sabato 11 ottobre 2008

Svalutation

Stamattina ero da Ibadeth e sono capitata nel mezzo di una discussione tra Asiak e Lucy K.K. Ibadeth, Dio la benedica, non discute mai… Asiak era sdraiata sul divano e Lucy insisteva perché uscisse con lei nell'orto a piantare del crescione. Da quel che ho capito, Asiak era depressa e non voleva alzarsi e Lucy la esortava a reagire, più per scuoterla che per il crescione in sé (che, al limite, avrei potuto piantarle pure io). Dopo averla spinta a darsi da fare; averle ricordato che la loro vittima, la signora Vescovo, voleva la loro morte e l’avrebbe ottenuta, se non l’avessero azzerata prima loro; averle fatto notare che sbagliava a macerarsi per il rimorso d’averla uccisa; averle reso noto che c’erano tante altre cose che avrebbe potuto fare; dopo tutto ciò, in breve, Asiak è saltata su dal divano e ce l’ha mandata. Prima che si azzannassero le orecchie e si scuoiassero le code, io ho bloccato la canadese e l’ho portata fuori nell’orto. Mentre sistemavamo il crescione, ho cominciato a parlarle dei meccanismi di difesa e le ho spiegato che cosa è la svalutazione.
Io non so se vi è mai capitato qualcosa di simile. Siete mai stati depressi, arrabbiati o tristi, non importa per quale ragione? All’ottanta per cento dei casi suppongo che le persone accanto a voi se ne saranno strafregate, ma può anche darsi che qualcuno abbia blandamente tentato di confortarvi. L’intenzione sarà stata buona, non dico di no; ma per la maggior parte delle persone consolare qualcuno vuol dire convincerlo che in realtà la ragione per cui sta soffrendo non è valida.
E vi paresse poco. Poi non sorprendetevi se quello vi manda affanculo.
Soffrite per qualcuno che sta male o, peggio, che sta per morire?
Patite la mancanza di un vostro caro che è morto?
Siete stati abbandonati dal vostro compagno?
Siete stati traditi da colui che credevate un amico?
Vi trovate ad affrontare la triste consapevolezza del tempo che passa e del vigore fisico che declina?
Ebbene, io vi dico che qualcuno - benintenzionato, per carità! – s’infervorerà, diventando talora anche un po’ aggressivo, chiarendovi che:
Caso 1: la malattia, purtroppo, è una cosa che capita a tutti; non si può pretendere di vivere sempre in perfetta salute e bisogna accettare le inevitabili limitazioni del nostro fisico.
Caso 2: non siete eterni, non dovete credere che gli amici o i genitori o i nostri cari ci saranno sempre, ma accettare la finitezza del vostro essere (magari non vi diranno così, ma il succo sarà quello), al mondo c’è tanta gente che muore, ci sono tante tragedie peggiori e così via.
Caso 3: gli amori non durano per sempre, troverete di meglio, in ogni caso la vita continua, e chissà quante cose belle ha da offrirvi.
Caso 4: dagli amici ci guardi Iddio, cosa vi credevate? Non bisogna fidarsi di nessuno e voi siete stati anche un po’ ingenui nel riporre la vostra fiducia in quella persona, si vedeva che non era affidabile, ma voi no, vi siete intestarditi a volerle bene e vi siete fatti coinvolgere troppo nelle sue trame…
Caso 5: qui si raggiunge il diapason della filosofia del bar, e s’intravede anche, talvolta, un tantino di sadica soddisfazione della persona che vi vede in difficoltà fisica, magari un po’ ingrassati e con vari acciacchi, che vi spiega che la giovinezza non è eterna, che dovete accettare la vostra vecchiaia, che dovete venire a patti con le limitazioni del vostro corpo e cercare soddisfazioni più adeguate all’età…
Per farla corta, per farla breve, tutte queste perle di saggezza una cosa hanno in comune: che il cosiddetto consolatore svaluta la vostra sofferenza. E svaluta un poco anche voi, dandovi, in pratica, degli imbecilli perché queste cose vi fanno star male.
Quello ho tentato di spiegare alla visoncina canadese.
Lucy, lo so che vuoi bene ad Asiak, ma se le dici che non deve star male l’azzeri. E’ come se insinuassi che non ha ragione di essere depressa. Ma lei ci ha tutte le ragioni se sta male, e tu non puoi farla passare da stupida dicendo che invece no, la ragione non ce l'ha o non è valida. Perché lei ti potrebbe dire: e allora io sono scema, che sto male per qualcosa che non c’è? Tu così stai svalutando la sua sofferenza. O la stai negando, che è peggio. Nessuno si diverte a stare male, Lucy K.K… Fidati, non c’è frase peggiore quando qualcuno ti dice di non prendertela. Pensaci: sembra una frase innocua, magari anche sollecita, ma cosa ci leggi sotto? Te lo dico io. ‘Non prendertela’ vuol dire: Ma quanto sei stupida, a crucciarti per una cosa talmente sciocca per la quale non si cruccerebbe nessuno, solo tu, cretina, puoi star male per una cosa del genere…”
Va bene, e allora cosa devo dirle?” ha ringhiato Lucy K.K. “Che fa bene a star lì a fare il cadavere? Che magari farebbe bene ad impiccarsi?”
No sicuro” ho risposto io. “La cosa migliore che potresti fare è starle vicino senza dire niente del tutto. Oppure potresti farglielo capire per vie traverse, che farebbe bene a non prendersela, ma non devi dirglielo a chiare lettere. Anche perché ti dirò, lo sa benissimo da sé. Chi è depresso non ha bisogno di consigli. La maggior parte delle volte lo sa perfettamente quello che dovrebbe fare, non è mica scemo. E’ che non riesce a farlo. E se tu gli sottolinei quello che sarebbe meglio fare, che potrebbe fare e non fa, è pure peggio… La deve trovare da sé, la via per uscire, se no non serve a niente…”
Quando sono tornata lì la sera, Ibadeth mi ha riferito che Asiak stava prendendo le misure a Lucy K.K. per un giacchetto corto con i risvolti, che intende cucirle per l’inverno, e stavano discutendo su quale colore si sarebbe meglio intonato al pelo cipria della canadese – Asiak è un po’ più scura, ha un po’ il colore del whisky
Ma non il sapore, purtroppo.


3 commenti:

lucy ha detto...

sono andata "a palpo", come si dice dalle parti mie, con gli occhi abbacinati dal fùcchesia in cerca dei commenti. ah, ecco! mumble mumble. ai depressi non gli si deve dire gnèeeeeeente: occhèi. gli stiamo vicino gli teniamo la zampina. e dopo? gli stiamo vicino gli teniamo la zampina. e chi tiene la zampa all'amico dell'amico depresso che tutti i giorni dice e ridice le stesse cose e non cambia di una virgola ciò che dice, o che tace e dice col corpo, come un disco rotto? quando stavo male nessuno sminuiva il mio male: anzi tutti stavano zitti, incapaci di affrontare le mie ragioni di sofferenza o decisi tecnicamente a non intervenire. io li ho odiati per questo, li sentivo lontani e ostili. stavano là e non dicevano niente in risposta al mio disco rotto. solo la forza sovrumana (e se non fossi così "forte"?) che per fortuna mi porto dentro mi ha spinto a curarmi. e purtroppo non c'è scampo: bisogna prendere le pastigline che ti consentono di dormire accettabilmente, di rallentare i ritmi vorticosi della mente, i suoi pensieri dominanti, volgendo altrove l'attenzione. poi, se sei fortunato, alcune cose prendono un'altra inclinazione: non vanno mai del tutto a posto, non scacci mai i fantasmi, solo impari come fare a tenerli a bada un po'. un po' si tengono a bada interessandosi, all'inizio per forza, poi per desiderio, ad altro/agli altri. la depressione è il male oscuro che discende da mille cose: da qualche ormone in meno, da quest'epoca di indifferenza, dall'indifferenza che il soggetto ammalato (perché è una malattia) forse ha messo per troppo tempo nelle cose e verso se stesso, per la fretta maledettissima con cui viviamo, dai sensi di colpa che a volte uno coltiva come un prezioso orticello in cui andare a zappettare, chiudendosi alle spalle il cancelletto...io che zappetto orticelli lo so perché ci vado: a volte per lasciar fuori il mondo, a volte per crescere le mie piante e rispecchiarmi in loro, a volte per crescere le piante e farne dei cibi per gli amici. e come dice l'amico art, l'orso marsicano che non morsica: "sto imparando che le ore sono fatte di quarti d'ora che sono fatti ci cinque minuti e anche cinque minuti dedicati a qualcuno valgono se dedicati davvero".

Susanna ha detto...

Quello che tu dici è vero, Lucy: il depresso di tutto ha bisogno meno che dell'indifferenza. Ma io, in effetti, non esortavo all'indifferenza nei confronti dei depressi, bensì a non svalutarne la sofferenza rimproverandoli (sì, rimproverandoli, è capitato anche a me) per la loro tristezza, come se fossero tristi per far dispetto a noi. Se devi dire a un depresso che non ha senso che soffra, è meglio che stai zitto. Troppe volte mi sono sentita dire che non aveva senso che stessi male, che non avevo ragione di sentirmi depressa, addirittura di muovere il culo e di andare a lavorare! e qui scatta il vaffa. Se uno è triste, qualche ragione ce l'ha. Magari io soffro per una cosa e tu soffri per un'altra, per la quale io non me la prenderei manco lontanamente; e allora? Bisogna parlare col depresso, ma senza dirgli cosa deve fare, perché sovente lo sa da sé; e soprattutto fargli sentire che si rispetta la sua sofferenza e che, in ogni caso, gli si sta vicino. Non stargli lontano o, peggio, essere ostili. ma non è facile: la gente dopo un po' si stufa del depresso, come sappiamo tutte e due...
Baci.
susanna

Gaja Cenciarelli ha detto...

Tutte e tre.

baci.