venerdì 3 ottobre 2008

Bessa, bessa, bessa...

In questi giorni sono molto occupata coi Licaoni. Come sapete, per una band di liscio il culmine del lavoro è d’estate, tra sagre, spettacoli presso taverne e ristoranti, feste di partito e così via. Anche in autunno, tuttavia, qualcosa si rimedia. Contro le feste dell’uva e della vendemmia non abbiamo proprio nulla, noi, specie se al compenso si aggiungono gradevolissime libagioni del vino locale… Ultimamente, però, ci siamo dedicati anche all’etnomusica, dietro istigazione della nostra violinista Ibadeth, che ci ha insegnato cinque canzoni albanesi cinque, con le quali quest’estate abbiamo girato sia per circuiti alternativi (feste organizzate da immigrati del Paese delle Aquile), sia per concerti organizzati da Comuni e parrocchie di orientamento progressista. Ieri ci hanno contattato gli organizzatori di un Festival della Pace tra i popoli - che già ci avevano fatto lavorare nei mesi scorsi - e ci hanno chiesto di partecipare ad una manifestazione dal titolo “Mille armonie di pace”, che si svolgerà in un antico e noto paese umbro, sotto un padiglione orientaleggiante eretto in periferia. Conferenze, mercatini etnici, ristoranti tipici e, la sera, concerti, le voci dal mondo…
Pur tuttavia… sorvolando sul fatto che fra i Licaoni l’unica albanese è Ibadeth (è tutta l’estate che ci sorvoliamo e alla gente va bene uguale), mi ha lasciato un poco pensierosa la canzone che Ibadeth ci ha fatto imparare per il festival. E’ molto antica, bella e struggente come larga parte delle melodie balcaniche, e s’intitola “Bessa, bessa, bessa”.
Io credevo che la bessa fosse un fungo; invece, in albanese, significa “promessa di vendetta”...
La mia amica ramarra si è degnata di tradurci il testo in italiano solo dopo che l’avevamo ormai imparata e registrata presso l’organizzazione del festival, e così abbiamo appreso che questo concetto esprimeremo, la sera del concerto:



Vendetta, vendetta ti prometto,
che ti maledica il cielo,
perché hai dimenticato la tua patria,
vendetta, vendetta ti prometto,
per il sangue dei morti,
per la lama delle spade,
con i sibili della freccia risponderò,
a morte ti colpirò,
del tuo sangue cospargerò la terra nera,
la nebbia bagnerà la tua lapide,
che spezzerò e lascerò tra il muschio.
Vendetta, vendetta ti prometto,
che il tuo seme scompaia dalle contrade,
che l’erba avvizzisca sotto il vento gelido,
che la luce del cero si estingua…



Io e Tarquinius ci siamo guardati e ci siamo domandati se queste parole siano propriamente consone allo spirito del Festival della Pace tra i Popoli, e ci è sembrato di no… ma Ibadeth insiste, dice che tanto l’albanese non lo capisce nessuno e se alla gente gli facciam credere che è una canzone di pace, gli sta pure bene, tanto la lingua albanese è sconosciuta ai più e se ci sono degli albanesi presenti al massimo ci faranno due risate.
Alle spalle nostre.
E che comunque, quella lei sa.

3 commenti:

lucy ha detto...

antropologicamente parlando è realistica e fuori dal solito buonismo che impastrocchia e smanazza tutto. c'è da farsi due risate: un incoraggiamento ai fratelli albanesi presenti in sala! giakmarrje!

Gaja Cenciarelli ha detto...

a me piace!
e viva la faccia, anzi, di qualcuno come Ibadeth che porta le tradizioni e le canzoni della propria terra che siano sempre e solo nostalgia, bellezza, tristezza...
nelle tradizioni c'è anche questo, bisogna apprezzarlo.

certo che vederla cantare di persona sarebbe uno spettacolo imperdibile... (poi ci dici come hanno reagito?)

Anonimo ha detto...

Il brutto è che sono io che canto, lei si limita a suonare il violino, la malefica creatura verde... i pomodori fracichi li tireranno a me!
Bessabessabessa....