Siamo partiti ieri per l’Irlanda, con un volo procuratoci dagli ineffabili amici del licaone Aristogìtone, i proprietari dell’Agenzia “Viaggi senza ritorno”, ovvero l’avvoltoio Sigfrido Tombaccia e la iena ridens Araminta Alcamisi. La compagnia aerea con cui abbiamo volato (la Hindenburg Airlines) era, a sentire Araminta, assai conveniente. Oltre a me, Tarquinius e Ibadeth, c’era mio fratello Edoardo, l’avvocato, con Charlie (ahò!); Arturo il ragioniere e Lucy K.K., che secondo me se la intendono; il furetto Scubidù e Asiak; il licaone Aristogìtone (che sospetto abbia una cotta per la iena ridens: contento lui, tutti i gusti son gusti); il Bimbo e la Bimba; mia sorella Megalo con il cinghialetto Carlegidio; mia cugina Margot, che ha chiuso il Museo per una settimana; il ratto Michelangelo Storace detto Er Pantegana con il suo fidanzato Fulgenzio Planciade Dixit. Durante la trasvolata, Araminta non ha smesso un minuto di raccontarci barzellette e di ridere sino allo sfinimento fisico e morale (nostro, naturlich. Mica suo). L’avvoltoio ci ascoltava benevolo, sferruzzando alacremente. Ha l’hobby del lavoro a maglia e si confeziona sempre cappellini di lana di sgargianti colori. Ha iniziato anche a fare un poncho rosso e bronzo per l’estasiata Margot, ed una sciarpa verde smeraldo per la nostra ospite irlandese.
Quando siamo arrivati alla locanda Dhaoine Sidhe, non lontano dal Faro di Fanad, mia nipote Ceridwen detta Bubbles aveva acceso candele a tutte le finestre e aveva lasciato la porta aperta, per farci capire che eravamo attesi. La tavola era apparecchiata e vi troneggiavano pagnotte con semi di cumino, uvetta passita e una brocca di latte (che è piaciuta molto a mio fratello Edoardo, che, a malgrado dell’età, apprezza molto il lattino, come lo chiama lui. Pfui). Corone di vischio e agrifoglio decoravano porte ed atri. Aprite le porte, spalancate i portoni! Arrivano dei mici i giubilanti plotoni… Bubbles aveva preparato un enorme abete nell’atrio, con appese palle a forma di trifoglio e di leprechaun. Abbiamo mangiato il Christmas pudding, il burro al brandy, i mincemeats e i mince pies. Ci ha preparato lo stufato con le erbe del bosco e ci ha messo a disposizione botti di Guinness. I bambini giravano per il paese cantando la Wexford Carol…
Perché "Il diario di Susanna"? Ibadeth è una fascinosa ramarra albanese, che ha ereditato il blog dalla sua migliore amica, la gatta Susanna, mancata all'inizio del 2010. Ibadeth è immigrata dall'Albania, approdata in Italia via gommone. Suona il violino in un complesso di liscio (i "Licaoni") ed è sposata con il suricate Tarquinius. Ha molti amici, tra cui una gatta che gestisce un sito curioso: http://umbriacuriosa.altervista.org/
mercoledì 31 dicembre 2008
Auld Lang Syne
sabato 27 dicembre 2008
Paranoia natalizia?

mercoledì 24 dicembre 2008
Natale a Salci
Salci è un castello-borgo tra Fabro e Città della Pieve, su una bassa collina nella valle del torrente Fossalto, Le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1243, quando Federico II stabilì in un diploma i confini del territorio di Città della Pieve: infatti, già dalla fine del XIII secolo, periodo in cui la Val di Chiana era il larga parte impaludata, si ebbe un grande aumento della popolazione. Il castello, di proprietà della famiglia Bonelli, era un confine naturale fra le valli dell’Arno e del Tevere, per cui la sua posizione di borgo fortificato in una zona di confine tra lo Stato della Chiesa e il Granducato di Toscana ne aveva fatto, in epoca medioevale, oggetto di aspre contese. Nel Medioevo se le suonavano di brutto, alla faccia delle radici cristiane dell’Europa.
Salci ha due piazze: la piazza Bonelli, più grande (cui si accede dall'arco che vedete in foto), e quella della chiesa. Fra le due piazze, sopra l’arco che le unisce, si trova l’elegante Loggetta degli Spiriti, che mette in comunicazione il Palazzo Ducale e la chiesetta e serviva da entrata privilegiata alla chiesa per la famiglia nobile. Nell'Ottocento Salci fu acquistata da uno stravagante personaggio: la gentildonna Vittoria Guerrieri Spinola, figlia suppongo illegittima nientemeno che di Re Vittorio Emanuele II. La pisquana, coadiuvata da un altro sballato detto Paolo De Simone, suo amante, convinta di essere un’imprenditrice coi controfiocchi, volle allevare animali esotici, cavalli purosangue, fabbricare pasta, candele e a coltivare fiori in sterminate serre. Di tutto, di meno, perché l’impresa, manco a dirlo, fallì... però ella riuscì a far costruire la ferrovia di Ponticelli, paese vicino, in cui si è rifugiata la maggior parte del salcesi.
Circa cinquant’anni fa il castello e la tenuta furono acquistati dalla società agricola R.A.U.T.
Ora ci abita Ecate Accorinti, detta Catina. La nottola (che fa il guardiano notturno nello stesso cantiere dove, di giorno, fa il sorvegliante lo sciatto licaone Aristogìtone Ngouma) ha organizzato quella che promette di essere una favolosa Vigilia di Natale. Ha ripulito entrambe le piazzette del minuscolo borgo – già da qualche tempo in fase di ristrutturazione – ed ha sistemato lanterne, torce e bracieri sotto gallerie e volte. Sui davanzali della Loggetta degli Spiriti ha messo candele rosse in lucerne di rame, ghirlande di vimini cariche di pigne, bacche rosse ed arance che oscilleranno sotto gli archi. La cena di Natale si svolgerà al piano nobile dell’ex palazzo Bonelli, in una grande sala illuminata da un camino. Dalle travi del soffitto penderanno festoni e luci, i bracieri arderanno nelle piazze, e, alla messa di mezzanotte, Licaoni ed Otocioni, uniti in via del tutto eccezionale, intoneranno “In dulci jubilo”.
Da mia nipote Ceridwen O’Cleirigh (detta Bubbles) ci andremo invece a Capodanno. Una fine d’anno irlandese!
martedì 23 dicembre 2008
Bastet
domenica 21 dicembre 2008
Miele a Natale
sabato 20 dicembre 2008
La palma di Natale (salmo arabo)
Fili dorati sulle palme,
globi di vetro iridescenti
dondolavano al vento del deserto
e la sabbia li smerigliava,
poveri globi vitrei.
Angeli sul padiglione,
aureole d’oro luna d’argento.
Luci verdi e scarlatte
- il generatore funziona?
Dio sia lodato! –
La cometa era tutta d’oro!
candele sotto le tende,
alla faccia della sicurezza,
muschio per il presepe,
secco, calcinato,
non c’è acqua,
il muschio si secca
e se la candela dà fuoco alla tenda e se le luci danno fuoco alle palme e se scassi il gruppo elettrogeno che madonna vedi nel deserto e se ti vede Kassim te li dà lui il presepe e la palma di Natale brutto cane infedele che fai l’albero di Natale nel deserto te lo do io il Natale te lo do io il Natale te lo do io il Natale te lo do io il Natale te lo do io il Natale……………………….
venerdì 19 dicembre 2008
Alibech
La sera dopo cena nel soggiorno di Ibadeth e Tarquinius, raggomitolata sul divano guardavo il fuoco nel camino. Ibadeth trafficava in cucina, Tarquinius era fuori per qualche consegna – un pannello istoriato per una chiesa evangelica, credo –. Asiak era ad una festa con il furetto (a fare le stole di pelliccia animaliste, come ben si sa). Arturo, il soriano ragioniere dormiva sul tappeto liso davanti al focolare, Lucy K.K. guardava fuori dalla finestra. Ad un certo punto mi sono girata e non l’ho vista più.
Mi sono rimessa a dormire e ho sognato vicende familiari dimenticate, tavolate in cima alle scale, camini accesi circondati da agrifogli e giardini innevati guardati da dietro i vetri. Ne sentivo anche l’alito freddo, quando mi sono resa conto che era Lucy K.K. che era rientrata e piangeva in silenzio. Arturo si è svegliato, si è stirato ed ha incominciato a leccarle il manto color cipria. Lucy ha detto che era uscita per fare due passi nel paese vicino e aveva visto da lontano Alibech, la visoncina flautista, che attraversava la strada, con il pelo marrone scuro che scintillava sotto la luce del lampione, e che quando aveva tentato di raggiungerla aveva visto soltanto le orme sulla neve e un cespuglio di prugnolo che ondeggiava lieve all’inizio della discesa verso la valle.
martedì 16 dicembre 2008
Salmo ebraico di Natale
Sulle rive del fiume in piena
guardammo gli arbusti nel fango,
sulle rive del fiume ribollente
guardammo le nostre speranze.
Qualcosa se ne sta andando,
rami d’ulivo, rami di vischio,
qualcosa se n’è già andato,
il calore dell’accoglienza.
Intrecciammo ghirlande di pino
per la libertà che svaniva,
intrecciammo ceste di giunco
per i doni che non offriremo.
Raccogliemmo canestri di sassi
da lanciare allo straniero,
lo straniero ci distrugge la casa,
questo è ciò che ci dicono.
Lo straniero ci ruba il lavoro,
ecco cosa ci dissero.
Lo straniero vi ruba le donne,
lo straniero avvelena il pane,
non offritegli ghirlande,
non dategli fuoco e calore.
Serrate il cancello del giardino,
non fate entrare lo straniero!
Fate crescere l’edera sulle porte,
lasciate fuori calore e amicizia.
Questo ci stanno dicendo,
questo ci hanno detto.
Sulle rive del fiume in piena,
guardammo gli olivi sradicati,
ed intrecciammo ghirlande di agrifoglio
da offrire allo straniero,
raccogliemmo cesti di pigne,
da dividere con lo straniero,
raccogliemmo legna e sterpi
per riscaldare lo straniero,
e sotto l’abete danzammo
insieme con lo straniero.
sabato 13 dicembre 2008
Angolari
Angolari
Dietro a questo termine essenziale, e forse poco evocativo, si cela un microcosmo architettonico che costella gli angoli di Ferrara e a cui il nostro sguardo distratto non fa quasi mai caso.
Con questa parola vengono riassunti tutti gli elementi architettonici che, posti all’angolo di due muri di un edificio, concorrono al loro sostegno e salvaguardia.
Ho accompagnato Ibadeth, Tarquinius e Jerry a Ferrara, giorni fa. Ibadeth doveva suonare il violino all’inaugurazione di una mostra di quadri presso la Galleria del Carbone, in via del Carbone (manco a dirlo), nel centro storico della città estense.
E pensare che Ferrara non mi è piaciuta, la prima volta che l’ho vista. Chi lo sa perché. Adesso amo le sue vie rosse, i suoi giardini nascosti, il selciato delle strade del centro fatto di ciottoli rotondi (i “bolognini”), le sue mura alberate e le sue casette quadrate di fiume. E la sua cucina, naturaliter. (Tant’è vero che Jerry ne ha approfittato per passare da Luca, alla gastronomia “Le cose buone”, per fare scorta di ravioli “Foresta Nera”, tanto per stare sullo spirituale estremo).
Alla mostra ci aveva invitato un’amica di Jerry, Beatrice Vaccari, autrice di alcuni dei quadri esposti, che raffiguravano gli angolari ferraresi. Delicati acquarelli come un’icona aperta su un angolo di muro, uno scorcio di strada…
giovedì 11 dicembre 2008
Viaggi senza ritorno
Il lupo giornalista Flavio Aufidio Crispino ha vinto un premio per il servizio fatto quest’estate sull’agguato alla Creatura, quando lui e il fotografo ferrarese Antenore Balboni hanno filmato la Bimba che suonava la buccina. Al festival di Avoriaz?, ha insinuato, lepido, mio fratello Edoardo, alludendo ai migliori film dell’orrore (ma lui è noto nel mondo e dintorni per la sua malevolenza). Il lupo se n’è bullato per settimane e ora ha realizzato una serie di servizi sulle agenzie di viaggi del comprensorio, intitolato Anamorfismo: il tema del viaggio in una prospettiva diversa. La prima puntata è andata in onda ieri su RAI3 e il licaone Aristogìtone Ngouma ci ha costretti tutti a guardarla perché si parlava dell’agenzia di viaggi dove lavora una sua amica, Araminta Alcamisi.
“Se avete bisogno di fare un viaggio rivolgetevi a lei” esultava il licaone “propone percorsi originalissimi a prezzi veramente convenienti!”
E te credo, ho pensato io. Il lupo intervistava Araminta e il suo principale nella sede dell’Agenzia, (che vedete in effigie), ubicata nel perimetro del civico Cimitero (“Sai, pagano poco, lì” l’ha giustificata il licaone). Araminta Alcamisi (detta Minnie) è una jena ridens e il suo principale, Sigfrido Tombaccia, un avvoltoio della specie Gyps (un accipitride detto “Grifone eurasiatico”, m’informa Aristogìtone). Mentre Tarquinius e il ragioniere facevano pesanti gesti apotropaici, il lupo intervistava l’avvoltoio e la iena (e già la cosa è vagamente trucibalda) sui pacchetti che offriva la loro agenzia, nomata Viaggi senza ritorno.
“In che senso, mi scusi, senza ritorno?” voleva giustamente chiarire il lupo. La jena, vezzosa, scoppiava in una risata trillante e spiegava che era perché i loro viaggi erano talmente coinvolgenti, talmente affascinanti, talmente emozionanti che difficilmente i clienti, estasiati, ne tornavano. L’avvoltoio annuiva col capo, lisciandosi il parrucchino (sono calvi, essi, pare. Il motivo non ve lo dico, fa troppo schifo).
“Potrebbe farmi un esempio? Che so, un pacchetto adatto per le festività natalizie…”
Araminta prorompeva in una risata squillante e Ibadeth, innervosita, esclamava: “Ma che cazzo si ride, quell’oca?”
“Ah, è una sagoma, Minnie è una sagoma” intonava entusiasta il licaone. “E’ molto briosa, quando siamo un po’ giù andiamo da lei a farci quattro risate… Ha un tale senso dell’umorismo che ha riso anche al funerale del babbo di un mio collega, durante l'elogio funebre, mentre i parenti ricordavano la dirittura morale del defunto…”
“Arguta…” commentava Asiak, stordita. Intanto, sullo schermo, la jena ridens descriveva allegrissima un’offerta irripetibile per la fine dell’anno:
“Settimana bianca nel Nord Italia partendo dai suggestivi pendii della Valtellina per finire sui candidi picchi innevati presso il Tagliamento. Si comincia con una sessione di sci fuori pista sul Monte Disgrazia, quindi sci di fondo sino al Pizzo del Diavolo. Dopo una sosta in una romantica baita presso Somma Rovina, nella Valle dei Ratti, si prosegue con la jeep sino al Monte del Brutto Passo, dove si effettuerà un’emozionante ciaspolata nella Galleria del Passo della Morte…”
“Ma vaffanculooooooo!” hanno urlato Arturo il ragioniere e Lucy K.K., schizzando fino al soffitto, prontamente redarguiti da Tarquinius che trovava poco elegante il loro dire. Intanto l’ineffabile Minnie proseguiva la sua esposizione, inframmezzata da spumeggianti scoppi di risa, proponendo una vacanza studio al Ghiacciaio della Tribolazione. Quando io ho messo in dubbio l’esistenza di simili amene località, il licaone Aristogìtone me ne ha confermato l’esistenza, mentre sullo schermo l’avvoltoio sorrideva benevolo, sullo sfondo di un manifesto colorato sui toni del rosso che invitava alla Sagra del Migliaccio e del Sanguinaccio...
mercoledì 10 dicembre 2008
Martino e il Natale ebraico
Primo piano di mio fratello Martino, il rabbino, con aria concentrata e cogitabonda. Forse starà meditando su qualche passo particolarmente ostico della Kabbalah.
O forse si sta dando da fare per cercare canti di Natale ebraici. Sì, perché il pisquano è stato convinto dalla Bimba a cercare canti natalizi israeliti da cantare la grande notte di Natale a Salci, patria della nottola Ecate Accorinti detta Catina.
Solo che, chissà come mai, non li trova.
venerdì 5 dicembre 2008
Forza di stomaco
Sbaglio o negli ultimi tempi si sono intensificati i manifesti di Forza Nuova a Perugia?...
Nel corso dell'anno passato si davano parecchio da fare per dare addosso al minimetro. Il Giorno dell'inaugurazione, il 29 gennaio, hanno foderato la città con manifestini in cui esprimevano il loro dissenso contro il povero trenino in maniera articolata e sottile:
"Il minimetro: che cacata pazzesca!"
Poi, diluvio di mega-manifesti, attaccati dove capitava, in cui definivano Perugia "un buco con la città intorno"; alludendo, suppongo, al fatto che l'ultimo tratto del mini passa sotto terra, infilandosi nella collina all'altezza di viale Pellini e sbucando nell'acropoli, al parco del Pincetto (da cui, fra l'altro, si gode una spettacolare vista della valle del Tevere e dei monti circonvicini).
Ora hanno parodiato i manifesti elettorali esposti dal PD in vista delle elezioni comunali del prossimo anno, che mostrano vari personaggi - anche non originari di Perugia - che vivono e lavorano in città, con la didascalia "Perugini come te".
Ed ecco il parto delle menti fervide dei creativi di Forza Nuova. Da sinistra Amanda Knox, Rudy Guedé e Raffaele Sollecito, nessuno dei tre oriundo perugino, come si potrà ben intuire.
Come a dire che non devi considerarli perugini come te.
Come a dire che se a Perugia facciamo entrare gli stranieri, ecco che cosa succede: orge, omicidi, droga.
Io mi auguro solo che non abbiano pagato la tassa d'affissione, per mettere quest'obbrobrio.
Mi auguro che la forza pubblica li sanzioni in qualche modo, ça va sans dire.
Inoltre una cosa farei, se avessi il modo di mobilitare grandi masse di gente: dal momento che l'odio dei forzanovisti si ripartisce equamente tra stranieri e minimetrò, organizzerei una manifestazione di anti-razzisti con striscioni, trombette e bandierine che viaggi per due o tre ore sul minimetro in festa....
Magari con l'aiuto del Russo, che ha segnalato lo scandalo.
martedì 2 dicembre 2008
L'età del princisbecco
sabato 29 novembre 2008
La fata verde
Lucy K.K. è riuscita finalmente a distillare l'assenzio, da portare domani pomeriggio all'inaugurazione del Museo rurale della FoodFarm. Stasera per la cerimonia dell'assaggio ha chiamato Asiak - che ha declinato l'offerta perché sta assumendo psicofarmaci -, il furetto Scubidù, Arturo il ragioniere (che beve per dimenticare che ha l'A.I.D.S.), la sua collega che fa la guardia notturna al cantiere, la nottola Ecate Accorinti detta Catina e Srikant il pitone.
Hanno assaggiato lo smeraldino liquore e l'hanno trovato gradevole. Indi Tarquinius è partito per consegnare un pannello decorato a Civitella d'Arna, Ibadeth si è messa a friggere le palacinke e gli altri ci hanno dato giù con la botticella della fata verde; ne hanno risentito soprattutto Arturo e Lucy, i quali sono usciti cantando in maniera raccapricciante e sono spariti di notte lungo il viale in mezzo ai campi, ululando, sulle note di una famosa canzone di Jannacci: "Ci vuole un voltorecchioooooooooooo!!!...."
venerdì 28 novembre 2008
Viva la campagna...
L'avete mai mangiata la torta al testo? Se state buoni, dopo vi do la ricetta (non è difficile da fare, peraltro). Nella foto potete notare altre perle del Museo rurale della FoodFarm: su una scaletta di legno sono sistemati tre testi in terra refrattaria. Quello in alto è il più antico (e il più malmesso), quello in mezzo è moderno, quello in basso è un testo così così.
Per la grande inaugurazione del Museo rurale, questa domenica, è prevista stavolta un'esibizione del "Licaoni del Liscio" (il che, sebbene meno fantasmagorico, mi pare leggermente più filologico rispetto a quella delle "Ametiste del Nilo", lo scorso anno). Quest'estate ci siamo spacciati per albanesi e Ibadeth ci ha addestrato a cantare nenie balcaniche di vario tipo; domenica prossima, abbigliati in indecorosi abiti da etrusco periferico ottocentesco, ci spacceremo per perugini doc e canteremo melodie popolari umbre. La famosa raspa, la nota "Glie faremo la riverenza, llallero, llallero..." e la più demenziale, un'aria lacustre proposta dalla Mamma - che peraltro conosce solo lei: secondo me, se l'è inventata. Suona pressappoco così:
Ha ditto la mi' nonna m'et da dè
du' chili de cotenne de majele!
Ha ditto che me l'et da 'ntrupplà bene,
sinnò pe' strada me le magna 'l chene!
E' 'nnutile che t'aruffle,
so' bel che pettineta,
ciò misso 'na giorneta
ta 'sti capilli!
Armitte 'sti pulcini, ch'a mo' piove!
Traduzione: Ha detto mia nonna che dovreste darmi due chili di cotenne di maiale. Ha detto che dovreste incartarmele con cura, altrimenti per strada me le potrebbe mangiare il cane. E' inutile che tu corra qua e là senza costrutto, ormai ho finito di pettinarmi, ci ho messo una giornata per acconciarmi questi capelli! Fai rientrare i pulcini, perché sta per piovere.
Fra la bessa dello scorso ottobre e questa, non saprei quale scegliere; ma tant'è, adè che ce semo missi, tanto per restare in tema...
Maysa la lince, che l'anno scorso fu la star della serata inaugurale con il suo spettacolo dal titolo "Navigium Isidis", quest'anno è stata retrocessa a impastatrice di torte al testo, da farcire con il saporito prosciutto della bottega (in questa parte dell'anno essa non si sente musulmana, evidentemente). Martino e Carlegidio si terranno alla larga: Martino è ebreo, Carlegidio è un cinghiale e ha dichiarato di non avere affatto in simpatia la Food Farm, così, a pelle.
Se vi pungesse vaghezza di cimentarvi nella preparazione della torta al testo, seguite i miei consigli:
- Setacciate 500 g di farina, aggiungete sale, un po' di bicarbonato, olio d’oliva (50 g) ed acqua, poi amalgamate fino ad ottenere un impasto ben omogeneo, che lascerete riposare per un quarto d’ora.
- Scaldate la piastra del testo sul fuoco (avrà raggiunto la giusta temperatura quando, versandovi un pizzico di farina, questa tosterà senza annerire); chi non ha il testo e magari usa la padella, dovrebbe preriscaldarla.
- Con il mattarello stendete l’impasto in un disco alto un dito, del diametro della spanna di una mano; passatelo sul testo, bucherellatelo con i rebbi della forchetta e cuocetelo per venti minuti a fuoco lento, girandolo ogni tanto.
- Tagliate la torta al testo a spicchi e farcitela a piacere con stracchino e rucola, o salsicce ed erba, o prosciutto e formaggio. O quel che meglio credete. Quella più classica è, tuttavia, con il prosciutto (o, per meglio dire, il pregiutto).
martedì 25 novembre 2008
Sant'Antonio al Monte Peglia
Mia sorella Megalo ha in casa un ospite.
Domenica scorsa era andata in gita al monte Peglia, insieme col ratto della Sabina, Michelangelo Storace detto Er Pantegana, e il di lui fidanzato Fulgenzio Planciade Dixit; volevano cercare delle pigne per decorare nataliziamente la chiesa di Manciano Sabina dove vive il ratto, che, come sapete. è molto religioso.
Si erano divisi i compiti: Er Pantegana cercava le pigne rotonde, Fulgenzio quelle dei cipressi e Megalo quelle dei larici, che cadendo dall'albero si spezzano ed assumono la forma d'una rosa di legno. La Mamma in casa ne ha molte ed io di solito ci gioco di notte, per il sollazzo generale.
D'improvviso però i tre hanno cominciato a vedere delle fettucce rosse, stese fra gli alberi, a bloccare i sentieri. Poi sono apparsi cartelli che annunciavano che era in atto una caccia al cinghiale e sconsigliavano pertanto d'inoltrarsi fra i boschi. Infine si son cominciati a sentire spari ed imprecazioni di vario tipo. Il trio ha dunque deciso che le pigne raccolte erano più che sufficienti ed ha deciso di recarsi a Castel del Monte a bersi un caffè.
Scorgendo nel folto del bosco una piccola chiesa grigia, il ratto ha voluto visitarla. Megalo è decisamente atea, Fulgenzio nutre scarsissimo interesse per ogni tipo di culto, nonostante il proselitismo del suo fidanzato, sicché se ne stavano un po' indietro mentre Er Pantegana, scorgendo la statua di un maialino in una cappella laterale, narrava loro la leggenda di Sant'Antonio che si recò all'inferno con un porchetto per convincere i diavoli a cedergli un po' di fuoco. Fulgenzio ad un certo punto gli ha fatto però notare che la chiesa era chiaramente dedicata al culto di Santa Lucia e che oltre tutto non c'era presente alcun'immagine di Sant'Antonio; c'era solo la statua del suino.
Rimangono tutti e tre imbambolati, poi Megalo guarda meglio la statuina e si rende conto che non raffigurava un maiale: era un maiale.
Anzi, per esattezza, un cinghiale.
Vivo.
"State zitti, per carità!" li implora il cinghialetto. "Se mi beccano i cacciatori mi fanno un culo come un cesto!"
"Ossignore" fa Megalo "Ma.... ma.... tu sei un cinghiale!"
"Che fa finta di essere una statua, parrebbe" aggiunge il panda rosso. Michelangelo scoppia a ridere. "Ahò, ma si te sgamano li cacciatori, che je arconti? Che Sant'Antonio er padrone tuo è annato a piasse 'n caffè coretto?"
Il cinghialino ha raccontato loro che stava lì a fare la statua da due ore e mezzo, in attesa che i cacciatori si sciacquassero dagli zibidei: al che, Megalo è andata a prendere il suo SUV, ha parcheggiato di fronte alla chiesetta e ha fatto salire la povera bestia sul sedile posteriore, ricoprendola con la tovaglia che usa per i picnic. Quindi è passata in mezzo alle auto dei cacciatori, salutandoli graziosamente con la manina e augurando loro buona caccia.
Il cinghialino, che si chiama Carlegidio Friscia, ha detto di venire da Rispescia e di essere stato licenziato dalla fabbrica di materie plastiche dove lavorava. Pare che la proprietaria sia stata colta da una crisi mistica ed abbia deciso di farsi mazdeista, per cui ha venduto tutto, licenziato i dipendenti ed è partita verso Ctesifonte, la capitale dei Parti, per fondare una chiesa dedicata al culto di Ahura Mazda e Ahriman.
Nessuno però l'ha informata che Ctesifonte non esiste più.
Intanto Carlegidio vive per ora a casa di Megalo, dove viene molto viziato da Galiana e Gloria, e si sdebita ridipingendo le pareti di casa.
lunedì 24 novembre 2008
Il prete... o monaca
Alianorah e Marco Marsilli mi scrivono che esisteva anche la "monaca", oltre al prete.
Nella foto a fianco uno scorcio del Museo di Madama Grazia: in primo piano una madia (nel nostro dialetto "mattera") e, a sinistra, il mitico prete che ha tanto esilarato quella sonata di Maysa la lince.
domenica 23 novembre 2008
Il museo rurale di Madama Grazia
Sapete che cos’è un voltorecchio?
Non lo sapevo neanch’io, prima che il vombato Baedyn me ne parlasse, l’altro ieri. Trattasi di un aratro, bivomere o trivomere, a seconda, di cui allego una diapositiva.
Come forse ricorderete, Baedyn il vombato lavora presso la FoodFarm, la bottega di squisitezze umbre annessa all’Azienda Agricola Mariotti, a Pila, gestita da Madama Grazia (la bottega, non l’azienda). Ora Madama Grazia, coadiuvata dalla Mamma, se n’è inventata un’altra: il Museo "Vita in campagna", un piccolo locale in cui ha raccolto svariati attrezzi antichi, agricoli e non, risalenti ad epoche ormai remote. La mia amica Maddy, docente di Storia Indoeuropea, ha voluto sapere se c’erano anche dei chopper, ma Baedyn ha ribattuto che non erano poi così antichi.
Una cosa che ha molto esilarato Maysa la lince è stato il cosiddetto prete, che non è un uomo di chiesa sibbene un aggeggio di legno di forma approssimativamente ellittica, costituito da assi incurvate al centro delle quali è situato un piccolo braciere, che una volta si usava per riscaldare i letti prima di coricarsi. La Mamma ha detto che da piccina ne aveva uno anche lei e che la affascinava molto, mentre i suoi genitori guardavano la televisione, scivolare nella camera da letto buia e scorgere la luce smorzata del fuoco sotto le coperte.
“Ma non s’incendiava?”
La Mamma le ha spiegato che no, di solito non succedeva nulla (di solito) perché le assi servivano appunto per tener rialzate le coperte ed evitare il contatto con il braciere, che peraltro era cilindrico, chiuso e bucherellato. La lince è stata a ridere come una iena per tutta la sera, fino a che suo marito il pondenco ibicenco non l’ha colpita con la padella con cui stava cucinando, per l’appunto, una paella.
In tutti i modi, Baedyn ci ha invitato tutti alla grande inaugurazione del Museo della FoodFarm, la prossima domenica, 30 novembre. La kermesse inizierà alle dieci del mattino circa e proseguirà fino a sera; si potrà visitare il locale dove si trova la Collezione (è un locale piccolino, non v’immaginate il Louvre), che verrà illustrata dalla Mamma in persona (mi vien da ridere, sanasega la Mamma di attrezzi agricoli); nella casa colonica di fronte si potrà ammirare il Presepe artigianale creato, nel corso degli anni, dal figlio minore di Madama Grazia (detto “Lo Sciambilocco”); nella bottega saranno inoltre offerti assaggi dei pregiati prodotti dell’Azienda Agricola (salami, prosciutti, salsicce e la coppa, di cui va matto lo Zio Panda). Ve le servirà il vombato in persona! Tanto che gli frega a lui? È vegetariano, mangia radici e tuberi, i prosciutti non gli interessano proprio.
Al massimo i formaggi.
venerdì 21 novembre 2008
Tyrannosaurus Red
Oggi Maysa la lince, uscita dal laboratorio analisi dove lavora, se n'è andata in pizzeria. Mentre aspettava che le scaldassero la pizza alle salsicce (mangia leggero, lei) ha sentito il padrone e due avventori (padre sui cinquanta e figlio sui venti) che commentavano il ritorno, dal prossimo lunedì, del T-Red.
Dicesi T-Red l'infernale accrocco che, strategicamente sistemato in prossimità dei semafori, ti filma se passi col rosso. Così ti arriva a casa la multa. Ci ho gusto. E ti ciucciano sei punti sei dalla patente e ti ci sta anche bene. Ora, io direi che sia cosa buona e giusta, o no? Ovvero: sarebbe meglio che lo capissi da te, che non devi passare col rosso. E manco col giallo, ad onor del vero. Il giallo serve a dirti "Occhio, rallenta che sta per arrivare il rosso!", al che tu ti dovresti teoricamente fermare.
Vigliacco lo facesse qualcuno. Quando vedono il giallo aumentano la velocità, gli si squagliassero le gomme. Oddìo, corri, che qui diventa rosso!
Ma a Perugia non è così semplice, in quanto a proposito di T-Red c'è stato un mezzo scandalo: pare che qualcuna di queste sesquipedali macchinette fosse truccata. Nel senso che si sussurrava che il Comune si fosse accordato con la ditta fabbricante perché facesse durare il giallo meno del solito. Talché tu arrivavi, il semaforo era verde e nel giro di una manciata di secondi la situazione precipitava: da verde diventava giallo, nel giro di un millisecondo diventava rosso e tu venivi immortalata mentre passavi trionfalmente col rosso. E giù 160 euri di multa.
[Ci hanno beccato anche la mia Mamma, per la verità. Il filmato che la ritrae è esilarante: la sua vetturetta marcia felice non verso il sol dell'avvenire, ma verso il semaforo rosso; la vetturetta si avvicina al semaforo sempre rosso; l'utilitaria supera sprezzante il semaforo sempre più rosso; infine l'automobilina si allontana giuliva mentre il semaforo è più rosso che mai. Quando a casa l'abbiamo visto, abbiamo riso, come dicesi a Perugia, a sfasciabudello. Ovvio che la Mamma si è guardata bene dal presentare ricorso. Ha pagato e zitta, e si è tenuta la decurtazione dei sei punti sei (ora, dopo due anni in cui s'è comportata bene, due gliene hanno restituiti)].
Comunque, revenons à nos moutons. Il proprietario della pizzeria, il ragazzo e suo padre lanciavano astiosi e truculenti commenti su questa nuova iniziativa del Comune. Maysa dice che ha capito, ascoltandoli, che costoro non ce l'avevano col Comune perché aveva installato T-Red truffaldini (che ci avrebbero avuto pure ragione), ma perché li installa tout court. Nel senso: il ragazzino, tronfio, proclamava che lui e i suoi amici sapevano come fare per renderli inutilizzabili mediante forbici e trinciapolli vari; il padre, che in teoria avrebbe dovuto essere più ligio, asseriva che un suo amico gli ha sparato fracassandolo (al T-Red, non a lui) e che un'altra macchinetta è stata distrutta da due giovani mentecatti (peraltro subito intopati dalla Polizia); il padrone del locale ghignava dicendo, orgoglioso: "Ah, vedrè che si li mettevon a Napoli 'n duravon tanto!", quasi con ammirazione verso i prodi cavalieri partenopei dello scasso organizzato. Maysa ha ringhiato: "Ma a voi altri l'idea di comportarvi per bene manco vi passa per l'anticamera?"
Penso che non l'abbiano nemmeno considerata.
Comunque è abbastanza allucinante. A molti l'idea che passare col rosso sia un comportamento pericoloso ma manco li sfiora. Non so, forse pensano che sia un capriccio di chi comanda, come coloro che si dilettano a far saltare le pulci. La regola per molti è un puro arbitrio di cui non si capisce il significato. La rispetti solo se ti mettono paura. Altrimenti non la interiorizzi. Ti ci scagli contro, come se non fosse fatta per salvaguardarti, ma per metterti i bastoni fra le ruote. Chi elude la regola è un furbone, no? Del resto, abbiamo esempi eccellenti anche in alto loco... Non faccio nomi, mi consenta.
Ben s'intenda: i T-Red truffaldini sono stati una carognata bella e buona. Ma molta gente vorrebbe la libertà di sfrecciare a ottanta chilometri orari per le vie del centro e passare col rosso quando le pare (e se la stessa libertà la volessero anche quelli della strada che s'incrocia con la tua? come la mettiamo?); poi, quando si tenta di far osservare il codice della strada, allora si urla al sopruso e di solito si maledice il minimetro, che pare essere stato scelto come responsabile di tutti i mali della nazione...
Povero minimetro, che è tanto carino...
giovedì 20 novembre 2008
Il governo ha privatizzato l'acqua
di Rosaria Ruffini (Docente di teatro allo IUAV di Venezia) - 16 Ottobre 2008
Il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica.
Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul grembiulino a scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica.
Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e, dunque, sarà gestita da multinazionali internazionali (le stesse che già possiedono le acque minerali). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300% Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armatati e carabinieri per staccare i contatori. La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri.
L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo: l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita. L´acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto. L´acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo.
Acqua in bocca.
Qualcuno di voi che siete più informati mi dice se è vero?...
mercoledì 19 novembre 2008
Questi sono i miei ragazzi!
Li mortal guerrieri tuoi
… si aggrappano ai braccioli del trono…
il sangue dei fratelli schizza sulle briciole
gettate dallo scranno…
non ti difendono…
anche se dovrebbero…
e il senato…
……………………..
Questo è quanto mia cugina Margot è riuscita a tradurre da quest’iscrizione gaturna trovata al santuario di Lacus Lubina (quello del VII sec. a.C. rinvenuto a Bella Farnia, nelle Paludi Pontine).
Ci ha detto che si trattava di un osgaton, un coccio che veniva spesso murato nelle piazze o presso i santuari, e serviva o per chiedere una grazia alla Dea Bastet (sempre sia lodata) o per esprimere una protesta nei confronti di qualche senatore od altri personaggi politici.
Il frammento che ci ha mostrato Margot risale all’epoca in cui i Gaturni erano stati conquistati dai Romani e potrebbe, pertanto, essere un’invettiva contro i Ruscinates, che non si opponevano alla romanizzazione, oppure contro qualche tribuno che non rappresentava adeguatamente gli interessi gaturni.
“Anche se pare strano” ha ipotizzato mia cugina “che dei tribuni, magari eletti dal popolo, non difendessero adeguatamente coloro che avrebbero dovuto difendere…”
Megalo mi ha guardato e ha commentato a mezza voce: “Mica tanto strano... capita, capita, capita…”
“Soprattutto il significato dell’ultima frase è ancora oscuro” ha concluso, seria, Margot. Megalo ed io ci siamo guardate.
Oscuro?…
martedì 18 novembre 2008
Donna in croce
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE
SULLE DONNE
Corteo di donne auto-organizzato
ROMA, 22 NOVEMBRE 2008
P.zza della Repubblica, ore 14.00
Vi pare oscena questa foto? a me no.
Intendiamoci, non è che mi piaccia alla follia.
Mi sembra fredda.
Algida, direi. Ben fatta, calligrafica, ma non dà, a mio avviso, un senso di orrore, come dovrebbe fare l'immagine dedicata a un tema come quello della violenza sulle donne.
Dovrebbe colpire nel profondo e, secondo me, non lo fa. Non parlo da esperta, sia chiaro, sono una micia e artisticamente non sono il massimo.
Cos'è, allora, un post di critica d'arte? Non proprio, il problema è un altro. Un passo indietro.
Come vedete dal titolo, "Telefono Donna" ha organizzato, per sabato prossimo, una marcia contro la violenza sessuale ed ha chiesto al Comune di Milano l'autorizzazione ad affiggere questo manifesto in tutta la città.
Detto fatto, permesso negato: l'immagine è considerata blasfema.
Non è, quindi, del valore artistico della foto che voglio parlare, bensì del fatto che qualcuno evidentemente l'ha ritenuta offensiva dei propri sentimenti religiosi.
Osteria, devono essere fragili, codesti sentimenti.
lunedì 17 novembre 2008
domenica 16 novembre 2008
La danza rituale del fuoco
Desperate house-husband
venerdì 14 novembre 2008
E io pago!
Il volo ha registrato un numero massimo di passeggeri pari a 18 (diciotto!) unità, con un passeggero fisso. Indovinate chi? Ma certo, il ministro Scajola Claudio! Col governo Berlusconi-3 il volo è stato immediatamente ripristinato (grazie ad un finanziamento - straordinario - di un milione di euro ) all’aeroporto di Albenga (che è minuscolo e dista ben 50 km da quello di Genova!). Ora l’aereo è un Atr 47 e tre giorni a settimana rimane fermo sulla pista, i passeggeri sono otto nella migliore delle ipotesi e il passeggero fisso è… indovinate…. ebbene sì, Scajola Claudio! L’ATR 47 costa all’Alitalia all’incirca 100.000 (centomila) euro a settimana.
Scommettiamo che una qualsiasi casalinga di Voghera e dintorni, anche non laureata, anche giovane e inesperta di economia domestica, persino spendacciona, avrebbe saputo fare di meglio?
giovedì 13 novembre 2008
Ceridwen
Era tanto tempo che me lo prometteva e non lo faceva mai, cosicché avevo finito per non crederle più. Alla fine, però, è venuta a trovarmi.
E' nipote della mia povera sorellina Iris, e quindi anche mia (mi somiglia un poco, non vi sembra?). Si chiama Ceridwen O' Cleirigh, ma tutti la chiamano familiarmente Bubbles. Vive in Irlanda, accanto al faro di Capo Fanad, dove gestisce un'antica locanda (risale al XIII secolo), che si chiama "Daoine Sidhe". Questo bizzarro nome fa riferimento a certe fate irlandesi che sono buone, molto buone, tre volte buone! tanto che spesso si fanno fregare dagli umani e non di rado finiscono con lo sposarne qualcuno, tanto per farvi capire i tipi...
Bubbles ha avuto da fare con i turisti fino a ottobre inoltrato, quindi ha dovuto sovrintendere ad alcuni lavori di ristrutturazione che l'hanno tenuta impegnata sino alla scorsa settimana; infine, eccola qui...
Alla "Daoine Sidhe" si può dormire al caldo, abbuffarsi di trentacinque tipi di stufati (oltre a quello classico all'irlandese, di cui allego la ricetta, e quello alla Guinness, se n'è inventati altri tipi, che condisce con le erbe del bosco... sospetto che sia una mezza strega, se non tutta) ed ascoltare ogni sera le fiabe che racconta Ceridwen (secondo me qualcuna se la inventa pure...).
Ci ha invitato tutti a passare le vacanze di Natale a Fanad! Dove ci metterà, vorrei sapere io. Problemi suoi, saprà ben lei quel che dice, spero. Intanto, sciroppatevi la ricetta dello stufato!
E sappiatemi dire come è venuto...
Ingredienti:
8 costolette di agnello
4 fette di pancetta
1 cucchiaio di grasso
1 kg ti patate tagliate a fette spesse
3 carote tagliate in diagonale
3 cipolle di medie dimensioni a fette spesse
pepe macinato
2 tazze di brodo
timo e prezzemolo tritato per guarnire il tutto.
Dosi: per 4 persone
Preparazione: 20 minuti
Cottura: 1 ora e 15 minuti
Impegno: abbastanza facile
1. Eliminate il grasso in eccesso dalle costolette. Tagliate la pancetta a listarelle di 2 cm. Riscaldate il grasso in una padella, fatevi dorare la pancetta finché risulta croccante e toglietela dalla padella.
2. Aggiungete alla padella le costolette private del grasso, rosolatele su entrambi i lati, quindi estraetele dalla padella.
3. Disponete metà delle fette di patate, delle carote e delle cipolle sulla base di una pentola dai bordi alti. Spolverizzate di pepe, quindi aggiungete metà della pancetta.
4. Adagiate le costolette sulle verdure e la pancetta. Coprite la carne con le patate, le cipolle e la pancetta rimanenti.
5. Aggiungete il brodo e il timo. Coprite, portate a ebollizione, abbassate la fiamma e cuocete a fuoco basso per 1 ora finché l'agnello è tenero. Guarnite con prezzemolo tritato.
martedì 11 novembre 2008
Gatada, ovvero le Torri del Silenzio
Gatada era un'antica fortezza gaturna che sorgeva su un pianoro di circa sedici km quadrati situato su una rocca a 1900 metri di altitudine rispetto al Lacus Trasimenus.
L’unico punto di accesso era, anche secondo il racconto di Camillo Soriano, il sentiero delle lanterne, un percorso ripido e convoluto che sfociava in un altopiano, detto “Il Prato delle Stelle”, di fronte al castello, dove sorgeva un tempietto circolare dedicato a Bastet (sempre sia lodata).
Nel II secolo a.C. la fortezza era stata il palazzo della regina Sphinx, che tra il 138 e il 130 l’aveva fatta fortificare. La cittadina, a pianta elicoidale, era arroccata a sei differenti livelli verso lo strapiombo sul lato sud, dotata di terme con calidarium centrale, magazzini sotterranei ed ampie cisterne per la raccolta dell'acqua (e del vino, e della birra).
Moltissimi anni dopo - nell'anno 788 -, vi trovarono rifugio gli ultimi strenui ribelli non ancora disposti a darsi per vinti. La fortezza divenne nota per l’assedio dell’esercito padano durante la seconda guerra gaturna, in seguito al quale i padani riuscirono alla fine ad accedere al pianoro-fortezza mediante l’inganno ed a conquistare l’ultima roccaforte gaturna.
La fortezza fu assediata per quasi due anni dalla V Legione Padana, costituita da ventimila soldati, per lo più cani e porci; venne costruito un vallo (sorta di muraglia spessa e alta, visibile ancor oggi) ed un terrapieno di trenta metri che dal basso saliva sino alle mura della fortezza.
Resosi conto della disfatta ormai imminente, il capo gaturno Silvestro Isidoro Biancacoda, detto Lo Spaccamaroni, decise di tentare il tutto per tutto: mentre i Padani davano l’assedio alla Porta Micenea, i Gaturni se la filarono attraverso i condotti dell’acqua termale. Iniziò così la diaspora.
Gatada fu conquistata… ma i Padani non riuscirono a fare prigioniero manco mezzo gaturno.
Dopo la sua presa, Gatada rimase in mano ai padani per tutto l’Alto Medioevo. Nell’anno Mille cadde in mano agli Abissini, che irruppero nel castello sempre dalla porta Micenea (che, dopo quest’ennesima performance, venne murata), inneggiando alla loro Dea Madre protettrice, una gatta azzurra dal volto scuro. Narra il mito che la Dea Madre dal viso nero attenda l'ora della risurrezione del suo nobile sposo, che eresse una pira sulle rive del lago e ivi s'immolò; a ciò allude il testo dell’inno, ricostruito dagli archeologi a partire da alcuni frammenti di pergamena, che suona pressappoco così: “Faccetta nera, bell’abissina/ aspetta e spera che già l'ora s'avvicina…”; la melodia è, però, rimasta ignota.
Dopo l'invasione abissina, il luogo venne abbandonato e se ne perse addirittura il ricordo; venne infine riscoperto nell’ultimo ventennio per diventare simbolo della causa gaturna.
In parte ricostruita, Gatada è oggi diventato uno fra i più importanti siti archeologici del Centro Italia, grazie anche agli scavi compiuti a partire dagli anni Novanta sotto la guida dell’archeologo romano Albio Tibullo Cenciarelli, detto Moby Dick. Sono stati riportati alla luce i resti dell'antica fortezza, con mosaici di notevole qualità raffiguranti scene di vita gaturna, bagni, stylabex, agoux ed anche paioli di polenta taragna lanciati dalle catapulte padane (cui i Gaturni rispondevano con getti di lettiera usata; arma letale attualmente proibita da tutte le Convenzioni internazionali).
Alla storia di Gatada sono stati dedicati film, libri ed un’opera rock scritta dai Limp Bizcat, intitolata Mantichora Ctesia.
sabato 8 novembre 2008
Ci hanno mica il petrolio, lì
martedì 4 novembre 2008
Amor proprio
(Autostima)
(di von Strohmenger-Gebratmaryam)
Ma chi ti credi d’essere tu?
Ma chi ti credi d’essere, tu?
Forse qualcuno più valevole di me?
Cosa vali tu?
Tu sarai sempre il fanalino di coda,
tu sarai sempre il fanalino di coda,
ricordalo, fratello,
ricordalo, sorella!
Non ho tempo da dedicarti,
non ho voglia di ascoltarti,
non ti porterò alle giostre,
non ti comprerò un’armonica,
non ti restituirò il sorriso,
non ti restituirò un bel niente.
Tu sarai sempre il fanalino di coda,
tu sarai sempre il fanalino di coda,
ricordalo, fratello,
ricordalo, sorella!
Certamente, anche tu hai il tuo valore,
ma vedi di non esagerare.
Certamente devi avere ciò che hanno gli altri,
ma non proprio le stesse cose,
magari una copia sbiadita?…
Non va bene lo stesso?…
Tu sarai sempre il fanalino di coda,
tu sarai sempre il fanalino di coda,
ricordalo, fratello,
ricordalo, sorella!
E’ ben certo che siamo tutti uguali,
ma qualcuno è più uguale,
tutti uguali davanti a Dio,
ma non davanti a me,
no, non davanti a me
.
Tu sarai sempre il fanalino di coda ecc.
Cerco di capire chi tu ti creda di essere.
Chi lo sa!
Quando me lo dirai? A chi? Dimmelo!
E questo io ti farò capire:
che tu non vali quanto quella persona,
chiunque sia, fossi pure io!
Tu sarai sempre il fanalino di coda ecc.
sabato 1 novembre 2008
Siliqua, siliquetta, balaustio e strobilo
Questa scritta di colore oscuro campeggiava ieri sera su una targa di legno nel soggiorno di Ibadeth e Tarquinius e Lucy K.K. la rimirava orgogliosa, come se avesse creato chi sa quale opera d’arte. Noi la guardavamo allibiti e, quando abbiamo ritrovato la favella, abbiamo fatto le nostre considerazioni.
Io: “Lucy, mi stranisci il blog, che per via delle barzellette oscene di Maysa già me l’hanno inserito fra i siti pornografici”
Tarquinius: “Mane, Tecel, Phares!”
Asiak : « In hoc signo vinces ! »
Scubidù: “In femto Tesla!”
Srikant il pitone: “Supravustra gimnystra! Kretmagorda ka samapuva!” (“Questa poi me la devi spiegare”, gli ha brontolato Tarquinius).
Maria Grata Li Greci: “Sangio l’uccello é!”
Maddy la pinscher: “Wara wara ingdoulou, seu te gira Galitzou; hoemisclep dorbiza ea!”
“Ma che caspita vi siete fumati?” ha strillato Lucy inviperita. Poi ci ha reso noto che le quattro parole da lei vergate sulla targa lignea erano i nomi di quattro inconsueti frutti con cui lei aveva confezionato marmellate.
Lucy K.K. ha infatti affittato a caro prezzo uno stand alla Fiera che si svolge a Perugia i primi quattro giorni di novembre, chiamata, con un certo qual gusto del macabro, “Fiera dei Morti”. In tale stand si sarebbero vendute principalmente composte e marmellate confezionate dalla visoncina color cipria. Tuttavia, come una valanga che rotola a valle raccogliendo vieppiù neve durante il percorso, è poi stato stabilito che nello stand avrebbero trovato posto anche top e gonne confezionate da Asiak e candele ed incensi forniti da me.
A questo punto Tarquinius, saggiamente, ha fatto notare che vedendo un cartello con su scritto Siliqua, siliquetta, balaustro e strobilo la gente sarebbe scappata facendosi il segno della croce, e ha proposto di creare un altro cartello, sempre ligneo, in cui fosse scritto qualcosa di più rassicurante, tipo “Marmellate biologiche” o “Marmellate di tutti i frutti”. Dopo aver rugliato un po’, Lucy K.K. ha acconsentito e Tarquinius è andato nel suo laboratorio e le ha approntato una targa a forma di mela, che recava scritto Sete, incensi e frutta speziata, a suo dire molto più evocativo. Per lo meno, ha borbottato Ibadeth, non sarebbe parsa una formula atta ad evocare Belzebù e altri cinque o sei demoni assortiti.
E così il pomeriggio precedente la notte di Halloween è passato nell’allestimento e nella decorazione della nostra bottega mobile…
giovedì 30 ottobre 2008
No alla riforma Gelmini
Questo è un banner che potrete trovare nel blog di Sub... se siete così astuti da saperne mettere uno.
Io no.
Ma io non faccio testo, sono solo una micia.