Ibadeth e Tarquinius
Ibadeth Hysa, dicevo, è la mia migliore amica. La Mamma è la Mamma, alla mia povera sorellina Iris ero (sono) molto affezionata, ma Ibadeth me la sono scelta io. Sì, lo so che non è una riflessione originale, ma non ho firmato un contratto per inventare nuove e rivoluzionarie teorie, le note musicali sette sono e sette resteranno…
L’ho conosciuta nell’orto dietro la "Pizzeria ternana". Era salita su un lavatoio che si trovava sotto una pergola, forse per stendersi a prendere il sole (è molto freddolosa) ed è stata adocchiata dalla donna di servizio la quale, presumo per semplice, tranquilla e limpida malvagità, l’ha colpita con uno straccio e l’ha buttata in un secchio pieno d’acqua che si trovava a fianco del lavatoio. Penso che intendesse lasciarla annegare, ma per fortuna il recipiente non era pieno e Ibadeth è riuscita a tenere la testa fuori dall’acqua… senza tuttavia riuscire a scalare le pareti del secchio. E’ rimasta lì per due giorni tenendo la capoccetta fuori dall’acqua putrida, fino a che non è arrivata la bambina Anna Laura, di anni otto, che ne ha avuto pietà e l’ha tirata fuori, portandola dentro la pizzeria, al caldo nella cesta con me ed i miei fratelli. Che non se la sono mangiata perché in quella fase lei era più grossa di loro; dopo, abbiamo fatto amicizia, ci siamo presentati… e, come dice Alice in Attraverso lo specchio, mica si può mangiare qualcuno a cui si è stati presentati!
Ibadeth viene da Elbasan, Albania, dove suonava il violino in un’orchestrina itinerante e scalcinata che, ad un certo punto, ha deciso di tassarsi, affittare un gommone e tentare l’espatrio attraverso l’Adriatico. Dopo tre giorni di mare in burrasca (Ibadeth comincia ad avere una certa qual avversione nei confronti dell’acqua, dolce o salata), sono sbarcati ad Ancona. Da lì la mia amica è salita su un TIR che trasportava polli e quando uno di questi ha tentato di mangiarsela, ha ritenuto opportuno effettuare il trasbordo verso uno che trasportava fibre ottiche nella zona del marscianese ed è così che è finita nell’orto retrostante la "Pizzeria Ternana".
Com’è che ha conosciuto Tarquinius?
Il merito è in parte il mio, perché una sera, trovando il telefono della pizzeria incustodito, ho chiamato l’Ufficio Informazioni e sono riuscita a farmi dare il numero della sua famiglia in Albania. Ho parlato con suo padre, che a Elbasan faceva il fornaio, ma che era rimasto senza lavoro, e l’ho convinto a venire in Italia, assicurandogli che avrei parlato con i proprietari della pizzeria, che cercavano per l’appunto un pizzaiolo, e che li avrei persuasi ad assumerlo. Il padre di Ibadeth acconsentì a venire a Marsciano nel giro di una quindicina di giorni.
Il giorno in cui sarebbe dovuto arrivare… Ibadeth ricevette una telefonata dal cellulare di suo padre, un apparecchio antiquato che lui aveva comperato al mercato nero a Tirana. Da quel che si poteva capire, era ad Antivari. A far cosa? si chiese perplessa Ibadeth. Due ore dopo, chiamò da Bari, ma Ibadeth non riuscì a captarne le parole e si ripromise, non appena il padre fosse arrivato, di regalargli un apparecchio nuovo… Qualche ora dopo, chiamò da Roma, ma le parve avesse una voce strana. Alle sette di sera, un SMS le annunciò che stava arrivando a Marsciano ed un’ora dopo, uno strano personaggio si presentò alla porta della "Pizzeria Ternana". Era un suricate, di nome Tarquinius Lalibela, abbigliato con un paio di calzoni grigi a righe dorate ed un bolero nero, una fisarmonica appesa al collo ed una valigia in cui (l’avrei scoperto dopo) teneva sgorbie e tavolette di legno per incidere i suoi lavori; e ci ha raccontato quella che, a mio parere, è la storia più triste del mondo. Il papà di Ibadeth non solo non era arrivato in Italia, ma non era manco partito: la sera prima era morto investito da un’auto in una stradina di campagna vicino Elbasan e lui lo aveva trovato abbandonato vicino ad un canale di scolo. Lo aveva seppellito ed era venuto fino in Italia per dare di persona la notizia alla figlia, non parendogli il caso che la poveretta la apprendesse per telefono o, peggio ancora, da qualche poliziotto albanese scocciato e demotivato (come pare siano un po' tutti).
Tarquinius era stato rifocillato da Francesca ed Anna Laura con grande quantità di sfincioni ed arancini siciliani, quindi aveva deciso di rimanere a Marsciano e farsi assumere per qualche mese nella locale fabbrica di mobili da giardino. Quando Ibadeth ed io ci siamo trasferite a casa della Mamma (prima a San Nicolò, poi a Perugia), Tarquinius si è fatto assumere presso un laboratorio artigianale di restauro nelle campagne del perugino e, dopo qualche mese, lui e Ibadeth si sono sposati.
Madonna, che razza di sposalizio è stato mai quello. I festeggiamenti sono durati tre giorni, la "Pizzeria Ternana" ha fornito il catering (pizze, arancini, sfincioni e cassate siciliane a sfascio), i "Licaoni del Liscio" e gli "Otocioni" hanno suonato ininterrottamente (e talvolta contemporaneamente, con un suggestivo effetto di straniamento); è venuta la Contessa che ha regalato agli sposi un arazzo medioevale raffigurante una scena infernale (un po’ inquietante, peraltro); è venuta l’Angiolina (la fidanzata ottantenne dell’avvocatone Sullivan) con le figliole; è venuto Michelangelo Er Pantegana, che si è sbronzato come una pigna e ha cantato una romanza a suo dire dedicata a lui, che cominciava con le parole "Amor ch’al cor gentil ratto s’apprende..." (io non sono affatto sicura che le parole alludano a lui, ma tant’è, basta convincersi delle cose). Ramon Llull Costa i Llobera, il pondenco ibicenco marito della lince Maysa, era alla consolle e faceva il dj. La Iris, Dio la riposi, si era occupata dell’arredamento, l’Ingegnerone, il diavolo lo riposi, litigava col pipistrello Filòstrato per motivi politici e gli diceva che aveva una visione confusa della situazione socio-economica attuale. Martino e Baedyn, accompagnati da Ibadeth al violino, hanno cantato una canzone scritta da loro che s’intitolava "Zio Panda, trovaci un topo". Kevin Fontecupa ha offerto metadone a tutti (alla Contessa ha fatto un effettaccio). Tina la piovra si è esibita in una serie di cori alpini, accompagnata da mio fratello Edoardo e dalle altre sue personalità dissociate (Miciox X e Er Sogliola, che ha fatto amicizia con Michelangelo Er Pantegana e a un certo punto sono andati via insieme). Maysa, nella sua fase musulmana, si è esibita in una danza orientale coi sagath (cimbali) e col candelabro (e ha dato fuoco alle tende del ristorante, ma tutti hanno pensato che facesse parte della coreografia; in particolare la Contessa, in trip lisergico, ha biascicato che la scena era davvero psichedelica). Il licaone Aristogìtone tentava d’insegnare alla Bimba a suonare le percussioni sulla testa del Bimbo, mentre l’otocione Jerry serviva vassoi fumanti di ravioli "Foresta Nera" al ragù come dessert. La torta nuziale era stata offerta dalla gastronomia "Le cose buone" di Ferrara: si trattava di una tenerina ricoperta da crema Chantilly e amarene glassate, molto leggera e delicata. La cerimonia si è chiusa con il pezzo forte degli "Otocioni", un brano scritto da Jerry, un misto di raga e rock duro che ha mandato in visibilio gli astanti (o in crisi anafilattica, come insinua Edoardo, il solito malfidato), il cui testo riporto di seguito.
Tu non sai
(di Von Strohmenger-Gebratmaryam)
(di Von Strohmenger-Gebratmaryam)
Tu non sai,
no, non ne sai niente, tu,
cosa pretendi di sapere, tu?
Non credo che tu sappia,
anzi, ne sono sicuro,
più che sicuro.
Credi forse d’ingannarmi?
Di sapere più di me, forse?
Ma non farmi ridere, suvvia.
Tu non sai,
direi che tu ignori,
direi che il mondo ti è sconosciuto,
che tutto ti è ignoto,
che tutto è nuovo, per te,
che vivi inconsapevole,
che intorno a te regna il disorientamento,
che rimani allibito di fronte alla realtà,
che non sai una sana mazza.
Tu non sai.
Nessun commento:
Posta un commento