martedì 28 aprile 2009

Le vite dei Santi: il beato Sbardellotto da Sigmaringen


santino sbardellotto
Inserito originariamente da susannucciauccia

So che il Bimbo è decisamente ateo, pertanto grande è stata la mia sorpresa quando ho visto che studiava le vite dei Santi. Ha avuto una folgorazione sulla via di Damasco, ho pensato; ho in seguito compreso che non è per religiosità che si è dedicato a tale argomento, anzi, per l’esatto contrario. Ciò che lui vuole dimostrare è che santi e beati erano in larga parte un campionario di disturbi di personalità di vario tipo (dalla personalità istrionica di Giovanna d’Arco ai disturbi alimentari di Caterina da Siena, dall’isterismo di Padre Pio da Pietrelcina ai disturbi sessuali di Santa Melania minore) e che, in maggioranza, sono stati santificati per motivi bassamente politici. Quando io ho provato a salvare almeno San Francesco d’Assisi o Madre Teresa di Calcutta, il Bimbo ha bofonchiato qualcosa del tipo aspetta e vedrai, ma per lo meno non ha espresso giudizi eretici né me li ha smontati.
Il ponderoso testo che sta leggendo adesso s’intitola Il beato Sbardellotto da Sigmaringen: una vita per la temperanza, Accademia degli Smandrappati, Bassano del Grappa, 1655. Vi è narrata la vita del beato in questione: rampollo di un’agiata famiglia di onesti birrai la cui specialità era la Cervogia insaporita con erba diossina e metanolus vulgaris, sin da piccolo si mise in urto con i bravi parenti praticando fori nelle immense botti della paterna osteria ed allagandone i locali, mentre al contempo urlava esortazioni alla penitenza (“De cornutissimis mortuis tuis!!!”), fino a che decise d’intraprendere un pellegrinaggio che lo portò in terre venete, dove, credeva, avrebbe trovato un terreno fertile per la sua predicazione di temperanza. Non trascurando peraltro la cultura classica nella quale era particolarmente versato, chiosò il Somnium Scipionis, ma la pregevole opera fu lasciata incompiuta in quanto si addormentò a metà libro.
Giunto in quel di Bassano del Grappa fece molto parlare di sé in quelle oneste contrade per un miracolo che richiamò gran copia di fedeli: la trasformazione del vino in acqua… L’evento miracoloso inspiegabilmente gli aizzò contro la collera degli osti locali, i quali lo martirizzarono annegandolo in una botte di Recioto di Soave, incuranti delle sue esortazioni alla penitenza e delle sue parole di perdono (“De mortaccis tuis, fili de la gran puta, culattonibus raccomandatibus, porcus singularis ingrifatus vos inculaverit, fili de la gran bagassa sfonnata!!!”)…

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Però che morte l'affogamento nel Recioto...

fulvialeopardi ha detto...

te direi che non è vero...ma lo è ;)

Marco Marsilli ha detto...

In effetti il paradiso ha sicuramente un buon clima, ma per la compagnia è sicuramente meglio l'inferno.