella del cacciucco livornese, delle fave e cicoria o delle grotte di Matera: cose estremamente povere, che, riscoperte, sono diventate un must (tanto per infilarci un orrendo termine) e se le vuoi ti staccano cifre da quinto dello stipendio.
Preferisco tenermi la mia catapecchia, vi dirò.

mercoledì 17 marzo 2010

La Città Fantasma

Nonostante le traversie patite dal nonno, il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino è venuto su un gran bel lupo: ha fatto le scuole alte (il Liceo Classico era, in effetti, in cima al colle nel punto più alto di Perugia), poi è sceso verso quelle basse (la Scuola di Giornalismo sta a Colombella, scendendo dall'Arco Etrusco). E' un lupo simpatico, anche se talvolta un po' presuntuoso; stasera è venuto solo, senza il fido fotografo ferrarese Agenore Antenore Balboni Tumiati, impegnato nell'Affresco Storico della Città fantasma - o qualcosa di simile.
"Che cosa è la città fantasma?" ho voluto sapere. "Un insediamento abbandonato dal neolitico? La scenografia di un film dell'orrore? poi abbandonata perché faceva troppo cagare?"
"Ci sono, nelle città, gli insediamenti fantasma"
mi ha spiegato il lupo "sono infiltrati negli scampoli di territorio che rimane sguarnito e devono essere minimali"
"Perché, se no non c'entrano?"
"No, per una questione d'estetica e libertà. Il sogno di possedere meno orpelli possibile. Guarda questa casa, per dirne una. E' essenziale"
"Essenziale sicuro, manco ci ha le pareti..." ho detto io.
In breve, l'orrenda catapecchia stronca che mi ha mostrato (e che vedete in foto) doveva essere, per lui e per Agenore Antenore, un edificio essenziale, minimale. Far parte dell'Affresco Storico delle Città Fantasma.
Bah. Profeta colmo di misericordia.
Ma non avevano ancora principiato a farmi vedere le altre abitazioni...

sabato 13 marzo 2010

Oggi che magnifica giornata....



... oddìo, detto così suona un po' ironico, giacché quest'inverno è peggio di quello del 1944, lungo, freddissimo e fortemente sfigato. No, il titolo del post è l'incipit di una canzonetta di Bixio, del 1937 (cantata da Tito Schipa nel film "Vivere"), in cui un mentecatto sembra rallegrarsi del fatto che la sua bella lo abbia vilmente abbandonato. Me lo ha ricordato il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino (nella foto in un momento di profondo scoramento; forse ha sentito l'ultimo editoriale di Minzolini), che mi ha raccontato le vicende di un suo nonno, Marco Aurelio Quinto Fabio Massimo, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il conflitto era giunto ad un punto cruciale e sovente suonavano le sirene dell'allarme, avvertendo la cittadinanza che gli aerei americani sorvolavano la città per scaricare una marea di bombe e che sarebbe stato pertanto opportuno andarsi ad inquattare con nonchalance nei rifugi anti-aerei.
Era un mite pomeriggio di novembre; il giovane lupo Marco Aurelio, allora ragazzino, era andato con gli amici alle giostre della città ed era salito su quella che chiamano "calcinculo": una serie di seggioline precariamente appese alla giostra mediante lunghe catene, che girano vorticosamente nell'aria al suono di qualche melodia in voga. Nel bel mezzo della corsa, si odono i barriti striduli delle sirene e tutti se la battono precipitosamente, ivi compreso il padrone della giostra, che manco si prende la briga di spegnere la medesima. Nel giro di pochi minuti lo spiazzo dove si trovava il calcinculo restò deserto; gli aerei nemici sfrecciavano nell'etere lanciando bombe che emettevano sibili acuti mentre Marco Aurelio e altri due infelicissimi volteggiavano terrorizzati sulla giostra al suono della canzone:
Oggi che magnifica giornataaaaaa!
Che giornata di felicitàààààà!!!!

lunedì 8 marzo 2010

Viva il vulnus



Maysa la lince, percussionista degli Otocioni, è di solito sboccata e sfrontata, specie quando sente in TV le prodezze berlusconiane o scorge i rivoltanti sembianti di personaggi anodini tipo Brunetta, Bocchino, Schifani e via eruttando.
Oggi mi sono sorpresa sentendola tutto sommato pacata.
Discettava sul Decreto Interpretativo (ovvero "facciamo che giochiamo fino a che vinco io") e diceva che lei intende presentarsi a votare per le regionali martedì 30 marzo.
La mattina si presenta ai seggi e, se la cacciano perché è troppo tardi, comincia a berciare e a smadonnare al complotto comunista e che lì s'intende tradire la lettera della Costituzione, impedirle il legittimo uso del voto ed assestare un vigoroso vulnus alla già ferita carta costituzionale e al già esacerbato clima politico... e se insistono a farle rilievi formali, gli tira una tale zampata fornita d'artigli che i rilievi glieli fa lei sulla pelata.

giovedì 4 marzo 2010

Cince sull'orlo di un bicerin al cioccolato


Tanto per completare il giro delle visoncine in vario modo depresse, oggi io e Stephanie la cincia (che vedete in un ritratto fattole anni fa dal grande Nicosia, il più significativo artista vivente) siamo salite sullo scassone di Jerry elevando fervide preci per la nostra incolumità fisica e morale, dirette a casa di Arturo il soriano e della sua compagna Lucy K.K. (di cui la povera Susanna vi ha già mostrato una foto a suo tempo).
Loro ospite era la dolce Alibech Estalère, visoncina nera che si trova in Europa per una serie di concerti come flautista. L'avevo vista un paio di volte, ma sempre da lontano, e mi avevano colpito la sua calma e tranquillità rispetto alla depressione di Asiak e all'esagitazione di Lucy. Mi era rimasta impressa perché, ricordo, Asiak, Lucy, Alibech e altri due visoni sono sfuggiti ad una morte orribile per scuoiamento da parte di una pellicciaia, che i poverini hanno ucciso a colpi di trincetto, se ben ricordo. All'epoca la cosa fece scalpore, perché il colpevole non è mai stato scoperto (la Polizia non ha avuto la fantasia di pensare che gli assassini della signora Vescovo potessero essere cinque miti visoni). Per loro, i visoni, l'impatto è stato devastante; assistere alla morte atroce di tanti loro simili, poi decidersi ad armarsi e a massacrare la pellicciaia, poi sfuggire alla Polizia, ma non al loro cuore, che tenderebbe a non uccidere...e noi... chi diceva che avevano fatto bene, chi si dichiarava contrario alla pena di morte, che sosteneva essere stata legittima difesa...
E' stato un po' pesante per tutti, soprattutto per Asiak. Lucy K.K. reagisce mordendo, Asiak piangendo o ritraendosi in se stessa.
Alibech no. Alibech Estalère siede sul bordo della sedia con la sua lucida e ravviata pelliccia nera e il suo flauto, parla sommessamente, sorride lieve, è gentile. Sorseggia il liquore al cioccolato che la cincia ha preparato stamattina e ne chiede ancora. La cincia sta sulla spalliera della sedia di Alibech e le guarda il capino nero. Arturo, il gatto soriano, si dà da fare davanti al focolare - è tornato il freddo - e mi lascia il posto più ambito, la panca sotto la volta del focolare. Sono un ramarro, sento sempre freddo, io. Il liquore di Stephanie è buono, forse un po' carico, ma riscalda. E Dio sa se ne abbiamo bisogno, in questo momento. A Susanna sarebbe piaciuto... mi giro verso le fiamme e piango senza farmi vedere.
Loro parlano di Srikant il pitone; sembra si sia messo con una Lampropheltis. Qualunque cosa sia. Spero per Srikant (e per lei) che sia un serpente. T'immagini se fosse... che ti dico... una mangusta? O una criceta?
Apprendo che la Lampropheltis è un serpente rosso e nero e si chiama Chanel.
Chanel.
Mah.
Adesso parlano di politica. Meglio parlare della Lampropheltis di Srikant il pitone.

martedì 2 marzo 2010

Vivere con lentezza

Io e Susanna eravamo amiche del cuore, ma io non conoscevo tutta la gente che conosceva lei. La maggior parte, sì, ma qualcuna mi sfugge. Ne ho però conosciuta una ieri, venuta a trovare l’otocione Jerry per organizzare, in Umbria, la “Giornata della lentezza”.
Come forse (non) ricordate, l’otocione Jerusalem Gebratmaryam (Jerry per gli amici), fondatore del gruppo rock per cui Susanna suonava la chitarra ritmica, è anche il locale segretario dell’associazione “Vivere con lentezza”. Per venire dall’Etiopia in Italia con il conestoga, infatti, ci ha impiegato sei anni e tre mesi, durante i quali, ne è convinto, ha appreso molto della vita e degli uomini. Contento lui. Comunque, ieri a casa di Jerry ho conosciuto Stephanie Windischgraetz, cincia, ingegnere (progetta gru per una ditta che ha sede nel porto di Genova e, per hobby, cucina e distilla liquori). E’ perennemente depressa, infatti finisce per scolarsi la maggior parte degli ottimi liquori che distilla per scacciare la malinconia; Jerry la chiama affettuosamente “
cinciamogia”. C’era con me Asiak, che si è messa a chiacchierare con lei; dopo un quarto d’ora piangevano abbracciate e bevevano grappa dell’Albero di Giuda mentre Jerry, tranquillo, preparava couscous alle sette verdure.
A cena s'è parlato parlato della fretta con cui oggi facciamo tutto e della tendenza che hanno certuni a fare più cose contemporaneamente, forse illudendosi di guadagnare quel tempo che ci sfugge tra le mani come granellini di sabbia. Stephanie ci ha fatto notare che oltre tutto non è nemmeno razionale e che è più il tempo che si perde che quello che fattivamente si guadagna. Io ho raccontato che, quando vado dal meccanico per portarvi la mia disastrata vettura, mi diverto (si fa per dire) a vedere il capo-officina fa diecimila cose alla volta: telefona, scrive, riceve due clienti alla volta o financo tre, chiama i meccanici, strilla alle segretarie, conferisce coi venditori e non combina una mazza. Tutte queste persone stanno lì nel suo ufficio, piantate come carciofi per una mezz’ora buona senza che nessuno venga seriamente preso in considerazione né congedato
No, non è un modello vincente. Al massimo, si può fare qualcosa mentre bolle l’acqua della pasta, quello sì. Se per una cosa ci vuole parecchio tempo, è logico che, mentre aspetti, ti porti avanti con un’altra. Ma fare contemporaneamente due cose che richiedono lo stesso tempo non si può. Stephanie ha fatto notare che due cose possono essere fatte contemporaneamente non tanto se una richiede più tempo e l’altra meno, ma soprattutto se una richiede meno attenzione dell’altra…. È chiaro che l’acqua della pasta bolle da sola, non è necessario star lì a covarla (anzi, se stai lì a guardarla, non bolle); così come puoi chiamare l’ascensore e, mentre lo aspetti, chiudere a chiave la porta di casa o magari controllare che nella borsa ci sia tutto.
Io tanto non ce l’ho, l’ascensore, quindi il problema non si pone. La cincia mi ha detto che lei, in ogni caso, non se ne giova, scende in picchiata dalla gru o da casa sua; al massimo, se vuol risparmiare tempo, può mettersi a leggere un libro di spionaggio mentre cova le uova…