venerdì 24 ottobre 2008

Corso di razzismo: parte seconda, o del pregiudizio

Narrano che Fray Luis de Leon, professore all’Università di Salamanca la bellezza di quattro o cinque secoli or sono, subì tante e tali traversie che rimase assente cinque anni dall’università e, al momento di riprendere le lezioni, iniziò dicendo, serafico “Como decìamos ayer…”. “Dove eravamo rimasti?...” così il licaone Aristogìtone ha interpellato il suo pubblico del corso di razzismo applicato. “Allo stereotipo?” E ha continuato dicendo che è comprensibile che ci sia: ci serve per andare avanti, è normale che ci si faccia un’idea vaga su cose e persone che non conosci, sarebbe complicato se dovessimo stare sempre a ricominciare da zero ad ogni situazione imprevista. Tuttavia una conoscenza approssimativa può facilmente trasformarsi in pregiudizio: un atteggiamento negativo ed aprioristico verso una categoria di persone. Ti fai cioè di un gruppo un’idea priva di analisi dei fatti che lo riguardano. Straparli senza conoscerlo, insomma.
Il licaone, ha detto Ibadeth, ha fatto l’esempio di un suo ex compagno di scuola, un ragazzino morto in un incidente: il giovane guidava una moto, e un giorno un camion che evidentemente aveva fretta di consegnare qualcosa gli tagliò la strada uccidendolo. Bene (si fa per dire), tutti i suoi conoscenti dissero che poverino era spericolato, che questi giovani con le moto corrono come pazzi, che i ragazzi sono incoscienti e cose del genere; e a nulla servì la testimonianza d’un vigile che disse a tutti che il povero giovane stava andando a velocità moderata e che la colpa era del camion. Qui agiva potentemente lo stereotipo: una categoria (i ragazzi) era giudicata incosciente e spericolata (e spesso lo è), ma nel caso presente non bisognava attivare il pregiudizio, bisognava ricominciare da capo: alt… forse stavolta non è andata così… forse questo ragazzino non era spericolato… O per lo meno, se non ti frega niente, ha concluso Aristogìtone, non ti poni il problema e stai zitto. Che è meglio.

Se però dallo stereotipo si passa al pregiudizio e dal pregiudizio alla discriminazione, si passa per così dire all’azione.

Dicesi discriminazione la traduzione di un pregiudizio in un comportamento che in qualche modo tende a sottolineare una distinzione.

E qui bisogna fare una fermata per riflettere sulla discriminazione.
E non solo.
Anche per permettere al relatore di recarsi a un pub a qualche chilometro di distanza. Ce ne sarebbe uno nella strada accanto, ha concluso Aristogìtone, ma fuori c’è un cartello che vieta l’ingresso ai cani ... e i licaoni, come forse sapete, possono facilmente esser confusi con essi. E' chiaro che qui si attua una discriminazione, ma dove discriminano io piglio e me ne vado, mica mi metto a litigare.

Anche perché la birra in quell’altro pub ce l’hanno migliore.

4 commenti:

lucy ha detto...

io ho un collega che puzza in modo inverecondo. ammorba l'aria della microstanza prof che ci dividiamo in settanta. ma puzza puzza, però, eh!?
un misto di cacio, merda pestata, cipolla sedimentata, grasso di cuoio capelluto. ha l'aria di un clochard e non è detto che non lo sia. viene da noi da qualche giorno, siamo tutti costernati. bè: l'aspetto consolante di questa cosa immonda è che egli è la testimonianza vivente che un bianco che non si lava puzza di marcio. mentre le sciure al mercato dicono che "i negri, poveretti, ce l'hanno proprio nella pelle la puzza, anche se si lavano, puzzano subito dopo".
il mio giudizio è che la puzza è puzza e se uno è schifiltoso come me la sente a miglia di distanza, è vero, ma non ha nessun obbligo di annusarla. il pregiudizio è che le ascelle e i piedi africani puzzano di più di quelli italiani. addentrarmi oltre in questo racconto in cui sono disgraziatamente esperta causa naso da tartufo significa disturbarvi la digestione per i secoli a venire. perciò smetto. facevo solo un esempio, come.

Susanna ha detto...

Gli odori, mi dicono, sono diversi. A me non sembra che Aristogìtone puzzi: è un po' sciatto, ma pulito...
A noi pare che i neri puzzino, ma anche ai neri pare che puzziamo noi: un amico di Aritogìtone mi diceva che agli africani sembra che i bianchi puzzino di bambino morto, pensa tu... Invece agli arabi e agli isareliani, mi hanno detto una volta, sembra che noi puzziamo a causa dell'eccessivo consumo di formaggio. Boh.
Il tuo collega evidentemente si lava poco, a prescindere dal suo colore. Poco educato, direi. L'unica cosa da fare, se si vuole escludere il dirglielo brutalmente, è attaccare alla corrente nella sala insegnanti uno di quegli arnesi tipo Glade che diffondono profumi... e così magari si sommerà puzza a puzza...
E' una situazione spinosa, in effetti...

lucy ha detto...

qualcuno l'ha girata al preside, la questione. ma guarda che è una puzza terrificante, io che sono una notoriamente calma e per niente gaffeuse stavo per dirne una delle mie. quando ho scoperto la provenienza, tout le monde già parlava, vomitando, della cosa. una sporcizia così indica un problema serio, di tipo anche psichico. più che di bambino morto, questo puzza, con rispetto, di sorcio morto.
la storia del formaggio è vera, e non me l'hanno detta gli arabi, ma una dietologa. la caseina e la cadaverina, non so quale è meglio.

Gaja Cenciarelli ha detto...

una cosa è certa: I GATTI NON PUZZANO!
i gatti sono le creature più pulite e profumate del mondo.
prendiamo esempio dai gatti!

p.s. margot ha controllato che io scrivessi esattamente tutto ciò che mi stava dettando! :-DDD