L’altro giorno, in una pausa della preparazione della mia tesi di laurea (in Teorie e tecniche della dinamica dei gruppi, per chi vuol saperlo; argomento: il Genius Loci), navigavo in Internet e sono capitata in un sito di feticisti. Anzi, di una feticista, una tale che si definiva "mattaxisandali" (e mi ci è voluta una vita e mezzo per capire che la dicitura andava letta "matta per i sandali"). Mi è venuto da ridere perché ho pensato alla Mamma, che possiede quattrocento paia di scarpe, fra estive ed invernali… e a me, che non ne posseggo affatto.
Mi ci vedreste, a me, circolare con un paio di scarpe?
E soprattutto: perché ve le mettete?
Vabbè, lasciamo correre, si sa che io non abbondo in capacità di mettermi nei panni degli altri. I gatti ne sono carenti, dice.
Torniamo alla mattaxisandali. E alle scarpe della Mamma.
E’ feticista, la Mamma? La domanda sorge spontanea.
Mah.
Ricordo che fino a quattro anni fa non ce l’aveva, questa mania delle calzature. Prima acquistava scarpe in maniera più o meno ragionevole (tranne un anno in cui, sola e sbandonata a Palma di Mallorca, si prese un paio di scarpe rosa fucsia di due misure inferiori alla sua e per anni si auto-tormentò andandoci in giro… finché non si decise a disfarsene). Ignoro che cosa sia successo alla sua psiche quattro anni fa; del resto, era l’epoca in cui decise di dimagrire, si mise a fare la dieta e ad andare in palestra e in due anni perse diciotto chili. Tuttavia la faccenda della dieta sarebbe quasi normale: era un po’ cicciottella, ci aveva il colesterolo alto, stava seguendo una terapia psicanalitica e le era aumentata l’autostima. Tutto regolare, Mamma (direbbe il povero Ed McBain).
Ma le scarpe? Perché ha cominciato ad acquistarne quantità industriali?
Mah.
Un’altra cosa strana che fa la Mamma è che le lava. Le scarpe, intendo. Non che le metta in lavatrice… oddìo, una volta l’ha fatto con un paio di stivaletti di jeans e le si sono distrutti, cosa per cui ha elevato al cielo alti lai (e per cui lo Zio Panda l’ha presa per il culo in saecula saeculorum). No, le lava sotto, le spolvera e le profuma internamente. Dice che ha il folle terrore che le puzzino i piedi.
E anche se fosse, dico io. A me la puzza dei piedi piace.
Sostiene di avere avuto un trauma un giorno in cui, a scuola, durante una riunione col Dirigente Scolastico e alcune colleghe, aveva assistito agli attacchi rabbiosi di una collega di sostegno che strillava in posa scomposta, mostrando un paio di stivali sudici e puzzolenti… anche se non è sicura che fossero proprio puzzolenti, ma che erano sudici e lisi ne è certa; tanto che si era oscuramente chiesta come facesse la gente ad avere così poco rispetto di se stessa da andare in giro in quel modo.
Insomma, ha la fobia della puzza dei piedi. Per cui si torna alla vexata quaestio: sarà feticista, la Mamma?
Il dottor Freud ha scritto un articolo sul feticismo. Che cosa dice, in breve?
Cominciamo dalle pulsioni.
Dunque: ci sono le pulsioni. Dette pulsioni sarebbero delle energie psichiche, delle forze che ti spingono a fare la tale o la talaltra cosa. Ce ne sono una marea, ma si possono raccogliere in due categorie: la libido (pulsione sessuale) e l’aggressività (pulsione distruttiva). Tutte e due le categorie devono essere dirette verso un oggetto e devono avere una certa carica (la cosiddetta catexi), se no non si disturbano nemmeno a spostarsi.
La formazione del feticismo attraversa tre fasi.
PRIMA FASE: LA REPRESSIONE DELLA PULSIONE
Nella prima fase c’è una pulsione verso un oggetto di tipo "anale", il che non vuol dire che abbia a che fare necessariamente col culo, ma che sia di tipo coprofilico e che abbia a che fare con la pulsione di annusare. I bambini hanno la pulsione di odorare per esempio le dita dei piedi, le ascelle, il sedere… E non ci vedo nulla di male! Quando mi presentano qualcuno, per prima cosa vado ad annusargli il culo e, se costui si sottrae, vuol dire che non intende essermi presentato… Invece la Mamma, se le presentano qualcuno, gli stringe la mano. Mah.
Certo, la Mamma ad annusare il culo a qualcuno non ce la vedrei. Dovrebbe innanzitutto abbandonare la stazione eretta e già ci ha la sciatalgia, poveraccia.
SECONDA FASE: LA RIMOZIONE
Sopravviene il disgusto e la pulsione di odorare viene rimossa… ma non del tutto! Si rimuove il piacere di odorare e rimane l’attrazione per la cosa, ora priva di qualsiasi profumo o puzza. La cosa viene idealizzata ed elevata a feticcio (= oggetto sessuale del tutto inadeguato per servire ad una meta sessuale normale). Della serie: ma che ci avete contro le puzze? L’uomo è l’unico animale che non sopporta il proprio odore!
TERZA FASE: LA SCISSIONE DELL’IO
La povera pulsione odorosa viene acciaccata e prende due strade opposte: da un lato, la repressione del piacere, dall’altro l’idealizzazione di un suo frammento (odore no, vista sì. Beccati questo).
Perché succede ciò? Mica tutti diventano feticisti, no?
Dice il dottor Freud che tutta la faccenda parte dalla paura che ha il maschio dell’evirazione.
Che mania, anche quella.
Il feticcio sostituisce il pene, dice. In che senso?
Il piccino ha visto l’organo sessuale della donna (la mamma, un’amichetta…) ed è rimasto scioccato: non c’è il pene! Che cosa è successo? Glielo hanno tagliato!
Spiegargli che la vagina è un’altra cosa no?
Insomma, il bimbo pensa che le donne abbiano subito l’evirazione e la cosa comprensibilmente lo disturba, perché – pensa – così come l’hanno tagliato a lei possono tagliarlo a me! Ausilio!!!
Succede allora che:
a) si conserva la percezione;
b) si rinnega ciò che si è visto.
Insomma, l’hai visto o non l’hai visto? Sì e no. Chiaro, no? Nel pensiero primario, che è arcaico e primitivo, può anche essere. Le cose le puoi condensare, le puoi allungare, le puoi accorciare, le puoi far scivolare sopra altre cose, puoi trovare le percezioni che la cosa ti aveva trasmesso, ma non la cosa… hai voglia quante belle cose puoi fare, col pensiero primario. Magari non ve lo consiglio, perché è psicotico, ma le leggi della logica e della fisica sono signorilmente ignorate.
Per cui: l’ho visto, ma non l’ho visto.
O forse ho visto qualcos’altro.
A questo punto, l’interesse del bimbo si sposta su un’altra cosa a cui il pene (che ha visto e non ha visto) assomiglia - si fa per dire. E quant’è bella, questa cosa! Che sballo! La voglio, la cerco, la bramo, la compero, la rubo, gli faccio di tutto, e della vagina non me ne può fregar di meno.
Mi sono messo al riparo dall’evirazione.
Corollario
(non so quel che vuol dire, ma mi piace la parola. Mi fa pensare alle corolle dei fiori)
Insomma, agli uomini piacciono le scarpe: a) perché da piccoli si annusavano i piedi puzzolenti e ne traevano estasi e beatitudine; b) perché han visto la mamma gnuda e hanno avuto una strizza boia che gli tagliassero il pisello.
Detto così suona demenziale, mi rendo conto.
Sì, ma… la Mamma?
Sorpresa sorpresa: interrogata, ha ammesso che da piccina si annusava in mezzo ai ditini dei piedini. Allora è vero! Ora odia la puzza dei piedi perché da piccola le piaceva! Ma… la castrazione? Avrà visto da piccola un pisello e si sarà sentita inferiore perché non ce l’aveva? Dice di no. Dice che la prima volta che lo ha visto era solo parecchio incuriosita. Dice.
In compenso, lo Zio Panda ha la fobia della puzza delle ascelle. E’ pulitissimo, lo Zio Panda; sta sempre a fare la doccia.
Che abbia avuto anche lui paura della castrazione quando ha visto per la prima volta la gnocca? Dice di no. Dice che non gli ha fatto impressioni particolari. Dice.
Non è nevrotico nessuno, in questa casa, che bellezza.