mercoledì 31 dicembre 2008

Auld Lang Syne


Natale a Fanad
Inserito originariamente da susannucciauccia

Siamo partiti ieri per l’Irlanda, con un volo procuratoci dagli ineffabili amici del licaone Aristogìtone, i proprietari dell’Agenzia “Viaggi senza ritorno”, ovvero l’avvoltoio Sigfrido Tombaccia e la iena ridens Araminta Alcamisi. La compagnia aerea con cui abbiamo volato (la Hindenburg Airlines) era, a sentire Araminta, assai conveniente. Oltre a me, Tarquinius e Ibadeth, c’era mio fratello Edoardo, l’avvocato, con Charlie (ahò!); Arturo il ragioniere e Lucy K.K., che secondo me se la intendono; il furetto Scubidù e Asiak; il licaone Aristogìtone (che sospetto abbia una cotta per la iena ridens: contento lui, tutti i gusti son gusti); il Bimbo e la Bimba; mia sorella Megalo con il cinghialetto Carlegidio; mia cugina Margot, che ha chiuso il Museo per una settimana; il ratto Michelangelo Storace detto Er Pantegana con il suo fidanzato Fulgenzio Planciade Dixit. Durante la trasvolata, Araminta non ha smesso un minuto di raccontarci barzellette e di ridere sino allo sfinimento fisico e morale (nostro, naturlich. Mica suo). L’avvoltoio ci ascoltava benevolo, sferruzzando alacremente. Ha l’hobby del lavoro a maglia e si confeziona sempre cappellini di lana di sgargianti colori. Ha iniziato anche a fare un poncho rosso e bronzo per l’estasiata Margot, ed una sciarpa verde smeraldo per la nostra ospite irlandese.
Quando siamo arrivati alla locanda Dhaoine Sidhe, non lontano dal Faro di Fanad, mia nipote Ceridwen detta Bubbles aveva acceso candele a tutte le finestre e aveva lasciato la porta aperta, per farci capire che eravamo attesi. La tavola era apparecchiata e vi troneggiavano pagnotte con semi di cumino, uvetta passita e una brocca di latte (che è piaciuta molto a mio fratello Edoardo, che, a malgrado dell’età, apprezza molto il lattino, come lo chiama lui. Pfui). Corone di vischio e agrifoglio decoravano porte ed atri. Aprite le porte, spalancate i portoni! Arrivano dei mici i giubilanti plotoni… Bubbles aveva preparato un enorme abete nell’atrio, con appese palle a forma di trifoglio e di leprechaun. Abbiamo mangiato il Christmas pudding, il burro al brandy, i mincemeats e i mince pies. Ci ha preparato lo stufato con le erbe del bosco e ci ha messo a disposizione botti di Guinness. I bambini giravano per il paese cantando la Wexford Carol

sabato 27 dicembre 2008

Paranoia natalizia?



La Mamma stamane ha fatto un quiz - di scarsa attendibilità statistica, secondo me - che fornisce dei dati su quanta possibilità c'è che il gatto di casa stia tramando per uccidere il padrone.
Sapevo che era narcisista, ma oggi scopro che è anche paranoica...

mercoledì 24 dicembre 2008

Felicità e pace a tutti gli amici!


felicità e pace
Inserito originariamente da susannucciauccia

Buone feste a tutti!

Natale a Salci


Ingresso di Salci
Inserito originariamente da susannucciauccia

Salci è un castello-borgo tra Fabro e Città della Pieve, su una bassa collina nella valle del torrente Fossalto, Le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1243, quando Federico II stabilì in un diploma i confini del territorio di Città della Pieve: infatti, già dalla fine del XIII secolo, periodo in cui la Val di Chiana era il larga parte impaludata, si ebbe un grande aumento della popolazione. Il castello, di proprietà della famiglia Bonelli, era un confine naturale fra le valli dell’Arno e del Tevere, per cui la sua posizione di borgo fortificato in una zona di confine tra lo Stato della Chiesa e il Granducato di Toscana ne aveva fatto, in epoca medioevale, oggetto di aspre contese. Nel Medioevo se le suonavano di brutto, alla faccia delle radici cristiane dell’Europa.

Salci ha due piazze: la piazza Bonelli, più grande (cui si accede dall'arco che vedete in foto), e quella della chiesa. Fra le due piazze, sopra l’arco che le unisce, si trova l’elegante Loggetta degli Spiriti, che mette in comunicazione il Palazzo Ducale e la chiesetta e serviva da entrata privilegiata alla chiesa per la famiglia nobile. Nell'Ottocento Salci fu acquistata da uno stravagante personaggio: la gentildonna Vittoria Guerrieri Spinola, figlia suppongo illegittima nientemeno che di Re Vittorio Emanuele II. La pisquana, coadiuvata da un altro sballato detto Paolo De Simone, suo amante, convinta di essere un’imprenditrice coi controfiocchi, volle allevare animali esotici, cavalli purosangue, fabbricare pasta, candele e a coltivare fiori in sterminate serre. Di tutto, di meno, perché l’impresa, manco a dirlo, fallì... però ella riuscì a far costruire la ferrovia di Ponticelli, paese vicino, in cui si è rifugiata la maggior parte del salcesi.
Circa cinquant’anni fa il castello e la tenuta furono acquistati dalla società agricola R.A.U.T.


Ora ci abita Ecate Accorinti, detta Catina. La nottola (che fa il guardiano notturno nello stesso cantiere dove, di giorno, fa il sorvegliante lo sciatto licaone Aristogìtone Ngouma) ha organizzato quella che promette di essere una favolosa Vigilia di Natale. Ha ripulito entrambe le piazzette del minuscolo borgo – già da qualche tempo in fase di ristrutturazione – ed ha sistemato lanterne, torce e bracieri sotto gallerie e volte. Sui davanzali della Loggetta degli Spiriti ha messo candele rosse in lucerne di rame, ghirlande di vimini cariche di pigne, bacche rosse ed arance che oscilleranno sotto gli archi. La cena di Natale si svolgerà al piano nobile dell’ex palazzo Bonelli, in una grande sala illuminata da un camino. Dalle travi del soffitto penderanno festoni e luci, i bracieri arderanno nelle piazze, e, alla messa di mezzanotte, Licaoni ed Otocioni, uniti in via del tutto eccezionale, intoneranno “In dulci jubilo”.


Da mia nipote Ceridwen O’Cleirigh (detta Bubbles) ci andremo invece a Capodanno. Una fine d’anno irlandese!

martedì 23 dicembre 2008

Bastet


Bastet
Inserito originariamente da susannucciauccia
Uno dei miei numerosissimi lettori mi ha chiesto da quando in qua i gatti scrivono. Sin da tempi immemorabili, direi, e dato che non mi piace fare affermazioni senza produrre valide testimonianze, son qui a mostrare un antico papiro egizio, risalente all'epoca del faraone Sesostri III, che raffigura la Dea Bastet (sempre sia lodata) mentre detta ad uno scriba un misterioso documento, le cui frasi (A... li... morté...) peraltro sono assai criptiche ed ancora non del tutto interpretate...

domenica 21 dicembre 2008

Miele a Natale

Oggi è arrivato un pacco a casa dello Zio Panda.
Arriva ogni anno a Natale, da più di dieci anni, mi ha detto la Mamma. Era un pacco cilindrico, alto più o meno come me, ovvero una quarantina di centimetri circa. Dico circa perché, tutte le volte che la Mamma ha tentato di misurarmi, io mi divertivo ad afferrarle il metro e a tirarlo qua e là, cercando di coinvolgerla. Ma figurati. Insomma, questo pacco proveniva dalla provincia di Livorno (da San Vincenzo, mi pare) e conteneva un grande vaso pieno di miele, legato con un fiocco rosso. Il mittente era una certa Maya Qualcosa.
Il nome mi ha ricordato una fotografia inviata a mia sorella Megalo nel febbraio scorso. La fotografia di una rotatoria, ovviamente, di cui mia sorella fa collezione con inesausto furore. Anche lì la mittente si firmava Maya, diceva di essere iscritta al Partito Comunista e di aver conosciuto molti anni fa lo Zio Panda. La Mamma mi ha raccontato che un'estate di molti anni fa lei e lo Zio Panda erano in vacanza presso un agriturismo della Costa Etrusca e riposavano sul bordo di una piscina, dopo pranzo. All'improvviso lo Zio Panda si alza, spicca un salto nella piscina e, all'urlo di "Apina, resisti!!!" avanza spavaldo con la mano tesa verso il centro della vasca, raccoglie delicatamente un'ape mezzo annegata, esce dalla piscina e la posa sopra una foglia, sul muretto caldo sotto il sole. Bofonchia: "Se eri una vespa, col cavolo che ti tiravo su" (mostrando, a mio modo di vedere, una notevole dose di razzismo).
E' da quell'anno, ha concluso la Mamma, che ogni anno a Natale arriva a casa un barattolo di miele.

sabato 20 dicembre 2008

La palma di Natale (salmo arabo)

A volte ho la tremenda suspicione che Maysa la lince passi la vita a sbeffeggiare mio fratello Martino il rabbino, alla faccia della pace e della fratellanza tra ebrei e musulmani. Da quando Martino ha pubblicato il salmo natalizio (si fa per dire) ebraico, Maysa non fa altro che prenderlo per il culo e adesso ha scritto anche lei una poesia natalizia musulmana (dice lei. Se la legge un mullah le scaglia una fatwa, come minimo).

Fili dorati sulle palme,
globi di vetro iridescenti
dondolavano al vento del deserto
e la sabbia li smerigliava,
poveri globi vitrei.
Angeli sul padiglione,
aureole d’oro luna d’argento.
Luci verdi e scarlatte
- il generatore funziona?
Dio sia lodato! –
La cometa era tutta d’oro!
candele sotto le tende,
alla faccia della sicurezza,
muschio per il presepe,
secco, calcinato,
non c’è acqua,
il muschio si secca
e se la candela dà fuoco alla tenda e se le luci danno fuoco alle palme e se scassi il gruppo elettrogeno che madonna vedi nel deserto e se ti vede Kassim te li dà lui il presepe e la palma di Natale brutto cane infedele che fai l’albero di Natale nel deserto te lo do io il Natale te lo do io il Natale te lo do io il Natale te lo do io il Natale te lo do io il Natale……………………….

venerdì 19 dicembre 2008

Alibech


La sera dopo cena nel soggiorno di Ibadeth e Tarquinius, raggomitolata sul divano guardavo il fuoco nel camino. Ibadeth trafficava in cucina, Tarquinius era fuori per qualche consegna – un pannello istoriato per una chiesa evangelica, credo –. Asiak era ad una festa con il furetto (a fare le stole di pelliccia animaliste, come ben si sa). Arturo, il soriano ragioniere dormiva sul tappeto liso davanti al focolare, Lucy K.K. guardava fuori dalla finestra. Ad un certo punto mi sono girata e non l’ho vista più.
Mi sono rimessa a dormire e ho sognato vicende familiari dimenticate, tavolate in cima alle scale, camini accesi circondati da agrifogli e giardini innevati guardati da dietro i vetri. Ne sentivo anche l’alito freddo, quando mi sono resa conto che era Lucy K.K. che era rientrata e piangeva in silenzio. Arturo si è svegliato, si è stirato ed ha incominciato a leccarle il manto color cipria. Lucy ha detto che era uscita per fare due passi nel paese vicino e aveva visto da lontano Alibech, la visoncina flautista, che attraversava la strada, con il pelo marrone scuro che scintillava sotto la luce del lampione, e che quando aveva tentato di raggiungerla aveva visto soltanto le orme sulla neve e un cespuglio di prugnolo che ondeggiava lieve all’inizio della discesa verso la valle.

martedì 16 dicembre 2008

Salmo ebraico di Natale

Dopo avere invano cercato un canto ebraico che celebrasse il Natale e senza darsi una spiegazione del perché non ne trovasse, mio fratello Martino ha deciso d'inventarsene uno lui. Lui sostiene di averlo rinvenuto in una nota in calce (molto in calce) di qualche sottotesto della Kabbalah, ma era abbastanza chiaro che il salmo è un parto della sua mente obnubilata; noi abbiamo tuttavia finto di credergli. Se lo vedete, non ditegli che lo abbiamo smascherato, se no ci rimane male...


Sulle rive del fiume in piena
guardammo gli arbusti nel fango,
sulle rive del fiume ribollente
guardammo le nostre speranze.
Qualcosa se ne sta andando,
rami d’ulivo, rami di vischio,
qualcosa se n’è già andato,
il calore dell’accoglienza.

Intrecciammo ghirlande di pino
per la libertà che svaniva,
intrecciammo ceste di giunco
per i doni che non offriremo.
Raccogliemmo canestri di sassi
da lanciare allo straniero,
lo straniero ci distrugge la casa,
questo è ciò che ci dicono.

Lo straniero ci ruba il lavoro,
ecco cosa ci dissero.
Lo straniero vi ruba le donne,
lo straniero avvelena il pane,
non offritegli ghirlande,
non dategli fuoco e calore.

Serrate il cancello del giardino,
non fate entrare lo straniero!
Fate crescere l’edera sulle porte,
lasciate fuori calore e amicizia.
Questo ci stanno dicendo,
questo ci hanno detto.

Sulle rive del fiume in piena,
guardammo gli olivi sradicati,
ed intrecciammo ghirlande di agrifoglio
da offrire allo straniero,
raccogliemmo cesti di pigne,
da dividere con lo straniero,
raccogliemmo legna e sterpi
per riscaldare lo straniero,

e sotto l’abete danzammo
insieme con lo straniero.



sabato 13 dicembre 2008

Angolari


Quadro Beatrice Vaccari
Inserito originariamente da susannucciauccia

Angolari

Dietro a questo termine essenziale, e forse poco evocativo, si cela un microcosmo architettonico che costella gli angoli di Ferrara e a cui il nostro sguardo distratto non fa quasi mai caso.
Con questa parola vengono riassunti tutti gli elementi architettonici che, posti all’angolo di due muri di un edificio, concorrono al loro sostegno e salvaguardia
.

Ho accompagnato Ibadeth, Tarquinius e Jerry a Ferrara, giorni fa. Ibadeth doveva suonare il violino all’inaugurazione di una mostra di quadri presso la Galleria del Carbone, in via del Carbone (manco a dirlo), nel centro storico della città estense.
E pensare che Ferrara non mi è piaciuta, la prima volta che l’ho vista. Chi lo sa perché. Adesso amo le sue vie rosse, i suoi giardini nascosti, il selciato delle strade del centro fatto di ciottoli rotondi (i “bolognini”), le sue mura alberate e le sue casette quadrate di fiume. E la sua cucina, naturaliter. (Tant’è vero che Jerry ne ha approfittato per passare da Luca, alla gastronomia “Le cose buone”, per fare scorta di ravioli “Foresta Nera”, tanto per stare sullo spirituale estremo).
Alla mostra ci aveva invitato un’amica di Jerry, Beatrice Vaccari, autrice di alcuni dei quadri esposti, che raffiguravano gli angolari ferraresi. Delicati acquarelli come un’icona aperta su un angolo di muro, uno scorcio di strada…

giovedì 11 dicembre 2008

Viaggi senza ritorno


pontenuovo
Inserito originariamente da susannucciauccia

Il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino ha vinto un premio per il servizio fatto quest’estate sull’agguato alla Creatura, quando lui e il fotografo ferrarese Antenore Balboni hanno filmato la Bimba che suonava la buccina. Al festival di Avoriaz?, ha insinuato, lepido, mio fratello Edoardo, alludendo ai migliori film dell’orrore (ma lui è noto nel mondo e dintorni per la sua malevolenza). Il lupo se n’è bullato per settimane e ora ha realizzato una serie di servizi sulle agenzie di viaggi del comprensorio, intitolato Anamorfismo: il tema del viaggio in una prospettiva diversa. La prima puntata è andata in onda ieri su RAI3 e il licaone Aristogìtone Ngouma ci ha costretti tutti a guardarla perché si parlava dell’agenzia di viaggi dove lavora una sua amica, Araminta Alcamisi.
Se avete bisogno di fare un viaggio rivolgetevi a lei” esultava il licaone “propone percorsi originalissimi a prezzi veramente convenienti!”
E te credo, ho pensato io. Il lupo intervistava Araminta e il suo principale nella sede dell’Agenzia, (che vedete in effigie), ubicata nel perimetro del civico Cimitero (“Sai, pagano poco, lì” l’ha giustificata il licaone). Araminta Alcamisi (detta Minnie) è una jena ridens e il suo principale, Sigfrido Tombaccia, un avvoltoio della specie Gyps (un accipitride detto “Grifone eurasiatico”, m’informa Aristogìtone). Mentre Tarquinius e il ragioniere facevano pesanti gesti apotropaici, il lupo intervistava l’avvoltoio e la iena (e già la cosa è vagamente trucibalda) sui pacchetti che offriva la loro agenzia, nomata Viaggi senza ritorno.
In che senso, mi scusi, senza ritorno?” voleva giustamente chiarire il lupo. La jena, vezzosa, scoppiava in una risata trillante e spiegava che era perché i loro viaggi erano talmente coinvolgenti, talmente affascinanti, talmente emozionanti che difficilmente i clienti, estasiati, ne tornavano. L’avvoltoio annuiva col capo, lisciandosi il parrucchino (sono calvi, essi, pare. Il motivo non ve lo dico, fa troppo schifo).
Potrebbe farmi un esempio? Che so, un pacchetto adatto per le festività natalizie…”
Araminta prorompeva in una risata squillante e Ibadeth, innervosita, esclamava: “Ma che cazzo si ride, quell’oca?”
Ah, è una sagoma, Minnie è una sagoma” intonava entusiasta il licaone. “E’ molto briosa, quando siamo un po’ giù andiamo da lei a farci quattro risate… Ha un tale senso dell’umorismo che ha riso anche al funerale del babbo di un mio collega, durante l'elogio funebre, mentre i parenti ricordavano la dirittura morale del defunto…”
Arguta…” commentava Asiak, stordita. Intanto, sullo schermo, la jena ridens descriveva allegrissima un’offerta irripetibile per la fine dell’anno:
Settimana bianca nel Nord Italia partendo dai suggestivi pendii della Valtellina per finire sui candidi picchi innevati presso il Tagliamento. Si comincia con una sessione di sci fuori pista sul Monte Disgrazia, quindi sci di fondo sino al Pizzo del Diavolo. Dopo una sosta in una romantica baita presso Somma Rovina, nella Valle dei Ratti, si prosegue con la jeep sino al Monte del Brutto Passo, dove si effettuerà un’emozionante ciaspolata nella Galleria del Passo della Morte…”
“Ma vaffanculooooooo!”
hanno urlato Arturo il ragioniere e Lucy K.K., schizzando fino al soffitto, prontamente redarguiti da Tarquinius che trovava poco elegante il loro dire. Intanto l’ineffabile Minnie proseguiva la sua esposizione, inframmezzata da spumeggianti scoppi di risa, proponendo una vacanza studio al Ghiacciaio della Tribolazione. Quando io ho messo in dubbio l’esistenza di simili amene località, il licaone Aristogìtone me ne ha confermato l’esistenza, mentre sullo schermo l’avvoltoio sorrideva benevolo, sullo sfondo di un manifesto colorato sui toni del rosso che invitava alla Sagra del Migliaccio e del Sanguinaccio...

mercoledì 10 dicembre 2008

Martino e il Natale ebraico


DSC00239
Inserito originariamente da susannucciauccia

Primo piano di mio fratello Martino, il rabbino, con aria concentrata e cogitabonda. Forse starà meditando su qualche passo particolarmente ostico della Kabbalah.

O forse si sta dando da fare per cercare canti di Natale ebraici. Sì, perché il pisquano è stato convinto dalla Bimba a cercare canti natalizi israeliti da cantare la grande notte di Natale a Salci, patria della nottola Ecate Accorinti detta Catina.
Solo che, chissà come mai, non li trova.

venerdì 5 dicembre 2008

Forza di stomaco


Parodia
Inserito originariamente da susannucciauccia

Sbaglio o negli ultimi tempi si sono intensificati i manifesti di Forza Nuova a Perugia?...

Nel corso dell'anno passato si davano parecchio da fare per dare addosso al minimetro. Il Giorno dell'inaugurazione, il 29 gennaio, hanno foderato la città con manifestini in cui esprimevano il loro dissenso contro il povero trenino in maniera articolata e sottile:



"Il minimetro: che cacata pazzesca!"



Poi, diluvio di mega-manifesti, attaccati dove capitava, in cui definivano Perugia "un buco con la città intorno"; alludendo, suppongo, al fatto che l'ultimo tratto del mini passa sotto terra, infilandosi nella collina all'altezza di viale Pellini e sbucando nell'acropoli, al parco del Pincetto (da cui, fra l'altro, si gode una spettacolare vista della valle del Tevere e dei monti circonvicini).

Ora hanno parodiato i manifesti elettorali esposti dal PD in vista delle elezioni comunali del prossimo anno, che mostrano vari personaggi - anche non originari di Perugia - che vivono e lavorano in città, con la didascalia "Perugini come te".

Ed ecco il parto delle menti fervide dei creativi di Forza Nuova. Da sinistra Amanda Knox, Rudy Guedé e Raffaele Sollecito, nessuno dei tre oriundo perugino, come si potrà ben intuire.
Come a dire che non devi considerarli perugini come te.
Come a dire che se a Perugia facciamo entrare gli stranieri, ecco che cosa succede: orge, omicidi, droga.


Io mi auguro solo che non abbiano pagato la tassa d'affissione, per mettere quest'obbrobrio.
Mi auguro che la forza pubblica li sanzioni in qualche modo, ça va sans dire.

Inoltre una cosa farei, se avessi il modo di mobilitare grandi masse di gente: dal momento che l'odio dei forzanovisti si ripartisce equamente tra stranieri e minimetrò, organizzerei una manifestazione di anti-razzisti con striscioni, trombette e bandierine che viaggi per due o tre ore sul minimetro in festa....

Magari con l'aiuto del Russo, che ha segnalato lo scandalo.

martedì 2 dicembre 2008

L'età del princisbecco

E anche il Museo rurale è stato inaugurato. La mia Mamma, a furia di ripetere i nomi degli attrezzi agricoli e i loro usi, quasi quasi li ha imparati e quasi quasi la gente ci credeva, che lei ne sapesse qualcosa. Sono venute tonnellate di persone, hanno mangiato giù come assassini, lo Sciambilocco ha terminato di montare il Presepe animato in corner, noi abbiamo cantato e suonato canzoni perugine del bel tempo che fu, Maysa la lince e Baedyn il vombato hanno servito quintali di panini con la porchetta e salumi assortiti.
Già, il bel tempo che fu.
Alla gente il Museo è piaciuto. La Mamma ha detto che era commovente vedere questi vecchi contadini che riconoscevano gli attrezzi e s'interpellavano l'un l'altro. "T'arcorde?...". Meno commovente era sentire la gente che magnificava quei bei tempi, in cui c'era più semplicità, c'era meno invidia, la gente si voleva più bene, c'era meno tecnologia e più solidarietà....
A me questi discorsi provocano mutazioni genetiche. Nel senso che prima mi fanno crescere le palle e poi me le fracassano.
Se steva mejo quan se steva peggio, dicono nel perugino.
Ma quando mai?
Accordiamoci sul quando, innanzi tutto.
Cinquant'anni fa, sessanta? Mi permetto di suggerire che c'era la Seconda Guerra Mondiale, tanto per gradire. Non lo sceglierei come età dell'oro.
Va be', rimaniamo alla dimensione locale, senza allargarci tanto. Siamo proprio sicuri che i bei tempi andati fossero proprio tanto belli?
Si faticava, ci si ammazzava di lavoro, c'erano più malattie, meno soldi...
Meglio?
Va be', lasciamo perdere la dimensione materiale. Si credeva più in certi valori, si dice.
Ma quali?
Quelli del fascismo? Dio liberi.
L'unità della famiglia?
Ma non era più esibita che reale? Sicuri che non ci fosse più ipocrisia, invece?
Sicuri che non stavamo meglio perché eravamo più giovani?
Mi documenterò, non dubitate. Non voglio limitarmi a seppellire gli innumeri lettori di questo blog sotto un diluvio di domande.
Retoriche, per di più.