giovedì 1 novembre 2007

Disturbo Post-Traumatico da Stress (ovvero: mi fanno una sega a me i Thugs)


Voi lo sapete che cos’è il PTSD?
Io non lo sapevo, l’ho scoperto per motivi scolastici. E’ l’acronimo di Post Traumatic Stress Disorder, ovvero Disturbo Post-Traumatico da Stress. Nel DSM-IV (il Manuale Statistico dei Disturbi Mentali di cui mi sembra d’avervi già parlato e sicuramente a sproposito), lo trovereste fra i cosiddetti Disturbi Affettivi, codificati in Asse 1 (dove si trovano i disturbi di stato, ossia quelli che forse, e dico forse, si possono anche guarire, ma non è detto): la depressione, la mania, i disturbi d’ansia e via folleggiando. Il PTSD è per l’appunto un disturbo d’ansia.
Perché ve ne parlo, fondamentalmente? Uno perché io sono laureanda in psicologia, come ben sapete; due perché costituisce l’argomento di una tesina che mi è stata assegnata durante un’esercitazione di Psicopatologia generale dal professor Biancamagnolia, per uno degli ultimi esami che sto faticosamente preparando intanto che elaboro la tesi… di cui vi parlerò un dì o l’altro.
Il lavoro, in collaborazione con la cattedra di Psicologia dell’Arte e della Letteratura, consiste nell’analisi di un caso letterario o cinematografico relativo ad un qualche disturbo (di Asse 1 o di Asse 2) e nella elaborazione di un tentativo di terapia (espressiva, supportiva o cognitivo-comportamentale, a seconda).
A me è stato assegnato per l’appunto il PTSD (meglio limitarsi alla sigla sennò qui facciamo notte) ed io ho scelto un romanzo di Emilio Salgari dal titolo I pirati della Malesia. La scelta è stata motivata da profonde ed ineffabili ragioni di superiore armonia: la Mamma è un’appassionata lettrice dei romanzi di Salgari (e notate bene che ho detto E’, non ERA: se li rilegge ancora benché veleggi verso la quinta decade) e in casa ce li ha quasi tutti, sicché io non ho dovuto far altro che tirare giù con grazia dallo scaffale il volume relativo ed immergermi nello studio… dopo essermi beccata una ciabattata dallo Zio Panda, che alle tre e tre quarti del mattino aveva persino la pretesa di dormire e non era entusiasta di essere stato destato da sinistri tonfi di ponderosi volumi sull’impiantito. Che mania, anche quella. Di notte si lavora così bene, ci si vede meglio…
Chi li capisce è bravo, dico io.
Comunque sia, ne I pirati della Malesia si trova la menzione di un classico caso di PTSD e financo la descrizione di una terapia… che però sospetto non susciterebbe l’entusiasmo del professor Biancamagnolia né tampoco di uno qualsiasi degli altri psichiatri dell’Ateneo.
Ve la ricordate la storia, posto che la conosciate? Sandokan, il capo delle Tigri della Malesia, ferocissima gang di pirati con base a Mompracem, Oceano Indiano (credo: a geografia sono un cane, ah-ah) e il suo fido luogotenente Yanez de Gomera salvano un indiano, tale Kammamuri, che porta seco una meravigliosa fanciulla di quindici anni (roba da pedofili conclamati) di nome Ada Corishant. La ragazzina è sbrigativamente definita "pazza" (pazza come? Schizofrenica? borderline? schizotipica? Sentiva le voci, ci aveva l’Alzheimer, i deliri parafrenici, la sindrome di Cotard…?…). La sua pazzia derivava (per chi non avesse letto il romanzo precedente, I misteri della giungla nera), dall’essere stata preda, per anni, di una setta di strangolatori indiani, i Thugs, in qualità di Vergine della Pagoda (ruolo che a mio parere avrebbe fatto incretinire chiunque); dall’aver dovuto assistere ad una serie di truci ed orride cerimonie propiziatorie per la sanguinaria Dea Kalì (che mangia il riso e caca i supplì) ed infine dal tentativo, ad opera del tristo capo dei Thugs, Suyodhana, di uccidere il di lei fidanzato, Tremal-Naik, che aveva losche mire sulla Vergine della Pagoda (in primis, quella di far in modo che l’appellativo divenisse fuori luogo). Nel corso di un drammatico confronto sotto le volte dei sotterranei di una pagoda delle Sunderbunds, Tremal-Naik, il padre di Ada e il bieco Suyodhana si affrontano e se le danno di santa comunione. Il capo dei Thugs si dà alla fuga urlando: "Andate! Ci rivedremo nella giungla!". Il padre di Ada viene massacrato, Tremal-Naik viene arrestato come Thug e deportato, Suyodhana scompare e non mi ricordo che fine fa; ma è ininfluente. Comprensibile che dopo tutta questa caterva di assalti, stragi, sangue che schizza sui muri e sacrifici di vario tipo, Ada Corishant dia fuori di matto. Come si esprime la sua follia? Di solito se ne resta immobile, inespressiva, a guardare fissa davanti a sé, se vede uomini chiede, come un disco rotto: "Dei Thugs?" e il fedele servo Kammamuri, paziente "No, padrona, non sono Thugs". Guai a nominarle il fidanzato, a suonarle sadicamente un pezzo per ramsinga o a mostrarle un laccio o un’effigie di Kalì, perché "fugge e per parecchi giorni delira".
Direi che è un caso abbastanza chiaro di Disturbo Post-traumatico da Stress, che viene così descritto nel mitico DSM-IV:

La persona è stata esposta ad un evento traumatico in cui erano presenti le seguenti caratteristiche:
- ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con eventi che implicavano morte o minaccia di morte o gravi lesioni all’integrità fisica propria o di altri;
- la risposta comprendeva intensa paura e sentimenti di orrore;
- l’evento traumatico è persistentemente rivissuto mediante ricordi intrusivi, ricorrenti e spiacevoli, sogni ricorrenti, episodi dissociativi di flashback, allucinazioni od illusioni;
- la persona prova disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori scatenanti che assomiglino in qualche modo all’evento traumatico;
- prova altresì ansia e preoccupazione eccessive;
- il disagio è clinicamente significativo e si accompagna a menomazioni del funzionamento sociale o in altre aree.

Il che si adatta a meraviglia al bizzarro comportamento della Vergine della Pagoda – ormai fuori servizio per cause di forza maggiore, peraltro. Il suo funzionamento sociale era, a dir poco carente; la sua conversazione assai poco variegata.
Come si cura un disturbo del genere? Dicono i testi: farmacoterapia e psicoterapia. Grazie al cavolo, glielo dicevo io gratis. Ma che tipo di psicoterapia?
Quella espressiva no di sicuro. La terapia espressiva, per gli ignoranti che non lo sapessero, si basa su un accuratissimo scavo interiore, un trapanamento tale di tutti gli anfratti dell’inconscio che se non ci hai le palle esagonali e niente di terrificante da nascondere non sopravvivi. Mi spiego meglio: se subisco un trauma particolarmente atroce, magari non voglio stare a pensarci ogni momento e quindi lo nego, lo seppellisco nelle più profonde budella della coscienza e non voglio pensarci più. Chiaro che a questo punto non gradisco che qualche pisquano me lo vada a ritirar fuori e me lo sbatta sotto il naso, perché se no vado in pezzi e non mi riappiccico più manco col Bostik. La catarsi emotiva (che schifo, sembra una brutta cosa) non è sempre utile, anzi, in taluni casi può essere financo dannosa, per esprimersi elegantemente; le esperienze traumatiche sono state scisse dal paziente (scisse vuol dire escluse, buttate via) e non è quasi mai consigliabile l’integrazione di esse nella coscienza, perché la ricostruzione del trauma sopraffà il malato e lo manda incontro ad un peggioramento clinico. E ciao.
Questo sostengono psichiatri come Krystal, West, Coburn, Lindy… ma al nostro amico Sandokan gli fa un baffo Krystal. La Tigre della Malesia adotta un altro approccio al problema del DPTS, un approccio che definire altamente espressivo è un eufemismo e che se lo propongo al professor Biancamagnolia mi piglia a calci in culo da qui all’eternità.
Il capo dei Tigrotti di Mompracem, quando il suo fido Yanez arriva all’isola con Kammamuri e con la Vergine della Pagoda, riceve un trauma (anche lui), perché Ada Corishant, oltre ad essere la cugina dell’adorata e defuntissima moglie Marianna, le assomiglia come una goccia d’acqua, anche se in bruno. Commosso dalla storia che gli narra Kammamuri, decide di liberare il suo padrone Tremal-Naik dalla galera (detto e fatto) e far tornare in sé la giovane Ada. Come cazzo avrà fatto, non lo so; trattasi di un romanzo, ma io non oso pensare a cosa gli sarebbe successo se per davvero fosse stato uno psichiatra e avesse adottato come terapia un metodo tanto balordo.

Vi aspettavo - diss'egli muovendo loro incontro. - Tutto è pronto.
- Che cosa è pronto? - chiese Tremal-Naik.
- Ciò che deve far riacquistare la ragione alla vergine della pagoda. –
Prese per mano i due amici e li condusse nell'interno di una vastissima capanna che occupava quasi l'intero recinto del forte, un tempo destinato a contenere una guarnigione e gran copia di viveri e di munizioni.Tremal-Naik e Yanez mandarono un grido di sorpresa.
L'ampia sala, in poche ore, era stata trasformata, per opera di Sandokan, di Kammamuri e dei pirati, in un'orribile caverna che a Tremal-Naik ricordava, in parte, il tempio dei thugs indiani, dove il truce Suyodhana aveva compiuto la sua spaventevole vendetta.
Una infinità di rami resinosi accesi spandevano all'intorno una luce azzurrognola, livida, spettrale. Qua e là erano stati accumulati massi enormi e rizzati tronchi d'alberi che potevano passare per colonne, adorni di mostri d'argilla rozzamente plasmati rappresentanti Visnù, il dio conservatore degli indiani, il quale ha la sua residenza nel Vaicondu o mare di latte del serpente Adissescien, ed altri dèi cateri, giganteschi geni malvagi che, divisi in cinque tribù, vanno errando per il mondo dal quale non possono uscire né meritare la beatitudine promessa agli uomini, se non dopo aver raccolto un certo numero di preghiere. Nel mezzo si ergeva una statua, pure d'argilla, orribile a vedersi.
Aveva quattro braccia, una lingua smisurata e i suoi piedi posavano sopra un cadavere. Dinanzi a quel mostro era collocata una vaschetta entro la quale nuotava un pesciolino.
- Dove siamo noi? - chiese Yanez, guardando con stupore quei mostri e quelle torce.
- In una pagoda dei thugs indiani - disse Sandokan.
- Chi ha fatto tutti questi brutti mostri?-
- Noi, fratello.
- In così poche ore?-
- Tutto si fa, quando si vuole.
- Chi è quella brutta figura che ha quattro braccia?
- Kalì, la dea dei thugs - rispose Tremal-Naik che l'aveva riconosciuta.
- Vi sembra, Tremal-Naik, che questa pagoda improvvisata somigli a quella dei thugs?
- Sì, Tigre della Malesia. Ma che cosa volete fare?
- Uditemi.-
- Vi ascoltiamo.
- Io credo che solamente una straordinaria impressione possa far riacquistare la ragione a Ada.
- Anch'io sono del tuo parere, Sandokan - disse Yanez, - e comprendo il tuo piano. Tu vuoi ripetere la scena che accadde nella pagoda dei thugs quando Tremal-Naik si presentò a Suyodhana.
- Sì, Yanez, è proprio così. Io sarò il capo dei thugs e ripeterò le parole pronunciate dal terribile uomo in quella notte fatale.
- E i thugs? - chiese Tremal-Naik.
- I thugs saranno i miei uomini - disse Sandokan. - Sono stati istruiti da Kammamuri.
- Avanti dunque.
Sandokan accostò alle labbra il fischietto d'argento ed emise un suono acuto. Subito trenta dayachi seminudi coi fianchi stretti da un laccio di fibre di rotang e con un serpente dalla testa di donna dipinto in mezzo al petto entrarono nella grande capanna schierandosi ai lati della mostruosa divinità dei Thugs.
- Perché hanno quel serpente sul petto? - chiese Yanez
- Tutti i thugs hanno un tatuaggio simile - rispose Tremal-Naik.
- Kammamuri non ha dimenticato nulla a quanto pare.
- Siete pronti? - chiese Sandokan.
- Tutti - risposero i dayachi.
- Yanez - disse allora Sandokan, - ti affido una parte importante.
- Che cosa devo fare?
- Tu che sei un bianco, devi rappresentare il padre di Ada. Guiderai gli altri pirati che fingeranno di essere i sipai indiani e farai quanto ti dice Kammamuri.
- Sta bene.
- Quando io fingerò di assalirti fuori del forte, cadrai dinanzi a Ada come morto.- Fidati di me, fratello. Ognuno al suo posto
Tremal-Naik, Yanez e Kammamuri uscirono, mentre Sandokan si fermava dinanzi alla statua della dea Kalì e i dayachi, i finti thugs, si schieravano ai suoi lati.Ad un cenno della Tigre, un pirata percosse dodici volte una specie di gong che era stato trovato in un angolo del fortino.
All'ultimo colpo la porta del capannone s'aprì e la vergine della pagoda entrò sorretta da due dayachi.
- Avanzati, vergine della pagoda - disse Sandokan con voce grave, - Suyodhana te lo comanda.
A quel nome di Suyodhana, la pazza si era arrestata, liberandosi dalle braccia dei due pirati. Il suo sguardo, improvvisamente acceso e dilatato, si fissò su Sandokan, che stava ritto in mezzo alla pagoda, poi sui dayachi che conservarono una immobilità assoluta e da ultimo sulla dea Kalì. Un fremito agitò il suo corpo e alcune rughe si disegnarono sulla nivea fronte.
- Kalì - mormorò con un accento nel quale si sentiva una vibrazione di terrore. - I thugs...
Si avanzò di alcuni passi continuando a volgere lo sguardo ora su Sandokan, ora sui pirati, ora sulla mostruosa divinità dei thugs, poi si passò due o tre volte la mano sulla fronte e parve che facesse un supremo sforzo per richiamare alla memoria una qualche orribile scena.
D'improvviso Tremal-Naik irruppe nella pagoda e le si slanciò incontro gridando:
- Ada!...
La giovinetta si era arrestata di colpo; il suo volto era diventato pallidissimo e manifestava una inesprimibile ansietà. I suoi occhi, che pareva perdessero a poco a poco quella luce strana, propria dei pazzi, si fissavano su Tremal-Naik.
- Ada!... - ripeté questi con voce straziante. - Ritorna in te!...
In quell'istante si udì una voce gridare:
- Fuoco!
Alcuni spari rimbombarono sulla soglia della pagoda ed un gruppo di uomini guidati da Yanez irruppe nell'interno, mentre i dayachi, come i thugs in quella fatale notte, fuggivano in tutte le direzioni.
Ada era rimasta immobile. Ad un tratto trasalì, poi si curvò innanzi, come se cercasse di raccogliere il rumore di una nuova scarica o qualche altra voce.Sandokan si era fermato all'estremità della pagoda e non la perdeva di vista. Comprese ciò che aspettava ancora la disgraziata?... Forse, poiché con voce tonante si mise a gridare, come aveva gridato il feroce Suyodhana:
- Andate!... Ci rivedremo nella jungla!...
Aveva appena pronunciate quelle parole che un urlo acutissimo irrompeva dalle labbra della pazza.
Fece un passo innanzi col viso sconvolto, le braccia alzate, barcollò, girò su se stessa e cadde fra le braccia di Yanez.
- Morta!... morta!... - urlò Tremal-Naik con accento disperato.
- No - disse Sandokan. - Ella è salva! (salva una sega).
Appoggiò una mano sul petto della vergine. Il cuore batteva, debolmente sì, ma batteva.
- È svenuta - diss'egli.
- Allora è salva - disse Yanez.
- Fosse vero! - esclamò Tremal-Naik che rideva e piangeva ad un tempo.
Kammamuri ritornava con dell'acqua. Sandokan spruzzò a più riprese il viso della giovinetta e attese che ella ritornasse in sé.
Passarono alcuni minuti, poi un sospiro profondo uscì dalle labbra della fanciulla.
- Sta per rinvenire - disse Sandokan.
- Devo rimanere qui? - chiese Tremal-Naik.
- No - rispose Sandokan. - Quando noi le avremo narrato ogni cosa, vi manderemo a chiamare.
L'indiano gettò un lungo sguardo sulla vergine della pagoda e uscì soffocando un singhiozzo.
- Speri, Sandokan? - chiese Yanez.
- Molto - rispose il pirata. - Domani questi due infelici potranno unirsi per sempre.
- E noi...
- Zitto, Yanez: apre gli occhi.
La giovinetta infatti ritornava in sé. Mandò un secondo sospiro più lungo del primo, poi aprì gli occhi fissandoli su Sandokan e Yanez. Il suo sguardo non era più torbido; era limpido, era lo sguardo di una donna che non era più pazza.
- Dove sono? - chiese con voce debole, cercando di alzarsi.
- Fra amici, signora - disse Sandokan.
- Ma che cos'è successo? - mormorò. - Ho sognato? Dove sono?... Chi siete voi?
- Signora - disse Sandokan, - vi ripeto che siete fra amici. Cos'è successo, mi chiedete? Vi dirò che non siete più pazza.
- Pazza?... pazza?... - esclamò la ragazza con sorpresa. - Ero pazza io? Non ho sognato, dunque? Ah... mi ricordo... È orribile... È orribile...
Uno scoppio di pianto soffocò la sua voce.
- Calmatevi, signora - disse Sandokan. - Qui non correte alcun pericolo. Suyodhana non esiste più e thugs qui non ce ne sono. Non siamo in India, ma nel Borneo.
Con uno sforzo Ada si rizzò in piedi e, afferrando strettamente le mani di Sandokan, gli disse piangendo:
- In nome di Dio, ditemi ciò che è successo e chi siete voi. Mi sembra di non comprendere più nulla.
Erano le domande che Sandokan aspettava. Allora con voce grave le narrò succintamente tutto quello che era accaduto prima in India, poi a Mompracem e da ultimo nel Borneo.
- Ora - concluse Sandokan, - se amate ancora Tremal-Naik, il coraggioso indiano che per voi ha compiuto miracoli, ad un vostro cenno egli sarà alle vostre ginocchia.
- Se lo amo!... - esclamò Ada. - Dov'è? Lasciate che lo riveda dopo una così lunga separazione!.
- Tremal-Naik!... - gridò Yanez.
L'indiano si precipitò nella pagoda e cadde ai piedi di Ada, esclamando:
- Mia!... Ancora mia!... Dimmelo ancora una volta, Ada, che sarai mia moglie!...
La giovinetta posò le mani sul capo del fidanzato:
- Sì, sarò tua moglie - diss'ella. - Mio padre mi ha promessa a te, e t'amo ancora.

Bello, però. La Mamma dice che ogni volta che lo rilegge si commuove. Strampalato, ma di grande effetto scenico. Chiaro che non è così che funziona, che il metodo – se pure ne esiste uno – per curare un tizio affetto da PTSD è molto meno suggestivo e più laborioso e consiste nella desensibilizzazione o nell’ipnoterapia. Anche con la terapia comportamentale è d'uopo andare cauti, dicono, perché tocca essere rilassati e chi ci ha il PTSD di capacità di calmarsi ce ne ha pochina.
Mi sono divertita ad immaginare il Sandokan nei panni dello psicoterapeuta che aveva in cura Ada Corishant e ad immaginare una scena più realistica – ma, chissà perché non mi è riuscito. Me lo figuro, la Tigre della Malesia, seduto in un’ottomana dorata, in una stanza riccamente addobbata con tendaggi di seta e damasco, bracieri dove bruciano incensi (alla faccia della 626), sciabole, scimitarre, pugnali appesi alle pareti (tanto per indurre un senso di sicurezza e relax nel paziente, vero), maschere tribali d’oro incrostate (che schifo) di rubini e smeraldi, con Ada Corishant distesa su un lettino riccamente intagliato di legno di tek con intarsi di agata e ametista (ma come mi vengon pensate codeste stramberie), che scava nel suo passato (Ada Corishant ebbe forse una precoce separazione dai genitori? visse forse in un ambiente connotato da ansia e nervosismo? Dice che il padre era un capitano dell’esercito inglese che l’aveva piantata in asso per andare a combattere contro gli indipendentisti indiani; ci credo che quasi quasi era meglio fare la vestale dei Thugs) e che le fa la desensibilizzazione sistematica. Che fa, prima le mostra un braccio della Dea Kalì (che come sapete ne ha quattro…otto… o sedici, boh; meglio in ogni caso non starle a tiro), la seduta dopo gliene mostra un altro, poi le suona "Era meglio morire da piccoli" col ramsinga
L’immaginazione mi tradisce.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Susanna.
E' stata un vera gioia trovare una descrizione del DPTS che non sia ne terrorizzante (mai letto le descrizioni che si trovano su internet?! Tutte uguali, non ti spiagano nulla di quello che veramente ti interessa e terribilmente ansiogene...Urka...), ne finto sentimental sitle soapopera!!
Forse sarà perchè tu sei una bellissima signorina micina e io ho un naturale feeling con tutti gli animali (per la serie: più conosco il genere umano...), forse sarà che convivo pacificamente con due cagnoni e tre furettini più un paio di mici che vengon a far scorte di cibarie, ma non potevo non fermarmi a leggere il tuo blog.
Eccomi quà: pura e vera DPTS da ben (quasi) 37 anni.
Oihbò, devo ammettere che gli ultimi due anni a "traumi" son stati clementi, ma ciò non toglie che ho una nutrita collezione di traumi che un decimo solo basterebbe con l'avanzo.
Che tipo di truami? E no, son DPTS mica per nulla: ho una fifa boia che "qualcuno" legga e riconosca la storia!
Quesato mio intervento è solo per dirti brava gattina.
Bisogna parlare e parlare: spiegare e raccontare cos'è il DPTS. Io stò lavorando su questo, non voglio più avere paura, nemmeno nello scrivere i complimenti su un testo in un blog di una bellissima (e si dice che porti pure fortuna) miciotta a squama di tartaruga :)
Un grattino sul mento.
TJ

Susanna ha detto...

Ciao, Tartaruga Jones! Mi fa piacere ti sia piaciuto il mio post! Torna pure quando vuoi!
Gatta Susanna