La mia Mamma, si sa, non ha il comune senso della decenza; pertanto il prossimo 26 giugno parteciperà ad una serata di pubblica lettura di racconti presso la Libreria Flexi di Roma, ove leggerà il racconto allegato. La serata s'intitola "Auroralia" ed è stata organizzata dalla zia Gaja Cenciarelli. Si leggeranno quindici brevi testi - racconti, ma anche poesie e riflessioni sparse - ispirati ad una foto di Uelsmann raffigurante un'ombra femminile nera che sorvola uno specchio d'acqua.
Anche inquietante, direi io.
Comunque, questo è il racconto.
Il lago dell’Abisso
Non è che a casa sua non ci fossero degli specchi. C’erano. Ma lei non aveva mai capito a cosa servissero.
La sua era una famiglia modesta, ma rispettabile, amava ripetere la mamma.
Già, rispettabile, qualunque cosa volesse dire.
Il campo semantico della parola rispettabile comprendeva una pletora di oggetti sconnessi e all’apparenza slegati fra di loro. Comprendeva il taglio di capelli con un’insalatiera ficcata in testa, tenuta ben ferma dalla vicina di pianerottolo che le scorciava le chiome torno torno con un paio di forbici che le servivano nel suo lavoro di sarta (fa la sarta, saprà ben adoperare le forbici…). Comprendeva i vestiti ereditati dalle cugine e dalle figlie delle amiche, cui la mamma cuciva un orlo fantasmagorico per abbellirli, e che le cugine e le figlie delle amiche riconoscevano immediatamente come propri (Mamma, guarda, Palma ci ha i calzoni che tu avevi buttato!). Comprendeva il bagno fatto solo la mattina della domenica. Comprendeva il deodorante spruzzato sopra i maglioncini, che s’infeltrivano e si macchiavano. Comprendeva il divieto d’usare il bidet (che Palma fino a quattordici anni aveva creduto essere il recipiente dove si lavavano i piedi).
Palma passava spesso i suoi pomeriggi affacciata alla terrazza che dava sulla via trafficata. Guardava il mondo e non capiva. Le macchine correvano avanti e indietro sulla strada e… come facevano a non scontrarsi?… Scontro frontale, ripeteva la mamma, è mortale, non prendere mai la macchina, Palma! Un pomeriggio, Palma aveva capito – o almeno aveva creduto di capire – che la striscia bianca in mezzo alla strada serviva a dividere le macchine! Da una parte vanno in su, dall’altra vanno in giù! Ecco perché non si scontrano! Ho capito! Il mondo le era apparso meno incomprensibile, era riuscita ad impadronirsi di una chiave che glielo faceva sembrare meno estraneo! Era corsa subito dalla mamma a dirglielo, pensando che anche a lei finalmente il mondo sarebbe apparso meno spaventoso.
La mamma aveva fatto una risataccia ed aveva negato. Non era mica vero, che la striscia bianca serviva a dividere le macchine. Non era mica vero che le automobili marciavano secondo un ordine. Le auto marciavano a caso. E si scontravano frontalmente. Che cosa pensava, Palma, di aver avuto un’idea geniale?
Palma era tornata in terrazza, avvilita. Eppure, le era parsa un’idea così carina…
E gli specchi.
C’era una bambina, dentro lo specchio. Magra, con gli occhi fondi e il naso lungo. Aveva uno scamiciato di lana grigia, come lei.
A un cero punto Palma aveva capito. Quella bambina era lei!
Era corsa a dirlo alla mamma.
La mamma aveva fatto una risataccia e aveva negato. E come faresti, tu, a vederti su un pezzo di vetro? Dimmelo, come sarebbe possibile? Quello è un quadro, Palma, quella bambina è la nipote di una mia cugina a cui volevo molto bene. Come fai a essere tu? Credi che tutto il mondo giri intorno a te?
Ma si muove, mamma, aveva detto Palma fiocamente. Si muove quando mi muovo io.
E’ un ologramma. Un quadro che si muove, aveva riso sua madre.
E se io voglio vedere come sono fatta?… aveva provocato la bambina.
Non c’è modo, aveva soffiato sua madre, continuando a lavorare a maglia.
Non potresti farmi una fotografia?
No, non ho la macchina fotografica. Non ho i soldi per comprarla e in tutti i modi non la comprerei per te.
Non potresti farmi fare un ritratto? Come quello che ho visto, della figlia di tua cugina?
Non c’era stata risposta.
Che fine ha fatto, quella bambina? Aveva voluto sapere Palma.
La madre aveva riso. E’ morta! E l’aveva guardata, ridacchiando.
A diciotto anni se n’era andata, anche se nessuno della famiglia aveva capito perché.
S’era diplomata all’Istituto agrario e aveva trovato un lavoro in un’azienda agricola vicino Bevagna. Vicino al Lago dell’Abisso.
Il Lago dell’Abisso, profondissimo specchio d’acqua, alimentato da una polla risorgiva. Quindici metri di profondità, colore blu intenso, circondato da fosche leggende.
Quando faceva caldo, scendeva dal trattore e andava a riposarsi sotto ai pioppi, vicino al lago. Uno specchio rotondo e turchese, in cui le piaceva rimirarsi.
Talvolta si addormentava vicino al lago e sognava.
Sognava di non essere lei. Le pareva di essere una creatura sottile e scura, che sorvolava a gran velocità i mari, le campagne e le città e si specchiava in tutti gli stagni del mondo…
9 commenti:
Bel racconto. Che mamma (non la tua) antipatica!
La tua mamma fa benissimo, perchè il suo racconto è molto bello.
Le foto di Uelsmann invece sono proprio inquietanti.
Decisamente il racconto è un po' inquietante, ma bellissimo. La figura della madre è pessima, ma forse proprio per questo così raccapricciante e nello stesso tempo affascinante.
Complimenti a tua madre, speriamo che tante altre mamme seguano il suo esempio e tramandino la guioia di leggere.
Ciao
ti sarai mica inabissata a roma, o mamma della susanna?
Deh mamma della Susanna, come è andata la serata letteraria?
Buongiorno a tutti e a gatta Susanna! La mamma ha letto davvero molto bene. C'ero e ho goduto della sua intensa lettura e rappresentazione: è stato emozionante. Buona giornata a tutti.
Silvia
La foto cos'è? Le fonti del Clitunno? ;)
Beh, un po' ci somiglia... ma è il vero e autentico Lago dell'Abisso, vicino a Bevagna!
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