Non penso che mi presenterò mai più dalle parti della Libreria Flexi dopo la figuraccia memorabile patita a cagione del Bimbo e della Bimba.
Era prevista la pubblica lettura di quindici racconti, ispirati all’inquietante foto di tale signor Uelsmann, un’ombra femminile nera che vola sopra un tetro paesaggio fatto di laghi e colline glabre. La Mamma aveva scritto un racconto ancor più inquietante, se possibile, e nel primo pomeriggio lei e lo Zio Panda erano partiti per recarsi nella capitale con la loro indegna vetturetta arancione e si erano allocati in un piccolo albergo in fondo alla Via Labicana, appiccicato al raccordo anulare, fra parentesi.
Megalo ed io eravamo andate a trovare nostra cugina Margot al Museo da lei mirabilmente diretto. Alle nove passate, eravamo in via Clementina 9, quartiere Suburra, alla libreria Flexi, che ho scoperto essere un’ibrida creatura chiamata “caffè-libreria”. Poco bene, mi son detta; Megalo, Margot ed io abbiamo cominciato a tracannare uno spritz dietro l’altro e, quando le letture sono iniziate, eravamo già in una dimensione altra.
Alla fine delle letture, la zia Gaja ha annunciato un fuori-programma: la performance di due giovanissimi autori molto promettenti (“Promettenti sventura” ha biascicato mia sorella Megalo), che si sarebbero prodotti nella lettura di un poema epico-pulp con accompagnamento di strumenti musicali desueti. Non sapevo chi fossero, ma una sottile angoscia ha cominciato a farmi rizzare i peli ed appiattire le orecchie sul capo; la premonizione si è rivelata azzeccata quando ho visto presentarsi al pubblico assiepato nella saletta il Bimbo con un fascio immenso di fogli di carta velina e la Bimba con la buccina.
“Oh mio Dio” ho soffiato io. “Li mortacci loro!” ha strillato Margot, facendosi riconoscere come al solito, mentre il Bimbo dava inizio alla lettura della Bimbeide, poema epico-pulp in 753 canti che narrava le innumeri malefatte di una bimba non meglio identificata… e che tale è rimasta perché, ogni volta che la lettura si avvicinava a qualche passo particolarmente scabroso, la Bimba (che aveva massacrato la buccina a schiaffoni e cazzotti fino a convincerla a diventare un clarinetto per sfinimento) soffiava con forza nello strumento emettendo muggiti inimmaginabili.
“E fu allora che la Bimba sottrasse vilmente il quadro al Museo e…. UAAAAAHHH!” “…e allorquando la Bimba distrusse con la dinamite….UAAAAAHHH!!!”
Alla fine della lettura (verso le tre del mattino) il pubblico era in stato catatonico, vanamente soccorso dal Bieco Libraio che distribuiva caffè corretto alla vodka a tutti, provocando nella zia Gaja e in Margot un raptus canoro che le portava all’esecuzione della famosa aria “Ci ho sette par de scarpe e vado scarzo”.
Il Bimbo e la Bimba, invece, fieri della loro prodezza, ricevevano le congratulazioni (credevano loro) della folla che così commentava la performance:
"Insolito!"
"Ci avete lasciati senza parole!"
"Mai sentita una cosa simile!"
"Una performance fuori dal comune!"
"Incredibile!"
... e così via...
3 commenti:
Una bella serata, certo, mi piace leggere il tuo racconto, un bacione
Deve essere stata una bella serata, tanta gente, le signore in lungo...Bella inziativa, brave.
magari eravate senza parol ma qualcuno russava sicuramente....
Ciao
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