domenica 9 maggio 2010

Tra Corso Vannucci e il West


shulamith
Inserito originariamente da susannucciauccia

Anch’io ho un piccolo mistero casareccio da raccontarti” mi ha detto ieri Maria Grata Li Greci, la candida micia siciliana che fa l’anestesista e la danzatrice del ventre nel tempo libero. O il contrario, a seconda della prospettiva.
Eravamo a pranzo nei pressi dell’ospedale, lei era in pausa ed è venuta con me a mangiare un piatto di croccantini presso il triste bar dell’Ospedale Silvestrini.

Ero studentessa all’Università, ero venuta dalla Sicilia, stavo a pensione presso il gattile di Collestrada e avevo fatto amicizia con un’altra gatta siciliana di nome Rosa, che veniva da Messina. Rosa studiava filosofia e spesso si accompagnava con discutibili figuri. Non che fosse una gatta poco seria, sia chiaro, sospetto solo fosse afflitta da una cronica insicurezza e probabilmente bisogno d'affetto, che la spingeva sovente a mescolarsi con tipi che avrebbe fatto meglio a lasciar perdere. Durante la nostra amicizia, che non è sopravvissuta agli anni dell’Università, ne ha cambiati alcuni, che a me parevano uno peggiore dell'altro.
Il più simpatico di loro, e quello che è stato più a lungo con lei, era un suo compagno d’università, che si chiamava Mike Di Prinzio ed era americano. Era un tasso, diceva di venire da Newark, dove era nato e vissuto con la sua famiglia, ovviamente originaria dell’Italia meridionale, credo dell’Abruzzo – il nonno era emigrato in America negli Anni Venti, mi pare, ma i genitori di Mike erano nati a Madison, nel New Jersey, e la madre di lui non conosceva una parola d’italiano. Erano una famiglia molto snob: il padre era direttore di banca, la madre gestiva un’agenzia immobiliare e avevano mandato il figlio a studiare in Italia per conoscere la terra dei suoi avi.
Questo è quello che andava affabulando Mike. Rosa diceva che un giorno o l’altro sarebbe andata con lui in America a conoscerne la famiglia e la cosa la metteva un po’ in apprensione. Rosa era una gatta semplice e simpatica, studiava con un buon profitto, ma non aveva ambizioni di far chissà cosa con la sua laurea. Soprattutto, non sapeva cucinare, il che la faceva sentire abbastanza insicura -pare che la madre americana di Mike fosse una cuoca sopraffina. Mascherava la sua insicurezza con una perenne vivacità che si scontrava con un analogo atteggiamento, condito da aggressività, da parte di Mike: erano simpatici, ma diciamo che andavano presi a piccole dosi, perché erano brillanti, spiritosi, facevano battute a raffica, cantavano, ballavano e non di rado litigavano furiosamente per ore davanti a tutti.
Un giorno si lasciarono. Qualche tempo dopo, Rosa mi confidò, in gran segreto, che non ne poteva più di Mike perché, tra le altre cose, era un bugiardo patologico. Pare che non fosse affatto americano, ma che provenisse da un paese in provincia di Teramo, Martinsicuro, altro che Madison; che i suoi genitori possedessero lì un mini-market e non avessero nemmeno la terza media. Che in America non ci avesse mai messo piede.
Rimasi sconcertata. Mike aveva convinto anche me: parlava bene l’italiano, ma con un plausibilissimo accento americano e talvolta incappava in plausibilissimi errori. Peraltro, parlava inglese alla perfezione. Come sarebbe a dire che era di Teramo?
Ti giuro, mi diceva Rosa, era italianissimo, come me e te. Di Prinzio Michele. Non ha mai voluto farmi conoscere i suoi perché sarebbe crollato tutto il suo castello di balle. Avrei visto che sua madre vendeva stracci e scope in un negozietto, che parlava dialetto e che era grassa e sciatta, che suo padre era un simpatico grezzone con i baffi a manubrio che passava metà giornata in canottiera ad affettare mortadella alle casalinghe abruzzesi.
Mi chiedevo, stupefatta, perché Mike si fosse preso il disturbo d’inventare un edificio di menzogne così elaborato. Forse aveva capito che le studentesse perugine erano esterofile e voleva diventare popolare? O forse s’era sempre condotto così, non distinguendo la realtà dalla fantasia e riuscendo persino ad ingannare i professori universitari, che cercavano d’aiutarlo agli esami ed erano più generosi, in considerazione del grande sforzo d’un giovane straniero che tenta di esprimersi in una lingua non sua? Non lo seppi mai, perché Rosa non volle mai scendere in particolari, nonostante mie reiterate insistenze (“Chiedi a Sandra, fatti raccontare da lei tutti i retroscena, vedrai che ti farai due risate…”). Non incontrai più Mike Di Prinzio e raramente vidi Rosa, che dopo la laurea era andata a lavorare ad Arezzo in una ditta di alimenti per cani e gatti. Interpellai la nostra comune amica Sandra, che non si mostrò la gran miniera d’informazioni favoleggiata da Rosa: mi guardò sorpresa e mi chiese: “E perché Rosa ti ha mandato a chiederlo a me? Io non è che ne so tanto… so che Rosa m’ha detto che è italiano, che non è per niente americano e che le ha detto – ci ha detto - un mucchio di stronzate…”
Bon, le cose sarebbero rimaste lì, io mi sarei accontentata di etichettare Mike Di Prinzio come un bugiardo patologico e non ci avrei più pensato. Senonché, un giorno incontrai una mia amica che fa l’avvocato in centro e che si occupava di diritto dell’immigrazione. Per lavoro, quindi, frequenta parecchi stranieri e, benché non abbia mai avuto Mike come cliente, lo conosce, così come parecchi suoi amici. Pettegolando di questo e di quello, io arrivai a raccontarle la storia di Rosa e Mike e lei mi guardò con espressione stranita. Che stai dicendo, mi disse quieta, certo che è americano. Ha anche preso lezioni d’italiano da un’insegnante amica mia, quando è arrivato a Perugia. I suoi documenti non li ho mai visti, ma ho avuto a che fare con molti amici suoi, due o tre hanno vissuto con lui. E nessuno s’è sognato di dirmi che non sia americano...
Dopo avermi raccontato questa sconcertante storiella, Maria Grata si è alzata, si è spazzolata il camice e s’è avviata verso il suo reparto. Io le camminavo accanto impensierita e le ho chiesto come fosse andata a finire.
Non è andata a finire” ha riso lei. “Mike non l’ho più visto. E in ogni caso non è che se vedo uno dopo tanti anni, lo saluto chiedendogli se è vero che quattro anni fa ha raccontato un sacco di balle. Rosa la sento, ogni tanto, ma dopo aver lanciato la bomba s'è ammutolita: rifiuta di parlarne e ripete come un mantra ‘ Chiedilo a Sandra, chiedilo a Sandra’
La quale non ne sa niente” ho detto io ridendo.
No, mi ripete di domandarlo a Rosa” ha sghignazzato Maria Grata, salutandomi all’ingresso del reparto.

7 commenti:

Kylie ha detto...

Una bella storia. Nel senso che nella vita ci capitano le cose più strane e i rapporti che se in apparenza possono sembrare speciali, sotto sotto sono costruiti su un mucchio di bugie.

Un abbraccio e buona settimana!

Lyppa ha detto...

Ci sta che sia Rosa quella che ha qualcosa da nascondere... del tipo che magari si è dispiaciuta talmente tanto di esser stata mollata che ha cominciato a screditarlo, tanto per convincersi e convincere tutti che aveva fatto bene :D
Ma forse sono maligna...

Susanna ha detto...

Anch'io propenderei per Rosa, se dovessi scegliere; pare fosse solo lei, quella che diceva che Mike era italiano... ma mi sa che, come il mistero precedente, è una cosa che non sapremo mai. Giusto se andiamo a vedere all'Anagrafe...

Anonimo ha detto...

Non saprei...So però che bugiardi patologici ne ho incontrati, ed erano i primi ad essere straconvinti di quello che dicevano, anche quando rasentava l'assurdo.

il monticiano ha detto...

Azzardo un'ipotesi forse un po' folle: e se Maria Grata Li Greci s'è inventata tutto? Sai com'è troppi bugiardi:Rosa, Mike, Sandra, mah!

Lyppa ha detto...

Comunque questa storia è un po'inquietogena, e sapere che non si sa come stavano veramente le cose fa un po' effetto! :D E' come un fumetto che non finisce!

Rabb-it ha detto...

Ciao, ti ho risposto qui: http://latanadirabb-it.blogspot.com/2006/11/ci-sono-ancora.html
Gli altri commenti li ho letti e basta, mi hai lasciato senza parole, il che è un bene, fidati.

Grazie!