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Io no.
Ma io non faccio testo, sono solo una micia.
Perché "Il diario di Susanna"? Ibadeth è una fascinosa ramarra albanese, che ha ereditato il blog dalla sua migliore amica, la gatta Susanna, mancata all'inizio del 2010. Ibadeth è immigrata dall'Albania, approdata in Italia via gommone. Suona il violino in un complesso di liscio (i "Licaoni") ed è sposata con il suricate Tarquinius. Ha molti amici, tra cui una gatta che gestisce un sito curioso: http://umbriacuriosa.altervista.org/
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Io no.
Ma io non faccio testo, sono solo una micia.
Non avevo mai visto il Museo archeologico di Perugia (marcia vergogna a me): ieri pomeriggio mi ci ha condotta mia cugina Margot, appositamente arrivata in treno dalla capitale per portarmi un regalo di compleanno. Piacevole giornata, invero: Margot ed io abbiamo visitato il Museo (che lei conosceva e io no, naturlich), poi siamo andati a fare acquisti da Antonietta che gestisce, lì di fronte, un negozio di carinerie assortite nomato Wabi, quindi aperitivo da Enonè, pregiata vineria lì a fianco. Per me sarebbe anche bastato; Margot ha però insistito per recarsi in una località dove, diceva, aveva aperto un negozio di cibo per animali all’avanguardia (il cibo, non gli animali).
Avrete senz’altro capito che non c’era nessun negozio né tampoco alcun animale all’avanguardia, ma solo animali arretrati e tradizionalisti. Almasilvia Deogratias (la gatta selvatica che gestisce un’azienda di prodotti biologici) aveva messo a disposizione la casa e la cucina e i miei amici avevano organizzato una mega-festa di compleanno.
Vicino allo stagno Maddalena, addobbato per l’occasione in maniera da risultare meno cupo (e da somigliare ad una parte del giardino della Reggia di Caserta) erano state allestite lunghe tavolate con vassoi colmi di ogni ben di Dio; un barcone dipinto, con candele accese a poppa e a prua e con dei suonatori a bordo solcava lo stagno suonando melodie balcaniche (Ibadeth, manco a dirlo!... non ho voluto approfondire però il testo delle canzoni, per tema di scoprire nenie sanguinarie e mortali); parecchie torce erano state disposte sulle rive dello stagno e intorno ai tavoli. Almasilvia, la visoncina Lucy K.K., Fabia e Srikant il pitone avevano lavorato tutto il pomeriggio per preparare il buffet. Otocioni e Licaoni, uniti per l’occasione, avevano preparato l’intrattenimento musicale. Maysa la lince e le sue Ametiste del Nilo avevano studiato un’elaborata coreografia di danza del ventre con il doppio velo. Michelangelo Storace detto Er Pantegana, il ratto della Sabina, aveva preparato gioielli in ferro battuto da offrire a tutte le gentili signore. La Contessa amica di Edoardo ha fornito pregiato vino delle sue vigne; l’Angiolina e le figliole hanno preparato un’eccellente ribollita. Asiak ha preparato per tutti dei delicatissimi top in seta cangiante, dall’azzurro al verde mare. A sorpresa è stata rintracciata ed è arrivata Alibech Estalère, un’altra visoncina dello sciagurato branchetto di Civitella Plestina, suonatrice di flauto, che si è esibita suonando melodie del folklore canadese. Madama Grazia, della Food Farm di Pila, ha fornito eccellenti salumi. Il contributo di Charlie consisteva nell'aggirarsi urlando “Ahò!”, fino a che mia sorella Megalo non gli ha calato una padellata sulla zucca, al che lui si è calmato. Mio fratello Martino, il rabbino, e Arturo il ragioniere erano stati incaricati di presiedere ai giochi di società. Hanno organizzato, dopo cena, una memorabile partita a calcio… però hanno fornito a ciascuno dei giocatori un pallone, giacché, ha detto il rabbino, non gli pareva educativo un gioco in cui tutti si spintonano e si massacrano i malleoli per il possesso di una sola palla (che poi, peraltro, appena conquistata viene presa a calci... sciagurato esempio di disprezzo per i beni appena acquistati... e gettata subito nella porta avversaria).
Il Bimbo e la Bimba aiutavano a servire ai tavoli. Maddy Mc Snow, la mia amica pinscher titolare della cattedra di Storia Indoeuropea, ha declamato un’antica poesia in lingua indoeuropea, molto bella, anche se non chiarissima in taluni suoi passaggi. Ramon Llull Costa i Llobera, il pondenco ibicenco consorte di Maysa, essendo un dj faceva il dj - manco a dirlo. Aveva però portato una botte di frìgola, un simpatico liquore dorato di Ibiza, che è sparito subito nelle gole voraci dei convitati. Annibale Bellassai detto Scubidù discuteva con la psichiatra di Asiak, Angelica Pasqui-Copanello (spero vivamente non parlassero di lei) e con Lirishta Damis, la soriana albanese che aveva una volta fatto parte delle Ametiste del Nilo. Forse la stava psicanalizzando al volo.
Il concerto tenuto da Otocioni e Licaoni nella barca sullo stagno è stato suggestivo… se si eccettua il fatto che non avevano avuto molto tempo per provare i pezzi ed erano, quindi, un pochetto fuori sincrono. Spettacolare anche la danza col doppio velo delle gatte bellydancer… ancorché con un piccolo fuori programma (debitamente registrato dalla telecamera del lupo giornalista e del fotografo ferrarese): la caduta di Kirti Mrinal nello stagno ed il conseguente salvataggio da parte di Aristogìtone il licaone (che, quando è emerso dall’acqua reggendo Kirti per la collottola sembrava il Kraken, il mostro degli abissi). Siccome la sbronza colossale non bastava, la serata è terminata con lo sballo collettivo offerto da Almasilvia: pregevole marijuana biologica coltivata nelle sue serre! La Contessa, fatta come una pigna, ha indossato il costume da danzatrice di Maysa (che le stava pure un po’ stretto) ed ha ballato sul tavolo uno sgangherato ed applauditissimo flamenco rock.
Alla fine, quando tutti erano distesi sui tavoli o sotto i medesimi, con la luce delle candele che andava smorzandosi, la visoncina nera Alibech ha suonato una nenia con il flauto, mentre il pondenco ibicenco cantava una canzone d’amore in lingua catalana. Mi auguro fosse dedicata a Maysa...
Ella no veu que m’és fatal
el meu destret, la meva espera;
ella no sap que sóc malalt
d’una mirada venturera;
ella no es tem que el seu fulgor
se m’ha emportat la llum del dia.
Oh, plany sonor, oh, ma clamor
de poesia!,
troba qui m’és causa d’amor
i d’agonia.
La veig només confosament,
Un llibre als dits o bé una rosa ;
no hi ha mirada més ardent
que el pobre somni que no gosa;
la seva dolça llunyania
tant he besat que em ve llangor.
Oh, plany sonor, oh, ma clamor
de poesia!,
troba qui m’és causa d’amor
i d’agonia.
Vés sense dir qui t’avià,
mai non conegui qui l’ha amada ;
si un caminet en davallar
vers mi vingués enamorada,
premi dolcìssim d’un enyor,
jo sé ben cert que en moriria.
Oh, plany sonor, oh, ma clamor
de poesia!,
troba qui m’és causa d’amor
i d’agonia.
24 ottobre, data di nascita di grandi uomini... e di grandi gatte!
Oggi è il mio genetliaco, gente!
Compio tredici anni!
Tanti auguri a me!
Temo che di là si stiano preparando grandi festeggiamenti, che dovrebbero essere una sorpresa per me... e io farò finta di non essermene accorta. Farò una faccia convenientemente sorpresa...
Narrano che Fray Luis de Leon, professore all’Università di Salamanca la bellezza di quattro o cinque secoli or sono, subì tante e tali traversie che rimase assente cinque anni dall’università e, al momento di riprendere le lezioni, iniziò dicendo, serafico “Como decìamos ayer…”. “Dove eravamo rimasti?...” così il licaone Aristogìtone ha interpellato il suo pubblico del corso di razzismo applicato. “Allo stereotipo?” E ha continuato dicendo che è comprensibile che ci sia: ci serve per andare avanti, è normale che ci si faccia un’idea vaga su cose e persone che non conosci, sarebbe complicato se dovessimo stare sempre a ricominciare da zero ad ogni situazione imprevista. Tuttavia una conoscenza approssimativa può facilmente trasformarsi in pregiudizio: un atteggiamento negativo ed aprioristico verso una categoria di persone. Ti fai cioè di un gruppo un’idea priva di analisi dei fatti che lo riguardano. Straparli senza conoscerlo, insomma.
Il licaone, ha detto Ibadeth, ha fatto l’esempio di un suo ex compagno di scuola, un ragazzino morto in un incidente: il giovane guidava una moto, e un giorno un camion che evidentemente aveva fretta di consegnare qualcosa gli tagliò la strada uccidendolo. Bene (si fa per dire), tutti i suoi conoscenti dissero che poverino era spericolato, che questi giovani con le moto corrono come pazzi, che i ragazzi sono incoscienti e cose del genere; e a nulla servì la testimonianza d’un vigile che disse a tutti che il povero giovane stava andando a velocità moderata e che la colpa era del camion. Qui agiva potentemente lo stereotipo: una categoria (i ragazzi) era giudicata incosciente e spericolata (e spesso lo è), ma nel caso presente non bisognava attivare il pregiudizio, bisognava ricominciare da capo: alt… forse stavolta non è andata così… forse questo ragazzino non era spericolato… O per lo meno, se non ti frega niente, ha concluso Aristogìtone, non ti poni il problema e stai zitto. Che è meglio.
Se però dallo stereotipo si passa al pregiudizio e dal pregiudizio alla discriminazione, si passa per così dire all’azione.
Dicesi discriminazione la traduzione di un pregiudizio in un comportamento che in qualche modo tende a sottolineare una distinzione.
E qui bisogna fare una fermata per riflettere sulla discriminazione.
E non solo.
Anche per permettere al relatore di recarsi a un pub a qualche chilometro di distanza. Ce ne sarebbe uno nella strada accanto, ha concluso Aristogìtone, ma fuori c’è un cartello che vieta l’ingresso ai cani ... e i licaoni, come forse sapete, possono facilmente esser confusi con essi. E' chiaro che qui si attua una discriminazione, ma dove discriminano io piglio e me ne vado, mica mi metto a litigare.
Aristogìtone Ngouma è il licaone che ha dato il nome alla nostra band di liscio. E’ africano, congolese di lingua francese, laureato in legge, ma se lo vedessi non gli daresti un soldo di fiducia perché ha il look tipico dell’extracomunitario sfranto. Fa il guardiano diurno in alcuni cantieri (di notte viene sostituito da Ecate Accorinti detta Catina, una nottola originaria di Salci). Con gran sorpresa di tutti, ha trovato un nuovo lavoro serale: tiene un corso di razzismo al Centro di Mediazione Culturale, dal titolo Come diventare un razzista ineccepibile in soli dieci incontri.
Ibadeth si è iscritta al corso e ha preso appunti.
Le prime lezioni vertevano sulla comprensione del fenomeno e sulle fasi da attraversare per giungere ad un perfetto comportamento discriminatorio. Su cosa dobbiamo riflettere per capire il razzismo, si è chiesto alla prima lezione del corso il trasandato licaone? Dobbiamo tener presente che il razzismo è la teoria secondo la quale determinati gruppi, umani e non solo, diversi da altri per origine, religione o etnia, presenterebbero segni d’inferiorità tali da giustificare un trattamento discriminatorio nei loro riguardi.
Prima di parlare della discriminazione, tuttavia, s’hanno da capire i concetti di stereotipo e pregiudizio. Per cui andiamo per ordine, come disse Erode pianificando la strage degli innocenti.
Che cosa è lo stereotipo?
Al mondo ci sono tante cose, ha pontificato il licaone, più di quanto noi possiamo immaginare e molte più di quante incontreremo mai. Magari noi viviamo in un villaggio come Civitella Plestina, da cui possiamo uscire per andare a Roma, a Milano, ad Amsterdam, anche in Tasmania, se ci garba; ma di certo mai potremo vedere tutto e conoscere tutti. Posto che abbiamo voglia di farlo, il che, per la maggior parte dei casi, non è.
Allora ci creiamo un’immagine del mondo che non ci sta a portata di mano. Abbastanza logico, sin qui.
Ma com’è l’idea che ci facciamo? Delle due l’una:
· se siamo curiosi di conoscere, ci informiamo: consultiamo l’atlante, ci comperiamo un’enciclopedia, guardiamo su Internet. Se ci capita a tiro qualcuno che viene da fuori gli scassiamo i bartolomei fino a che non ci ha detto tutto sulla sua religione, le sue usanze, la sua cucina;
· se tale curiosità non ci assilla, ci facciamo un’idea vaga e sommaria, approssimativa e frammentata, degli altri; quest’idea viene, di solito, dal gruppo cui apparteniamo, che magari ne sa meno di noi. Tale immagine può anche avere qualche elemento di verità, però ha una caratteristica: è di solito rigida ed indifferenziata. Si appiccica ad un gruppo che non è il nostro un’etichetta che vale per tutti i suoi componenti e che non è suscettibile di essere modificata. La cosa funziona per tutti i gruppi, non solo etnici. Basti pensare a ciò che si crede delle donne: che non siano portate per la matematica, che non siano capaci di mantenere un segreto, che non abbiano manualità per la meccanica e così via. Lo stereotipo può essere anche positivo (“i neri hanno il ritmo nel sangue!”), ma nella maggior parte dei casi è negativo; parte da un’idea scarsamente aderente al vero e non prevede cambiamenti, neppure quando nuovi dati ti provano il contrario di quel che pensi.
Io amo la tradizione, ma amo anche andare avanti. Nel senso: amo molto le antiche usanze, purché non siano palesemente insensate.
Mi piace molto la torta al testo con il prosciutto, che è un po’ il simbolo della nostra città…oddìo, mi piacerebbe, ma la Mamma sostiene che i gatti non debbono mangiare maiale e me la nega.
Adoro la torta di Pasqua, che, a malgrado del nome, si fa tutto l’anno. Una cosa curiosa va detta: l’ho fatta assaggiare a parecchia gente e a nessuno è rimasta indifferente, o gli fa schifo o ne vanno matti.
Trovo buono anche il torcolo di San Costanzo, che è uno dei patroni della nostra città (San Costanzo, non il torcolo). Il 29 gennaio tutti i forni ne fanno a quintali, si vedono le file fuori dalle pasticcerie e si sente il profumo di dolci e uvetta.
Amo, a differenza di molti miei concittadini, che le vie della città siano invase dai turisti (per Umbria Jazz, per Eurochocolate…). Non mi garba punto l’isolamento che è ancora idolatrato da taluni perugini. La mia Mamma mi ha detto che fino a metà degli anni Settanta per Perugia non passava nemmeno il raccordo autostradale. Non è che non ci fossero strade asfaltate e che l’unico modo per arrivare in Umbria fossero le mulattiere, ben s’intenda; ma sino al 1974 non c’era la superstrada, che dalla E 45 porta a Valdichiana-Bettolle, località toscana in cui si può incontrare l’autostrada del Sole.
La stessa E 45 è stata terminata a metà degli anni Ottanta… E parecchi perugini ne erano ben felici perché non gradivano soverchiamente che circolassero troppi estranei nella regione: forse a causa della dominazione papalina (peraltro terminata nel XIX secolo), a Perugia c’è ancora una certa quota di diffidenza verso lo straniero – intendendosi con “straniero” anche chi viene dalle Marche o dalla Toscana, senza andare a scomodare arabi o africani… Certi perugini, perfino, non ti ammettono nella loro cerchia d’amicizie se non ti conoscono dall’asilo o, meglio ancora, non si conoscono i genitori e, se fosse possibile, anche i nonni. Non che tutti si comportino così, ma ce ne sono, vi assicuro che ce ne sono.
In breve, taluni perugini odiano le novità, di qualsiasi tipo, che riguardino persone o che attengano ai trasporti… ecco perché parecchi non hanno gradito, all’inizio di quest’anno, l’apertura di un nuovo simpatico mezzo di trasporto su rotaia, il cosiddetto minimetro.
Era quindi prevedibile che l’opposizione soffiasse sul fuoco delle polemiche. Ora, che l’opposizione soffi, mi sta pure bene: l’opposizione, per sua natura, si deve opporre. Mica deve fare come Veltroni, che fa finta.
Soffio anch'io, ogni tanto.
Solo che io adoro il minimetro.
Innanzitutto non inquina – e ti paresse poco.
In secondo luogo non è turbato dal traffico, perché sale dalla periferia al centro storico su una rotaia sopraelevata e non deve certamente fermarsi ai semafori né dare precedenze a chicchessia.
In terzo luogo, per andare in centro ci mette più o meno un quarto d’ora (compreso il tragitto con le scale mobili).
In quarto luogo è carinoooooooooooo!!!!!!!!!
Ha solo dei pregi, questo trenino? Certamente no. Il difetto maggiore è che è costato una tombola e – dicono – il Comune ha sperimentato un deficit che ha tentato di colmare con le multe e il famoso T-red (dicono pure truffaldino). Del quale è rimasta vittima anche la mia Mamma, peraltro. Il maggiore sbaglio del Comune, credo. Il deficit poteva essere risanato in tanti modi: con la pubblicità nelle stazioni, tanto per dirne una.
A Perugia si dice anche che il Comune, per ripianare il bilancio, ha stabilito che in qualsiasi parte della città il parcheggio sia a pagamento; ma io questo l’ho visto in tante altre città, non solo a Perugia.
Un altro difetto è il rumore. Il che è in parte vero; ma forse che i pullmann e i treni sono silenziosi? In tutti i modi, in molte stazioni del minimetro sono stati fatti dei lavori che lo hanno diminuito di molto.
L’appunto però più insensato che ho sentito fare al povero trenino è stato questo: parecchia gente che non ha casa lungo il suo percorso sostiene che a loro non serve. Grazie tante, e che ha da passare sotto casa di tutti, codesto benedetto treno? E’ ovvio che dovrebbe funzionare così:
· chi viene da fuori (o da nord o da sud) via raccordo autostradale uscirà allo svincolo vicino a Pian di Massiano (mi pare ci sia scritto Ospedale Silvestrini), lascerà l’auto al parcheggio Porta Nova (che è gratuito) e di lì salirà sul minimetro;
· chi viene in treno potrebbe scendere alla Stazione Fontivegge (che è quella centrale), che è collegata con la relativa stazioncina del minimetrò;
· chi abita lontano dal percorso del minimetrò potrebbe arrivare in autobus ad una delle sue sette stazioncine; oppure prendere qualche pullmann (non è che li abbiano tolti tutti…).
E’ abbastanza chiaro che l’Azienda dei Trasporti ha rivoluzionato orari e percorsi dei pullmann e la cosa ha mandato in tilt parecchia gente. Soprattutto anziani. Io però dico che si tratta, come sempre quando c’è qualche innovazione, di abituarcisi, perché il nuovo orario non è fatto male; non sarà forse perfetto, ma tutto si può migliorare.
Solo che l’opposizione soffia.
Ed è logico, come ho detto prima: l’opposizione fa il suo mestiere.
E’ la gente che, a mio parere, si deve rendere conto che le cose non possono restare in eterno com’erano quando eri piccolo.
Come ha detto un anziano all'inaugurazione del mini: "Avrem da gì avante, miga 'ndietro!"
Non è necessaria la traduzione, no?
Oggi non è l'anniversario della sparizione di Sonia Marra, e allora qualcuno mi chiederà che ne parli a fare? ...
L'anniversario sarà il 16 novembre. E', infatti, dalla sera del 16 novembre 2006 che della studentessa pugliese non si sa più nulla. Forse è morta, perché se fosse stata viva si sarebbe fatta sentire. Era libera, viveva fuori dalla famiglia, non era, credo, succube di nessuno: che sarebbe scappata a fare?
Forse la sua scomparsa è legata in qualche modo alla Scuola di Teologia di Montemorcino, dove lavorava. Forse. Di lei però non si parla più, a Perugia molti non conoscono neppure la storia, sebbene se ne sia parlato a "Chi l'ha visto?".
Perché non diffondiamo il più possibile la vicenda, in occasione del secondo anno di assenza di Sonia?
La casa di Ibadeth e Tarquinius ha cambiato aspetto; se sia un miglioramento o uno scadimento non mi pronuncio, ma Asiak, quando era ancora nella fase pittorica della sua terapia, ne ha ridipinto tutti i muri (nella foto potete terrorizzarvi ammirando alcune delle prove della visoncina groenlandese. Il disegno in alto a sinistra, se visto in verticale, dovrebbe raffigurare delle candele; quello in alto a destra, capovolto, dovrebbe rappresentare delle case in collina).
Tenendo conto dello stato in cui le pareti erano prima, forse si tratta di un miglioramento; comunque, Tarquinius e Ibadeth hanno detto che a loro piace. Il furetto Scubidù non si è pronunciato sul valore artistico, ma lo ha apprezzato come sforzo terapeutico.
Ora che Asiak va dalla psichiatra, tuttavia, sta prendendo forma l’idea dello psicodramma. Non è chiaro se si tratterà di uno spettacolo teatrale che riporti pari pari la storia del delitto di Civitella Plestina, di un musical, di una commedia degli equivoci o della drammatizzazione di una fiaba particolarmente paurosa che sarà usata per esorcizzare i terrori della giovane sartina; né è stato stabilito chi saranno gli attori, se alcuni pazienti del CIM, dei clienti della dottoressa Pasqui-Copanello o gli stessi protagonisti della storia. Asiak ha detto che le piacerebbe ritrovare gli altri visoni che erano con lei prigionieri della bieca signora Vescovo. Eccone un’altra che cerca qualcuno, ho pensato io. Come Srikant che cerca il suo amico liturgista bulgaro. Asiak ha riso e ha detto che, se lo trova, nello psicodramma ci buttiamo pure lui, così si mette a leggere il futuro nei biglietti della SIAE. Mentre Ibadeth preparava la cena, lei e Lucy K.K. si sono messe a fare uno schizzo della locandina dello spettacolo.
“Ma se nemmeno sapete quel che volete fare, che schizzate?” le ha blandamente derise Ibadeth. Lucy le ha dato una risposta irripetibile che aveva a che fare con gli schizzi; Asiak ha detto che le piacerebbe usare i personaggi del dramma e mettere in scena “La guerra degli spettri”, una trucissima fiaba degli Indiani del Nord America. Io ho voluto sapere chi erano gli altri visoni prigionieri della pellicciaia, e Asiak mi ha mostrato l’elenco:
Asiak Lundbye (groenlandese, sarta)
Lucy K.K. Chamaepitys (anglo-canadese, cuoca)
Liriope Bǿnnelycke (isola di Wrangel, studiosa di lingua e letteratura ciaplina)
Alibech Estalère (franco-canadese, suonatrice di flauto)
Clément-Grégoire Louisquinze (franco-canadese, fabbricante di birra alle ghiande)
Inoltre:
Joel Modou: pittore avoriano, proprietario di un atelier a Civitella Plestina
Marta Elena Zanibellato: nipote della signora Miranda Vescovo; vive a Mira, in Veneto, possiede una barca a
motore e organizza gite nelle favolose ville lungo il corso del Brenta.
Ce le voglio, a ritrovarli...
Stavolta, per tendere un agguato alla misteriosa entità che infestava l’abitazione del ragionier Arturo, ci si è messo anche Srikant il pitone. Alla peggio se la sarebbe mangiata, ha concluso, serafico e sanguinario, il lupo Flavio Aufidio Crispino. Srikant lo ha guardato un po’ stranamente, ma non ha replicato e si è arrotolato nella cesta del soriano nel vano tentativo di farsi passare per lui. Si è anche provato a miagolare, ma lo abbiamo pregato di soprassedere. Il lupo e il fotografo ferrarese si erano inerpicati sull’armadio con tutta l’attrezzatura da scoop; la Bimba si era infilata coi piedi in un vaso da fiori, tentando di spacciarsi per un ficus beniamina. (“Un ficus malefica, se del caso” ha acideggiato il lupo). Io mi ero cacciata dietro una pila di testi di matematica finanziaria ed attuariale. Arturo stava nella cesta, acquattato dietro il pitone. Lo Zio Panda non c’era perché da qualche giorno è costipato.
A un certo punto, un suono ha cominciato ad emergere dal silenzio della calda notte d’ottobre; un canto sinistro e raccapricciante, eco d’epoche ormai remote, che sembrava arrivare come un ricordo seppellito nei millenni ed evocante l’alba della civiltà… Nella sottile striscia di luce lunare si è stagliata una figura sesquipedale che sembrava danzare al ritmo di quella nenia primigenia. “Srikant! Mangialo!” ha ululato Arturo, terrorizzato. Il lampo del flash del fotografo ha illuminato per un attimo l’antro notturno e un urlo di delusione è uscito dalle gole dei presenti.
Un micio, un gattino di due mesi era la misteriosa Creatura che da qualche settimana veniva a fregare i croccantini di Arturo. “Eccolo, eccolo, il Mostro!” ha urlato Arturo, e noi tutti in coro: “Ma vai a cagare!!!”
Mentre il micino giocava con il pitone (che mi ha poi confessato di essere vegetariano), il fotografo riprendeva la Bimba che, dall’interno del vaso di terracotta, servendosi di uno strumento mai udito da orecchio umano, seguitava a suonare la straziante melodia che ci aveva gelato il sangue nelle vene. Una buccina, era una buccina romana… dopo ci ha spiegato che a scuola stanno preparando un progetto sugli strumenti dell’antichità, con i quali alla fine dell’anno si esibiranno in un concerto che, prevedo darà il colpo finale allo scioglimento dei ghiacciai dell’Artico….
Ovviamente bisogna rispondere
SI'.
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Dopo che Flavio Aufidio Crispino ha visto questa foto, scattata da una macchina fotografica costata alla RAI fior di milioni e da uno dei fotografi più quotati nel campo della pubblicità, ha cominciato ad ululare alla luna e a lanciare maledizioni in confronto alle quali quelle albanesi non sono che velati suggerimenti.
Appostati nell'oscurità, il lupo, lo Zio Panda, il ragioniere e la Bimba attendevano l'arrivo notturno della terribile Creatura. Le nuvole passavano davanti alla luna conferendo alla scena un che d'inquietante e desolato. D'improvviso, la Bimba ha lanciato un urlo selvaggio e ha cominciato a correre giù per la discesa, seguita dal ragioniere che squittiva come un topo, dallo Zio Panda con un manganello e dal lupo e dal fotografo muniti di videocamera e macchina fotografica con flash. Le finestre si aprivano e secchiate d'acqua più o meno putrida, ortaggi in avanzato stato di decomposizione e suppellettili arrugginite volavano e si fracassavano sui crani del nostro manipolo di ardimentosi; fino a quando non si è capito che la Bimba era stata semplicemente morsa su una natica da una vespa che aveva scambiato il giorno con la notte. Ritornati indietro (la Bimba è sparita nella notte urlando e bestemmiando in direzione delle antenne del Monte Peglia), un'ombra scura e fantomatica si è parata dinanzi alla porta del garage. Il fotografo ha berciato: "Maiaaaaaaaaaaaaaaaaalllll!!!!!" (è di antica origine ferrarese, egli, evidentemente) e si è disposto freneticamente all'immortalazione, lo Zio Panda si è scagliato su di essa roteando il manganello e l'ha agguantata mentre scattava il flash ... ma uno strido terrificante ha gelato a tutti il sangue nelle vene, la Creatura è riuscita a liberarsi e a battersela e dai piani di sopra è venuto uno straziante appello. "Romeo, Romeoooo!"
"Sì, er mejo gatto der Colosseo", ha ringhiato il lupo, aggiungendo termini non ripetibili ed accendendo la luce della fotoelettrica per vedere cosa mai avesse ripreso il suo fotografo. Quando ha visto l'immagine, ha avuto la reazione di cui al comma precedente.
"Aaaaaaahuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!"
Arturo il ragioniere, all'ingresso della sua casa, tiene d'occhio la strada per spiare l'arrivo della Creatura.