mercoledì 29 ottobre 2008

Leggere, scrivere e far di conto? ovvero: la triste storia della scomparsa dell'Università pubblica

DL 112
Una cronistoria
Il 25 giugno 2008, su proposta del Ministro del Tesoro on. Tremonti, il Consiglio dei Ministri approva (On. Gelmini compresa!) il Decreto Legge n. 112 (DL 112), concernente:
Disposizioni Urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e le perequazione tributaria.
Il Consiglio della Facoltà di Scienze, nell’adunanza del 23 luglio 2008, esprime severe critiche sul DDL 112, in merito alle conseguenze sulle attività di didattica e di ricerca.
Il 6 agosto 2008 il Parlamento approva in via definitiva il DDL 112.
Il Senato Accademico, nella seduta del 15 settembre 2008, approva all’unanimità una mozione di protesta sul DDL 112, motivata dalle conseguenze negative che esso avrà sull’Università pubblica ed invita i docenti ad informarne gli studenti nella prima ora di lezione dell’Anno Accademico.

Elementi critici del DL 112:
1) Taglio dei finanziamenti pubblici all’Università (FFO)
2) Riduzione del turn-over del personale
3) Università come Fondazioni?
4) Sospensione delle Scuole di Specializzazione (SSIS) per la formazione degli insegnanti.

1) Taglio dei finanziamenti pubblici all’Università (FFO)
FFO (Fondo Funzionamento Ordinario): finanziamento ministeriale del sistema universitario (6820 milioni di euro nel 2008)

Tagli del FFO nel DL 112:
63,5 milioni di euro per il 2009
190 milioni di euro per il 2010
316 milioni di euro per il 2011
417 milioni di euro per il 2012
455 milioni di euro per il 2013

Si tratta in totale di quasi 1500 milioni di euro di riduzione in cinque anni,
Una media di 300 milioni di euro per anno. Si passa dalla riduzione dell’ordine dell’uno per cento nel 2009 ad una riduzione del 7,8 per cento fra il 2012 e il 2013 !
Tutto questo applicato ad un sistema sottofinanziato. Come appare dallo schema seguente.

Dal confronto con gli altri paesi avanzati (dati OCSE) emerge infatti la necessità di un aumento, e non di una diminuzione, del finanziamento pubblico (ma anche privato) al sistema Università!

Dati OCSE
1) Spesa annuale per studente:
USA: 24370$, Inghilterra: 13506$, Germania: 12446$, Francia: 10995$, Media OCSE: 11512$,
Italia: 8026$
2) Spesa pubblica annuale per studente:
USA: 8400$, Inghilterra: 9400$, Germania: 10200$, Francia: 9300$, Media OCSE: 8400$,
Italia: 5400$
Conseguenze del taglio FFO:
a) riduzione dei servizi agli studenti
b) riduzione delle infrastrutture (aule, laboratori, biblioteche)
c) peggioramento della qualità della didattica
d) riduzione delle attività di ricerca

con un peggioramento globale della qualità delle nostre Università ed ulteriore perdita di competitività rispetto alle Università straniere.Assisteremo, oltre che alla cosiddetta “fuga dei cervelli”, anche alla fuga degli studenti universitari?
L’uso ottimale delle risorse necessita:
1) della valutazione del sistema universitario (ma l’istituzione dell’agenzia di valutazione è stata appena bloccata) e
2) della ripartizione del FFO sulla base dell’efficienza di ciascuna Università (invece della attuale distribuzione “a
pioggia”
).
2) Riduzione del turn-over del personale
Il DL 112 fissa un limite massimo di
a) 1 su 10 per il 2009
b) 1 su 5 per il 2010 ed il 2011
c) 1 su 2 per il 2012
di nuove assunzioni rispetto al numero di pensionamenti. Il limite sul turn-over si applica a ciascuna Università prescindendo dall’efficienza nell’uso delle risorse (e del rispetto del limite del 90% per la spesa di stipendi del personale)
Implicazione a medio termine a legislazione costante: dimezzamento del numero di docenti!

E’ realmente necessario ridurre il numero di docenti e soprattutto, è funzionale all’obiettivo di far divenire l’Europa una ”società della conoscenza”?

Il confronto con gli altri paesi industrializzati suggerisce che il numero di docenti universitari dovrebbe aumentare invece che diminuire!

Dati OCSE sul rapporto (numero studenti / numero docenti):
USA: 15.1 Germania: 12.4 Francia: 17.0 Inghilterra: 16.4, Media OCSE: 15.3
Italia: 20.4
Quale scenario futuro con un dimezzamento del numero di docenti?
- Situazione attuale: un docente/ricercatore dedica in media metà del tempo alla didattica e metà del tempo alla
ricerca
- Assumendo un numero stazionario di studenti: se il numero di docenti/ricercatori si dimezza, allora ciascun
docente/ricercatore dovrà raddoppiare il tempo dedicato alla didattica per preservare le attuali attività formative
- Situazione futura: il docente/ricercatore dovrà dedicare tutto il suo tempo all’insegnamento e non potrà svolgere
l’attività di ricerca

Conseguenze
- Abbassamento generale della qualità della didattica
- Lo studente non potrà interagire con il mondo della ricerca e della produzione di nuove conoscenze
- Impossibilità di svolgimento di tesi sperimentali causa l’assenza di laboratori di ricerca
- Non si potranno formare nuovi ricercatori: le scuole di dottorato spariranno in assenza di attività di ricerca
- Sparizione delle Università pubbliche come sedi dello sviluppo delle nuove conoscenze. Gli Atenei si
trasformeranno in super-Licei

Può esistere una nazione sviluppata senza la ricerca di base svolta nelle Università?

3) Università come Fondazioni?
Il DL 112 introduce la facoltà per l’Università pubbliche di trasformarsi in Fondazioni in grado di raccogliere finanziamenti privati.
Implicazioni:
1) La natura pubblica delle Università verrà annullata
2) Dividerà gli Atenei in Fondazioni di classe A e di classe B in funzione della capacità economica della regione di appartenenza.
3) Il sistema del “diritto allo studio” verrà cancellato e non sarà più assicurata la possibilità di studi universitari ai
“meritevoli anche se in condizioni disagiate” (Art. 34 della Costituzione)
4) Sparirà la differenza rispetto alle Università private, ad esempio per le tasse universitarie (alla Bocconi ammontano
attualmente da 4300 a 9650 euro/anno).

4) Sospensione delle Scuole di Specializzazione (SSIS) per la formazione degli insegnanti.
Come potranno rivolgersi all’insegnamento quei giovani motivati e preparati ormai giunti alla laurea specialistica? Il provvedimento sembra dettato solamente dalla volontà di “far cassa”, prescindendo dalla necessità di formare gli insegnanti.
In conclusione

Visti i prevedibili effetti catastrofici del DL 112, l'Università
richiede al Governo ed al Parlamento l’emanazione degli opportuni provvedimenti
che assicurino le adeguate risorse finanziarie ed umane,
affinché l’Università pubblica continui ad esistere e svolgere al meglio le sue funzioni.
Ci appelliamo all’opinione pubblica ed alle forze sociali
affinché, dopo aver valutato le conseguenze nefaste della possibile
scomparsa dell’Università pubblica,
si uniscano a noi in tale richiesta.
L'Università auspica una seria valutazione sulla didattica, sulla ricerca
e la gestione dei bilanci universitari,
sottolineando che l’attribuzione delle risorse
va operata sulla base di una esplicita politica di valutazione

martedì 28 ottobre 2008

I meccanismi di difesa - La proiezione

Già una volta, qualche mese fa, ho parlato delle pulsioni, le energie che ti spingono a fare la tale o la talaltra cosa. Sosteneva il dottor Freud che molte pulsioni sono inaccettabili per noi, ci provocano ansia, e allora ricorriamo a delle strategie che dovrebbero contenerla, i cosiddetti meccanismi di difesa. Fin qui, niente di male: dobbiamo pur campare in relativa pace. Se non che anche tra i meccanismi di difesa c’è una graduatoria, peggio che nei concorsi pubblici. Alcune difese sono più mature, come l’umorismo; altre decisamente immature. Una difesa discretamente immatura è la proiezione.
Anni fa, nel condominio dove abito, c’era una vicina – ora trasferitasi – che ogni volta che mi vedeva impallidiva ed indietreggiava. (Mio fratello Edoardo, che è, come noto, malevolente, asserisce che anche lui tenderebbe a far così, al mio apparire… ma lui, si sa, è acrimonioso). La Mamma la derideva, fra sé e sé, ma ci ha poco da fare la spiritosa: lei suda freddo quando vede gli insetti… Questa manifestazione chiamasi fobia e si giova largamente della proiezione, in quanto sposta la percezione del pericolo da un moto interno ad un oggetto esterno (in questo caso, un animale). E’ spesso inutile, se provate terrore per un animale, che scaviate con la ruspa nei ricordi infantili per trovarvi una scena orrifica in cui venite brutalmente assaltati da un micetto, da una pantegana o da una scolopendra. Molte volte tale choc infantile non esiste: l’animale in questione viene caricato di tutte le sensazioni negative che, in realtà, vengono da dentro di voi. Da cosa? Io non ne ho idea, lo sapete voi quali sono le pulsioni che vi danno fastidio…

Facciamo un altro esempio. Siete spesso soggetti a tremendi mal di capo, ma gli esami effettuati dicono che la vostra capoccia sta benone. Il dottore ipotizza che la causa delle vostre cefalee sia psicosomatica, ma voi lo ignorate signorilmente e procedete, imperterriti, a cercare un medico che finalmente scopra la causa organica del vostro dolore. Magari la causa organica non c’è: voi avete qualche forte motivo di tensione, ma vi rifiutate di riconoscerne l’origine affettiva e ve la prendete con la vostra povera zucca. Perché è più facile dire che in voi c’è qualcosa che non funziona a livello organico che ammettere che avete qualche motivo di sofferenza psichica, che magari è doloroso e scioccante andare a cercare.

Terzo esempio. Siete convinti di essere onesti, affidabili, sinceri, competentissimi, e pensate che tutti gli altri siano sciatti, falsi e traditori, ce l’abbiano con voi e tramino perennemente per provocarvi dei malestri. Lasciando da parte il fatto che nella maggior parte dei casi agli altri di voi non gliene può fregar di meno, anche qui troviamo la proiezione: localizzare fuori di sé qualcosa che si rifiuta di riconoscere come proprio. Il pericolo non viene da dentro di voi, ma è fuori. Non siete voi ad essere sciatti, cialtroni e malevoli, ma sono gli altri che ce l’hanno con voi. Per sopravvivere bisogna scindere la cattiveria e la bontà che sono in ognuno di noi e attribuire a noi tutta la bontà e a qualcuno che sta fuori tutta la cattiveria… e vai con la superstizione. E’ perché era venerdì 17 che mi è successo di tutto e ho fatto un gran casino, mica perché sia un cialtrone io. E’ perché sono del segno dei Gemelli che arrivo sempre in ritardo, mica perché sono una maleducata coi controsterzi.
O con la mania di persecuzione. Sono gli altri che mi odiano, mica io che li odio.

Ma questo che ho detto non potrebbe valere anche per il razzismo e la xenofobia?… Proiettiamo sugli stranieri la malevolenza che siamo noi ad avere verso di loro; attribuiamo a loro mali che in realtà sono nostri, della nostra società…
…. ma non dico niente di originale, credo, no?

lunedì 27 ottobre 2008

Della discriminazione

"State unendo le dita? State ruotando le falangi? State stringendo amicizia con gente che ha il colore della pelle diverso dal vostro?..."
Finché siete vittima di stereotipi, poco male, ha ripreso il licaone al terzo incontro del corso sul razzismo; finché avete dei pregiudizi, peggio per voi, vi perdete tante belle cose di cui avreste potuto giovarvi, se il vostro ristrettissimo orizzonte non vi strozzasse. Se però mettete in atto i vostri pregiudizi, be’, questo comincia a diventare antipatico.
E’ maleducazione.
Il vero gentiluomo non discrimina.

Il comportamento discriminatorio del razzista ha quattro elementi essenziali, ha proseguito Aristogìtone:

a) differenze (vere o immaginarie) tra il razzista e le sue vittime;
b) importanza attribuita a tali differenze;
c) generalizzazione di tali differenze (se uno e così, lo sono tutti);
d) legittimazione dell'aggressione del razzista alla vittima.

Il punto a) è il più facilmente raggiungibile, giacché non c'è nulla di male nel constatare innocentemente le diversità. Se un uomo ha la pelle bianca e l'altro nera si vede, a meno che non sei cecato; se io sono un gatto europeo e Fabia un lussuoso gatto certosino, la differenza è evidente. L'atteggiamento razzista scatta quando si rileva la diversità (biologica o culturale) credendo che sia determinante, al fine di escludere la vittima dal gruppo cui il razzista appartiene.
Si effettua, pertanto, una generalizzazione. Lo stereotipo è, come s’è visto, un aspetto determinante nell'atteggiamento del razzista.

[es.: un ebreo è avido di denaro > tutti gli ebrei sono avidi di denaro;
lo schiavo negro era addetto ai lavori umili > tutti i negri devono fare lavori umili;
è stato arrestato uno spacciatore albanese > tutti gli albanesi sono spacciatori;
un rumeno ubriaco ha investito una ragazzina con l’auto >se qualcuno viene investito con l’auto, sarà stato
sicuramente un rumeno ubriaco].

Certo che se poi i giornali e le TV ci mettono il carico da undici, riferendo solo episodi delinquenziali in cui sono coinvolti stranieri, e minimizzando gli altrettanti (se non più) episodi che vedono protagonisti italiani, ecco che lo stereotipo-pregiudizio si rafforza… e allora 'nt'i corbelli, come ebbe a dire Alexis de Tocqueville...

sabato 25 ottobre 2008

Festa di compleanno

Non avevo mai visto il Museo archeologico di Perugia (marcia vergogna a me): ieri pomeriggio mi ci ha condotta mia cugina Margot, appositamente arrivata in treno dalla capitale per portarmi un regalo di compleanno. Piacevole giornata, invero: Margot ed io abbiamo visitato il Museo (che lei conosceva e io no, naturlich), poi siamo andati a fare acquisti da Antonietta che gestisce, lì di fronte, un negozio di carinerie assortite nomato Wabi, quindi aperitivo da Enonè, pregiata vineria lì a fianco. Per me sarebbe anche bastato; Margot ha però insistito per recarsi in una località dove, diceva, aveva aperto un negozio di cibo per animali all’avanguardia (il cibo, non gli animali).
Avrete senz’altro capito che non c’era nessun negozio né tampoco alcun animale all’avanguardia, ma solo animali arretrati e tradizionalisti. Almasilvia Deogratias (la gatta selvatica che gestisce un’azienda di prodotti biologici) aveva messo a disposizione la casa e la cucina e i miei amici avevano organizzato una mega-festa di compleanno.

Vicino allo stagno Maddalena, addobbato per l’occasione in maniera da risultare meno cupo (e da somigliare ad una parte del giardino della Reggia di Caserta) erano state allestite lunghe tavolate con vassoi colmi di ogni ben di Dio; un barcone dipinto, con candele accese a poppa e a prua e con dei suonatori a bordo solcava lo stagno suonando melodie balcaniche (Ibadeth, manco a dirlo!... non ho voluto approfondire però il testo delle canzoni, per tema di scoprire nenie sanguinarie e mortali); parecchie torce erano state disposte sulle rive dello stagno e intorno ai tavoli. Almasilvia, la visoncina Lucy K.K., Fabia e Srikant il pitone avevano lavorato tutto il pomeriggio per preparare il buffet. Otocioni e Licaoni, uniti per l’occasione, avevano preparato l’intrattenimento musicale. Maysa la lince e le sue Ametiste del Nilo avevano studiato un’elaborata coreografia di danza del ventre con il doppio velo. Michelangelo Storace detto Er Pantegana, il ratto della Sabina, aveva preparato gioielli in ferro battuto da offrire a tutte le gentili signore. La Contessa amica di Edoardo ha fornito pregiato vino delle sue vigne; l’Angiolina e le figliole hanno preparato un’eccellente ribollita. Asiak ha preparato per tutti dei delicatissimi top in seta cangiante, dall’azzurro al verde mare. A sorpresa è stata rintracciata ed è arrivata Alibech Estalère, un’altra visoncina dello sciagurato branchetto di Civitella Plestina, suonatrice di flauto, che si è esibita suonando melodie del folklore canadese. Madama Grazia, della Food Farm di Pila, ha fornito eccellenti salumi. Il contributo di Charlie consisteva nell'aggirarsi urlando “Ahò!”, fino a che mia sorella Megalo non gli ha calato una padellata sulla zucca, al che lui si è calmato. Mio fratello Martino, il rabbino, e Arturo il ragioniere erano stati incaricati di presiedere ai giochi di società. Hanno organizzato, dopo cena, una memorabile partita a calcio… però hanno fornito a ciascuno dei giocatori un pallone, giacché, ha detto il rabbino, non gli pareva educativo un gioco in cui tutti si spintonano e si massacrano i malleoli per il possesso di una sola palla (che poi, peraltro, appena conquistata viene presa a calci... sciagurato esempio di disprezzo per i beni appena acquistati... e gettata subito nella porta avversaria).
Il Bimbo e la Bimba aiutavano a servire ai tavoli. Maddy Mc Snow, la mia amica pinscher titolare della cattedra di Storia Indoeuropea, ha declamato un’antica poesia in lingua indoeuropea, molto bella, anche se non chiarissima in taluni suoi passaggi. Ramon Llull Costa i Llobera, il pondenco ibicenco consorte di Maysa, essendo un dj faceva il dj - manco a dirlo. Aveva però portato una botte di frìgola, un simpatico liquore dorato di Ibiza, che è sparito subito nelle gole voraci dei convitati. Annibale Bellassai detto Scubidù discuteva con la psichiatra di Asiak, Angelica Pasqui-Copanello (spero vivamente non parlassero di lei) e con Lirishta Damis, la soriana albanese che aveva una volta fatto parte delle Ametiste del Nilo. Forse la stava psicanalizzando al volo.
Il concerto tenuto da Otocioni e Licaoni nella barca sullo stagno è stato suggestivo… se si eccettua il fatto che non avevano avuto molto tempo per provare i pezzi ed erano, quindi, un pochetto fuori sincrono. Spettacolare anche la danza col doppio velo delle gatte bellydancer… ancorché con un piccolo fuori programma (debitamente registrato dalla telecamera del lupo giornalista e del fotografo ferrarese): la caduta di Kirti Mrinal nello stagno ed il conseguente salvataggio da parte di Aristogìtone il licaone (che, quando è emerso dall’acqua reggendo Kirti per la collottola sembrava il Kraken, il mostro degli abissi). Siccome la sbronza colossale non bastava, la serata è terminata con lo sballo collettivo offerto da Almasilvia: pregevole marijuana biologica coltivata nelle sue serre! La Contessa, fatta come una pigna, ha indossato il costume da danzatrice di Maysa (che le stava pure un po’ stretto) ed ha ballato sul tavolo uno sgangherato ed applauditissimo flamenco rock.
Alla fine, quando tutti erano distesi sui tavoli o sotto i medesimi, con la luce delle candele che andava smorzandosi, la visoncina nera Alibech ha suonato una nenia con il flauto, mentre il pondenco ibicenco cantava una canzone d’amore in lingua catalana. Mi auguro fosse dedicata a Maysa...

Ella no veu que m’és fatal
el meu destret, la meva espera;
ella no sap que sóc malalt
d’una mirada venturera;
ella no es tem que el seu fulgor
se m’ha emportat la llum del dia.
Oh, plany sonor, oh, ma clamor
de poesia!,
troba qui m’és causa d’amor
i d’agonia.

La veig només confosament,
Un llibre als dits o bé una rosa ;
no hi ha mirada més ardent
que el pobre somni que no gosa;
la seva dolça llunyania
tant he besat que em ve llangor.
Oh, plany sonor, oh, ma clamor
de poesia!,
troba qui m’és causa d’amor
i d’agonia.

Vés sense dir qui t’avià,
mai non conegui qui l’ha amada ;
si un caminet en davallar
vers mi vingués enamorada,
premi dolcìssim d’un enyor,
jo sé ben cert que en moriria.
Oh, plany sonor, oh, ma clamor
de poesia!,
troba qui m’és causa d’amor
i d’agonia.

venerdì 24 ottobre 2008

Happy birthday to me


compleanno
Inserito originariamente da susannucciauccia

24 ottobre, data di nascita di grandi uomini... e di grandi gatte!

Oggi è il mio genetliaco, gente!
Compio tredici anni!
Tanti auguri a me!

Temo che di là si stiano preparando grandi festeggiamenti, che dovrebbero essere una sorpresa per me... e io farò finta di non essermene accorta. Farò una faccia convenientemente sorpresa...

Corso di razzismo: parte seconda, o del pregiudizio

Narrano che Fray Luis de Leon, professore all’Università di Salamanca la bellezza di quattro o cinque secoli or sono, subì tante e tali traversie che rimase assente cinque anni dall’università e, al momento di riprendere le lezioni, iniziò dicendo, serafico “Como decìamos ayer…”. “Dove eravamo rimasti?...” così il licaone Aristogìtone ha interpellato il suo pubblico del corso di razzismo applicato. “Allo stereotipo?” E ha continuato dicendo che è comprensibile che ci sia: ci serve per andare avanti, è normale che ci si faccia un’idea vaga su cose e persone che non conosci, sarebbe complicato se dovessimo stare sempre a ricominciare da zero ad ogni situazione imprevista. Tuttavia una conoscenza approssimativa può facilmente trasformarsi in pregiudizio: un atteggiamento negativo ed aprioristico verso una categoria di persone. Ti fai cioè di un gruppo un’idea priva di analisi dei fatti che lo riguardano. Straparli senza conoscerlo, insomma.
Il licaone, ha detto Ibadeth, ha fatto l’esempio di un suo ex compagno di scuola, un ragazzino morto in un incidente: il giovane guidava una moto, e un giorno un camion che evidentemente aveva fretta di consegnare qualcosa gli tagliò la strada uccidendolo. Bene (si fa per dire), tutti i suoi conoscenti dissero che poverino era spericolato, che questi giovani con le moto corrono come pazzi, che i ragazzi sono incoscienti e cose del genere; e a nulla servì la testimonianza d’un vigile che disse a tutti che il povero giovane stava andando a velocità moderata e che la colpa era del camion. Qui agiva potentemente lo stereotipo: una categoria (i ragazzi) era giudicata incosciente e spericolata (e spesso lo è), ma nel caso presente non bisognava attivare il pregiudizio, bisognava ricominciare da capo: alt… forse stavolta non è andata così… forse questo ragazzino non era spericolato… O per lo meno, se non ti frega niente, ha concluso Aristogìtone, non ti poni il problema e stai zitto. Che è meglio.

Se però dallo stereotipo si passa al pregiudizio e dal pregiudizio alla discriminazione, si passa per così dire all’azione.

Dicesi discriminazione la traduzione di un pregiudizio in un comportamento che in qualche modo tende a sottolineare una distinzione.

E qui bisogna fare una fermata per riflettere sulla discriminazione.
E non solo.
Anche per permettere al relatore di recarsi a un pub a qualche chilometro di distanza. Ce ne sarebbe uno nella strada accanto, ha concluso Aristogìtone, ma fuori c’è un cartello che vieta l’ingresso ai cani ... e i licaoni, come forse sapete, possono facilmente esser confusi con essi. E' chiaro che qui si attua una discriminazione, ma dove discriminano io piglio e me ne vado, mica mi metto a litigare.

Anche perché la birra in quell’altro pub ce l’hanno migliore.

giovedì 23 ottobre 2008

Corso di razzismo: lo stereotipo

Aristogìtone Ngouma è il licaone che ha dato il nome alla nostra band di liscio. E’ africano, congolese di lingua francese, laureato in legge, ma se lo vedessi non gli daresti un soldo di fiducia perché ha il look tipico dell’extracomunitario sfranto. Fa il guardiano diurno in alcuni cantieri (di notte viene sostituito da Ecate Accorinti detta Catina, una nottola originaria di Salci). Con gran sorpresa di tutti, ha trovato un nuovo lavoro serale: tiene un corso di razzismo al Centro di Mediazione Culturale, dal titolo Come diventare un razzista ineccepibile in soli dieci incontri.

Ibadeth si è iscritta al corso e ha preso appunti.

Le prime lezioni vertevano sulla comprensione del fenomeno e sulle fasi da attraversare per giungere ad un perfetto comportamento discriminatorio. Su cosa dobbiamo riflettere per capire il razzismo, si è chiesto alla prima lezione del corso il trasandato licaone? Dobbiamo tener presente che il razzismo è la teoria secondo la quale determinati gruppi, umani e non solo, diversi da altri per origine, religione o etnia, presenterebbero segni d’inferiorità tali da giustificare un trattamento discriminatorio nei loro riguardi.

Prima di parlare della discriminazione, tuttavia, s’hanno da capire i concetti di stereotipo e pregiudizio. Per cui andiamo per ordine, come disse Erode pianificando la strage degli innocenti.

Che cosa è lo stereotipo?

Al mondo ci sono tante cose, ha pontificato il licaone, più di quanto noi possiamo immaginare e molte più di quante incontreremo mai. Magari noi viviamo in un villaggio come Civitella Plestina, da cui possiamo uscire per andare a Roma, a Milano, ad Amsterdam, anche in Tasmania, se ci garba; ma di certo mai potremo vedere tutto e conoscere tutti. Posto che abbiamo voglia di farlo, il che, per la maggior parte dei casi, non è.

Allora ci creiamo un’immagine del mondo che non ci sta a portata di mano. Abbastanza logico, sin qui.

Ma com’è l’idea che ci facciamo? Delle due l’una:

· se siamo curiosi di conoscere, ci informiamo: consultiamo l’atlante, ci comperiamo un’enciclopedia, guardiamo su Internet. Se ci capita a tiro qualcuno che viene da fuori gli scassiamo i bartolomei fino a che non ci ha detto tutto sulla sua religione, le sue usanze, la sua cucina;

· se tale curiosità non ci assilla, ci facciamo un’idea vaga e sommaria, approssimativa e frammentata, degli altri; quest’idea viene, di solito, dal gruppo cui apparteniamo, che magari ne sa meno di noi. Tale immagine può anche avere qualche elemento di verità, però ha una caratteristica: è di solito rigida ed indifferenziata. Si appiccica ad un gruppo che non è il nostro un’etichetta che vale per tutti i suoi componenti e che non è suscettibile di essere modificata. La cosa funziona per tutti i gruppi, non solo etnici. Basti pensare a ciò che si crede delle donne: che non siano portate per la matematica, che non siano capaci di mantenere un segreto, che non abbiano manualità per la meccanica e così via. Lo stereotipo può essere anche positivo (“i neri hanno il ritmo nel sangue!”), ma nella maggior parte dei casi è negativo; parte da un’idea scarsamente aderente al vero e non prevede cambiamenti, neppure quando nuovi dati ti provano il contrario di quel che pensi.

Dallo stereotipo al pregiudizio, proclama Aristogìtone, il passo è breve. Quanti stereotipi avete in mente, ha chiesto all’uditorio attonito? Quante idee fisse e preconcette albergano nella vostra zucca riguardo a gruppi differenti dal vostro (e non solo dal punto di vista etnico)? Fatene una raccolta il più possibile corposa, ha concluso con aria dottorale, inforcando un paio d’occhiali (senza lenti) e riferitemela nella serata di domani. La lezione è conclusa, adesso io, che essendo africano ho il ritmo nel sangue e faccio il percussionista, vado a suonare la batteria con la mia band di liscio.